Il problema e la possibile soluzione della questione salariale sono in larghissima parte nelle mani degli attori del nostro sistema di relazioni industriali e non certo della sola politica. Che, semmai, dovrebbe sviluppare una seria riflessione sui condizionamenti non sempre positivi creati dalle misure di incentivazione della contrattazione di produttività e del welfare aziendale che sono, oggi, prive di attendibili sistemi istituzionali di monitoraggio e valutazione. Lo stesso Ezio Tarantelli, in una lezione purtroppo dimenticata, ricordava che le relazioni industriali sono un sistema sociale e istituzionale e non un semplice meccanismo di fissazione delle retribuzioni. Il volerle ridurre a un mero sistema di regolamentazione del salario, denuncia «una comprensione solo parcellare di un sistema sociopolitico ben più complesso».
Chi crede nel protagonismo dei corpi intermedi, e cioè nella necessità di coniugare e comporre in termini politici l'”economico col sociale”, deve ripartire da questa riflessione, già il giorno dopo lo sciopero generale, e contribuire a fare chiarezza sulla bassa crescita della nostra economia, sulle conseguenti reali dinamiche del mercato del lavoro e dei salari, in un Paese che vive una fase di profonda trasformazione a livello demografico, tecnologico e ambientale. Serve, dunque, una nuova stagione di relazioni di lavoro e di responsabilità politica e sociale, in una prospettiva davvero europea!