Chi siamo noi? Siamo gente la cui priorità è l’Italia. Tifiamo Italia prima ancora che Forza Italia. Berlusconi l’ha fondata per questo.
Vincere con Forza Italia è stato il modo berlusconiano di far prevalere la libertà e la prosperità del nostro Paese, messi in pericolo da due signori con i baffi di discendenza stalinista. Questo nel 1994.
Oggi, a circostanze mutate, si tratta di impedire che l’Italia sia penalizzata da due istituzioni che si strizzano l’occhio a vicenda: 1) Palazzo Chigi, in mano a Renzi e ai suoi boyscout furbi e incapaci; 2) La Commissione europea, madrina dell’austerità.
Renzi è ben visto dalla vecchia guardia di Bruxelles, di obbedienza germanica e merkeliana.
Per costoro il nemico è sempre stato Silvio Berlusconi, l’unico a mettersi di traverso con audacia alle pretese egemoniche tedesche e alla conseguente politica di rigore cieco.
Però, pur elogiandolo per le promesse (le promesse sono la specialità di Renzi) avrebbero dato una stangata all’Italia, rifiutando qualsiasi discorso di rinvio del pareggio di bilancio.
Se le cose fossero andate secondo questo disegno, avremmo avuto un Renzi elogiato dall’Europa, e gli italiani puniti per le pratiche inconcludenti del medesimo premier fiorentino, colpevole di aver grattato 80 euro non dal fondo del barile, ma più giù ancora, bucandolo, sfasciando i conti.
A questo punto, come in Ombre Rosse, sono arrivati i nostri. Anzi il “nostro”. Parliamo di Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione europea, capolista di Forza Italia alle ultime elezioni.
Le cronache dei quotidiani (tenendo peraltro basso questo fatto) riferiscono che la sua azione è stata decisiva per impedire la stroncatura della proposta del governo italiano di posticipare al 2016 il conseguimento degli obiettivi stabiliti dal (famigerato) Fiscal Compact.
A parti rovesciate, se ci fosse stato un governo Berlusconi e D’Alema in Commissione europea come sarebbe andata? D’Alema avrebbe aiutato ad appendere l’Italia al palo, per poi chiedere subito la testa del Nemico. Se si fosse comportato come Tajani, sarebbe stato sottoposto a linciaggio da parte del popolo viola, rosso, post-comunista, eccetera.
Noi siamo così. Difenderemo sempre l’Italia. Siamo berlusconiani, non abbiamo l’ideologia del tanto peggio tanto meglio. Ma quanto accaduto impone di uscire dall’equivoco.
Basta leggere le otto raccomandazioni – in realtà condizioni per non essere impiccati… – per capire che l’Italia non può andare avanti con un governo di impronta peronista.
Impossibile corrispondere alle richieste dell’Europa con un Renzi Peròn, che cerca di raccattare voti parlamentari a sinistra, con frammenti vendoliani e grillini, per fare una politica di centrodestra su lavoro, tasse, giustizia. Tenendo Forza Italia nell’angolo delle riforme (anzi pseudoriforme) costituzionali contando sul suo sostegno.
La storia dei due forni deve finire.
Non ci sono margini. L’azione decisiva di Tajani mostra che nella lotta quotidiana per salvare l’Italia non possono esistere steccati artificiali tra questioni istituzionali (il tavolo dello Stato) e riforme economiche e sociali (la tavola delle famiglie).
Stare a mezzo, dire un sì decisivo sulle cose solenni ed essere tenuti fuori dal pane quotidiano, non è solo un danno evidente e comprovato per il consenso elettorale, ma è insostenibile secondo logica e buon senso.
Noi abbiamo idee forti e chiare sulle riforme. A 360 gradi. Posizionarsi a 90 gradi è un esercizio di inchino che si presta a equivoci.
Diremo la nostra su tutte le riforme. Una per una. Pretendendo ascolto. Altrimenti opposizione su tutto. Per salvare l’Italia dal peronismo distruttore di Renzi.