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Intervento dell’on. Renato Brunetta in merito alla “Informativa del governo sul terrorismo internazionale di matrice religiosa”

 

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  • Ringrazio il ministro Alfano per aver aderito alla richiesta di informare il Parlamento di fronte all’emergere anzi al ri-emergere tanto più violento del terrorismo di matrice islamista.
  • Questa richiesta è stata fatta per saperne di più, ma anche nella consapevolezza che la politica estera, nei momenti di massima tensione, esige coesione nazionale. Tanto più quando ci si trova dinanzi un nemico quale è il male totalitario dell’islamismo. Il quale oggi si manifesta con svariate sigle identificabili sotto il comune denominatore di jihadismo.  Che ha trovato addirittura il modo di costruirsi uno Stato, che purtroppo si è costituito – lo dico con estrema amarezza – con l’aiuto dell’Occidente.
  • Quello che sta accadendo a poche ore di volo da noi, non è una tragedia degli altri. É la nostra tragedia. Sia perché non esiste genocidio a cui possiamo essere estranei (il nostro orto ha i confini dell’umanità), sia perché il consolidarsi di uno Stato che pratica al suo interno lo sterminio e punta alla conquista del mondo, è una minaccia diretta alla nostra stessa esistenza di popolo libero.
  • Prima di tutto il giudizio – Il califfato dell’Isis (Stato Islamico della Siria e dell’Iraq) non è qualcosa che è nato in risposta a presunte sopraffazioni dell’Occidente. Non è vero che la ferocia del terrorismo e delle decapitazioni siano una risposta ai droni o ai missili. Questa volontà di possesso, e di eliminazione crudele di chi non si sottomette, nasce nell’Islam, e oggi nell’Islam è, non numericamente, ma culturalmente e militarmente egemone, e comunque quietamente accettato.
  • È singolare che – come nota oggi anche “Il Fatto” in un articolo di Mimmo Lombezzi – “Perché di fronte ai sacrifici umani dell’Isis le esecuzioni, le lapidazioni delle donne e la cacciata dei cristiani, … perché i musulmani non scendono in piazza? Perché non urlano che la loro fede non ha nulla a che vedere con i tagliagole?”.
  •  E’ inevitabile dover non solo “fermare” l’aggressore nelle sue proiezioni di conquista, ma anche fermarlo dove esso esiste e opera contro ogni principio di umanità. Limitarsi – anche se è un gesto significativo – a passare armi leggere ai curdi, come ha deciso il governo e avallato il Parlamento (con il voto convinto di Forza Italia), oppure rilanciare con l’idea di una forza di interposizione, sarebbe minimalismo: perché questo vorrebbe dire dare per scontato il diritto di fatto dell’Isis ad occupare un terzo della Siria e fasce di territorio dell’Iraq, con una costellazione di stati satellite in vaste zone di Libia, Nigeria e Somalia. Dunque, è necessario, come si fece con il nazismo, svellere questo “cancro”.
  • La definizione “cancro” riferito al jihadismo è di Obama. Il quale, nell’illusione bastasse l’eliminazione fisica di Osama Bin Laden, ha sottovalutato la potenza ideologica e la capacità mimetica di questa malattia mortale della libertà. Infatti Obama finora ha di fatto coccolato, se non addirittura nutrito, questo tumore maligno, incentivando una primavera araba fasulla, trovandosi alleato con una Europa cieca e piegata ai deliri di onnipotenza di Sarkozy. Tutto questo ha favorito la destabilizzazione dell’area mediterranea (dalla Libia alla Siria), senza una exit strategy dalle dittature che non consegnasse quelle terre al fondamentalismo stragista dell’Islam. L’Italia deve trovare la forza di un giudizio culturale e politico chiaro. Non esiste la possibilità di appeasement con l’Isis, come ai tempi di Chamberlain con Hitler che si allargava all’Austria e ai Sudeti.
  • Il Califfato recluta da noi.  L’Italia è una base logistica per Al Qaeda da molto tempo, e anche oggi – come conferma il ministro Alfano – Il nostro Paese è terra per l’arruolamento e lo smistamento dei combattenti in Siria e in Iraq. Il jihadismo è una multinazionale che ha in Gran Bretagna, in Italia e in Belgio le tre sezioni europee di logistica, reclutamento, trasferimento uomini e donne per sconfiggere l’Occidente.
  • Al tempo del governo Berlusconi si combatté con le armi dell’intelligence questa battaglia, che subì un colpo decisivo con lo smantellamento dei nostri servizi di sicurezza per via giudiziaria. Il jihadismo, cioè il terrorismo islamico, in realtà è un fenomeno addirittura autoctono. Non ha bisogno di missionari stranieri. Abbiamo lasciato fiorire questo giardino del nostro orrore per anni. La Moschea-Centro Studi di viale Jenner a Milano è stata, secondo il dipartimento del Tesoro statunitense “la principale base di Al-Qaeda in Europa”, attiva in senso jihadista sin dalla fondazione nel 1988.
  • Noi italiani abbiamo interessi importanti nell’area di crisi dal punto di vista economico ed energetico, ma ancor più abbiamo doveri essenziali di difesa della libertà e un patrimonio di ideali che impongono una coesione nazionale, con un ulteriore elemento che la impone. La situazione è delicatissima. Gli sbarchi incontrollati hanno portato e portano con sé (è una certezza statistica) manipoli di terroristi che chiedono e ottengono lo status di rifugiati (Abu Omar, per fare un esempio, ottenne asilo politico per organizzare il terrorismo, come ha stabilito in primo grado il Tribunale di Milano).
  • Protagonismo di saggezza e non di parata – L’Italia è inesistente nella crisi, tanto quanto l’Europa è passiva, frammentata, mentre Obama non ha “una strategia all’altezza delle circostanze” (Sergio Romano). In questo quadro, l’Italia deve recuperare un sano e forte protagonismo. Non semplicemente con gesti da parata, che pure hanno un senso simbolico, ma riuscendo a convogliare su un unico binario le grandi potenze: Usa, Russia ed Europa, ma anche Cina, India e Lega Araba. L’insegnamento di De Gasperi (filo occidentale, ma mai nemico di nessuno) e che Berlusconi ha saputo portare a compimento con il capolavoro di Pratica di Mare, può fornire a Renzi la chiave, ora che è Presidente del Consiglio europeo, per esercitare un ruolo pacificatore, che ahimè oggi non può che passare da un intervento armato di un fronte amplissimo di nazioni, e passando attraverso la necessaria scelta della difesa primaria di Israele, unica democrazia compiuta in quelle terre,  e delle minoranze cristiane e non cristiane. La questione è che il numero di questi banditori di leve terroristiche è sconosciuto.
  • È questa l’occasione per annunciare la presentazione di una proposta di legge per la “Istituzione di una Commissione bicamerale permanente di inchiesta sul fenomeno del terrorismo internazionale e sulle sue basi e connessioni in Italia”, sul modello di quella antimafia.
  • La ragione è pratica e simbolica. Conoscere per meglio deliberare. Ma anche conoscere per comunicare l’allarme, per tenere desta una attenzione che invece in Italia, per tema di cadere in una malintesa islamofobia, è colpevolmente scemata.