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POLITICA ESTERA. La sacrosanta angoscia di Berlusconi per lo stato del mondo

 

 Berlusconi amarezza

 

L’angoscia di Silvio Berlusconi per le minacce alla libertà e alla sicurezza dell’Italia, e con essa del mondo intero, ha trovato ieri riscontri amarissimi nella relazione che il ministro Angelino Alfano ha proposto alla Camera sul “terrorismo a matrice religiosa”. Diciamo la parola senza paura di essere offensivi: terrorismo islamico, dentro il quale le matrici religiose sono tutte da dimostrare. Semmai più che matrici religiose sono diaboliche, ma qui si rischia di essere accusati di “islamofobia” (infatti per aver usato questo termine Magdi Cristiano Allam è stato trascinato a giudizio).

Alfano in 45 minuti ha descritto l’aggressività totalitaria dello “Stato islamico”, persino più grave di quella di Al Qaeda, anche perché dotata di una potenza finanziaria enorme. Ne ha indicato le minacce che riguardano Roma e l’Italia per la presenza del papato. Ha spiegato che 48 miliziani tra i tagliatori di teste sono stati reclutati in Italia. Naturalmente non tutti gli islamici sono terroristi e neanche simpatizzanti per queste forme di sopraffazione criminale degli infedeli. Resta il fatto che – aggiungiamo noi – gli islamici non fanno nulla per organizzare manifestazioni in cui scomunicare pubblicamente chi usa il Corano per ammazzare il prossimo.

Per questo, perché non si abbassi la guardia contro una presenza permanente e crescente nei nostri confini di questa minaccia, Forza Italia ha proposto una legge che istituisca una “Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno del terrorismo internazionale e sulle sue basi e connessioni in Italia”, sul modello di quella Antimafia.

È necessario drizzare le antenne, conoscere per deliberare meglio, evitando tragici errori del passato recente. Infatti l’espansione del terrorismo è stato determinato anche da una sottovalutazione del jihadismo e dal tragico appoggio fornito dalle potenze occidentali alle milizie anti-Assad e anti-Gheddafi poi rivelatesi quello che Obama ha definito “cancro”.

Per noi la minaccia è tale che esige una nuova Pratica di Mare, dove insieme le forze della Nato e la Russia stipularono nel 2002 un patto di collaborazione strategica contro il terrorismo islamico, che minaccia i Paesi che hanno radici cristiane.

Invece purtroppo l’Europa non ha la forza di #cambiareverso rispetto alla politica di demonizzazione di Putin introdotta dagli Usa per ragioni estranee agli interessi di libertà e sicurezza del nostro continente, e dell’Italia e della Germania in particolare.

Come si vede, le possibilità di successo nella guerra contro il terrorismo ai nostri confini e anzi già in mezzo a noi, è legata a una soluzione rapida e positiva della crisi tra Kiev e Mosca, dove è indispensabile trovare un compromesso che tuteli i diritti e le identità dei popoli in contrasto, senza bisogno di rieditare una nuova e persino più pericolosa – perché ingiustificata e irrazionale – riedizione della guerra fredda.

Per questo, in questa situazione angosciosa, riteniamo che la strada debba essere quella di una coesione nazionale, con un coinvolgimento nelle decisioni da prendere delle forze di opposizione. Nessun inguacchio improprio, ma presa di responsabilità. Accadde nel 1999, quando D’Alema prima di decidere il coinvolgimento nell’impegno per la guerra del Kosovo, incontrò formalmente il capo dell’opposizione Berlusconi. Ed ancora nel settembre del 2004, durante la fase drammatica dei sequestri di connazionali in Iraq, allorché Berlusconi e Letta stabilirono un rapporto permanente con le opposizioni di Ulivo e Rifondazione.