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GIUSTIZIA. Cancellieri, ovvero la questione della riforma in Italia da realizzare subito

 

Cancellieri

Il caso Cancellieri trascende la questione specifica. L’attacco subito dal ministro sulla base di una telefonata in cui ha messo in campo semplicemente buon senso e umanità, apre a considerazioni essenziali per il presente e il futuro dell’Italia in relazione alla giustizia. Ci limitiamo a fare un elenco di capitoli. Tutti rientrano precisamente negli elementi di una riforma “necessaria e urgente” della giustizia, quale è stata indicata da Enrico Letta nel discorso al Senato sulla fiducia del 2 ottobre.

 

1) Custodia cautelare. In carcere oggi sono circa 12.350 i detenuti in carcerazione preventiva, in attesa anche del primo giudizio. Un numero identico di persone è recluso essendo ancora innocente secondo Costituzione non essendo ancora stati condannati in via definitiva. Giulia Ligresti per cui la Cancellieri è intervenuta con una semplice telefonata di allerta, era in custodia cautelare, in condizione tragiche di salute. La questione della custodia cautelare e della “riduzione della (sua) area applicativa” è compresa nel messaggio del capo dello Stato alle Camere, da cui attingiamo le cifre appena proposte.

 

2) Intercettazioni. Il caso è stato sollevato a causa di una intercettazione in cui è rimasto impigliato il ministro. Pur non avendo alcuna rilevanza penale, come già conclamato dalla Procura di Torino, essa è stata diffusa. Come e perché? Si può andare avanti con questo sistema? La relazione dei “saggi” già nell’aprile del 2013 indicava le intercettazioni e la legge che le regola tra le cose da cambiare.

 

3) Condizione carceraria. La vita nelle carceri italiane è stata paragonata alla “tortura” dalla Corte dei diritti umani di Strasburgo. Amnistia, indulto, pene alternative devono essere poste immediatamente all’ordine del giorno.

 

4) Rito ambrosiano. Legge uguale per tutti. Non è possibile che per un comportamento identico, e motivato da ragioni umanitarie, e dunque legittimo, una procura – quella di Milano – decida per l’incriminazione fino a ottenere una condanna per concussione per costrizione, ed un’altra – quella di Torino – consideri perfettamente lecita la condanna del ministro.

 

5) In che Paese viviamo? Si può vivere in un Paese così, dove la giustizia è nelle mani di chi la usa per distruggere reputazione e umanità?

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA “IL MATTINALE – 05 novembre 2013”