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Discorso di Renato Brunetta alla Camera dei Deputati

 

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Che Paese è questo? Che Paese è questo in cui si mette sotto accusa ora il ministro della Giustizia e, prima, un presidente del Consiglio che, obbedendo allo stesso sentimento di umanità senza cui il lavoro politico sarebbe un affare miserabile, alzano il telefono e cercano di salvare una vita o di scongiurare un sopruso…

Una persona soffriva, e nessuna custodia cautelare, sia essa giustificata o meno, deve poter mettere a rischio la salute e la vita.

Quando un politico, per qualunque via, venga a conoscenza di un caso, come quello della signora Giulia Ligresti, ha il dovere di muovere le leve che sono legittimamente nella sua disponibilità. E la prima leva è il telefono. Senza tanto pensarci su, e senza alcun rammarico…

Lo dice il buon senso. Lo esige la nostra cultura giuridica e la nostra umanità.

Chi di noi deputati, avendo notizia di una situazione del genere non avrebbe informato il Dap, telefonato al ministro o al sottosegretario, scritto una interrogazione o un’interpellanza?

Che Paese è questo in cui si offende impunemente la reputazione delle persone? In cui si manipola il senso di telefonate innocenti, le si pubblica dopo intercettazioni illegittime e le si trasforma in oggetto di ludibrio politico?

Capita oggi al ministro Cancellieri, a cui va oggi la nostra umana simpatia, il nostro rispetto, la nostra solidarietà e la nostra fiducia; è capitato ieri, e senza che dinanzi a questo si sia levata una voce istituzionale di difesa, al presidente del Consiglio Berlusconi.

Signora Ministro, non si faccia intimidire, resti, e faccia ancora dieci, cento, mille telefonate. Anzi dodicimila trecento cinquanta, quante sono oggi le persone in carcere per custodia cautelare.

Bene ha fatto il ministro ad agire per le vie brevi, sottoponendo il caso alla dirigenza del Dap, suggerendo una strada di umanità e buon senso. Non interferendo con la magistratura, non poteva farlo, tanto meno con quella di Milano…

Che Paese è questo se un ministro deve ringraziare la buona sorte per non essere capitata sotto il rito ambrosiano?

Una persona stava male. Che fa un ministro? Deve esercitare la pietas. Non ci sono deroghe. E povero Paese quello dove uno deve avere paura di essere semplicemente se stesso e compassionevole.

Questa pietas non fa distinzioni di persone, e non può discriminare nessuno, nemmeno quelli che godono cattiva fama presso i veri padroni del vapore. Neanche quando c’è un Ligresti odiatissimo da De Benedetti e dunque dai suoi giornalisti. Abbiamo letto “Repubblica”, e come le sue firme pretendano di dettare la morale alle coscienze. Lei ha fatto bene a essere umanamente imprudente e buona.

Il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica, ricorda che attualmente nelle carceri il 38 per cento dei circa 65 mila reclusi è, secondo Costituzione, innocente. Sapendo che circa il 40 per cento di essi sarà alla fine assolto, significa che circa diecimila sono i detenuti che ex post avranno subito una ingiusta privazione della libertà.

Questo è lo scandalo, non la Sua telefonata!

Che Paese è questo, in cui noi qui oggi ci riuniamo a giudicare una persona che ha tentato di alleviare una condizione di sofferenza, invece che esaminare come e quando siano state ingiustamente applicate le manette?

Per questa telefonata Ella, signora Ministro, ha dovuto rispondere alla Procura di Torino che le ha chiesto spiegazioni. E le spiegazioni sono state accolte, e la certezza che lei non abbia calpestato i suoi doveri è stata ribadita pubblicamente dal Procuratore Caselli. Il funzionario cui lei si è rivolta ha detto di non aver subito pressioni indebite, e di non aver agito successivamente né per induzione né per costrizione, garantendo di aver registrato la segnalazione nell’ambito del pieno rispetto della sua autonomia.

Tutto questo suscita un paragone che si impone, presidente Speranza, ictu oculi, come dicono gli avvocati, con quanto avvenuto il 27 maggio del 2010. Anche in quel caso i funzionari dello Stato hanno negato induzioni o costrizioni. Ma non mi dilungo oltre. In quel caso la Procura e poi il Tribunale di Milano hanno agito però con la potenza di una locomotiva dalle grandi ruote rosse.

Per questo, rinnovando la nostra fiducia al ministro Cancellieri, nello stesso tempo alziamo qui, forte e chiara, la richiesta che da questo caso emerge con prepotenza.

La necessità della riforma della Giustizia, che investa le questioni della custodia cautelare, delle intercettazioni, e della condizione carceraria.

Che Paese è questo se non cambia questo stato di cose che urlano contro la coscienza civile?

Sarebbe un Paese in cui non merita di vivere. Ed invece noi vogliamo viverci e cambiarlo. Renderlo più giusto, più buono!