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ECONOMIA. I 4 pilastri (+1) per la risalita

 

4 pilastri + 1

 

La lingua italiana è limpida. Stabilità esige architravi, pietre angolari. Ecco: punti fermi. Se no la casa traballa o addirittura va giù. In attesa di conoscere – al di là di spifferi penosetti e sicuramente evitabili – quale sarà alla fine la proposta che Letta e Saccomanni porteranno in Parlamento, noi portiamo in cantiere le colonne portanti per tener su l’edificio in modo che resista ai venti della crisi e offra prospettive di prosperità.

 

 

1. La pressione fiscale dei prossimi anni, a partire già dal 2014, dev’essere inferiore a quella del 2013. Non ci sono magheggi possibili. Questa del “meno tasse” è la nostra ragione sociale, il patrimonio ideale e programmatico che abbiamo offerto al governo di larghe intese. Altrimenti né larghe né intese.

 

 

2. L’Imu è stata cancellata, l’abbiamo sbattuta fuori dalla porta della prima casa. Non deve essere concesso ai comuni, con la scusa della flessibilità, di farla rientrare dalla finestra. Non è questione di non essere presi in giro noi del Pdl/Forza Italia, che sarebbe il meno, ma di non ingannare gli italiani. I comuni virtuosi potranno derogare dal patto di stabilità, che blocca in cassa ingenti liquidi: ma è vietato, vitatissimo diventare virtuosi succhiando denaro ai cittadini riproponendo in altre forme e con nuovi nomi l’Imu. Per noi è inderogabile. Punto arci-fermo.

 

 

3. Taglia-e-vendi. Questa è la strategia principale che va adottata per tenere insieme conti e politica di sviluppo.

 

 

 

4. Intanto registriamo con favore la riduzione dell’Irap, la tassa regionale sul lavoro, l’accoglimento di proposte fatte in particolare dai nostri ministri su nuovi stadi, spiagge, turismo. E appena ne sapremo di più, valuteremo. Ma su uno, due e tre, i punti fermi non si sposteranno di un millimetro. Non è una minaccia. Minaccia per l’Italia è rinunciare a questi capisaldi del buongoverno.

 

 

(+1). Resta ancora un punto fermo. Se la grammatica lo consentisse, lo rafforzeremmo con un punto e virgola, come Totò. Siamo alla gravissima questione della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi. Ci permettiamo un monito. Non si scherza su questo. Non è un fatto marginale e già acquisito con il voto di fiducia del 2 ottobre. Quasi che esso sia da intendere come un via libera – prima dei nostri ministri e poi di Berlusconi e di tutti i gruppi parlamentari – alla decapitazione del nostro movimento attraverso la fucilazione del suo leader. Balle. Non ci arrendiamo affatto. È questione centrale. Non per puntiglio, ma per osservazione della realtà. Coincide con la democrazia, con il diritto. Se si piccona il muro portante della convivenza civile come si fa a governare nella stabilità? Sarebbe la stabilità delle lapidi dei cimiteri.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 15 ottobre 2013”