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LAVORO. Renzi: “Non esiste più il posto fisso”. Bella scoperta

 

La Repubblica

 

Lo scorso weekend abbiamo assistito alla consueta kermesse della Leopolda, giunta quest’anno al quinto appuntamento. Cos’è la Leopolda? La spiegazione non è affatto semplice. Voci ufficiose la etichettano come: una convention politica che però non è politica, alias una corrente di pensiero senza partiti, alias una sorta di partito senza correnti interne, alias il futuro, alias una piazza libera, alias non si è mai saputo. Di sicuro rappresenta uno spunto interessante per riflessioni critiche sui temi principali della situazione attuale del nostro Paese.

Leopolda

 

La performance di Matteo Renzi non ha deluso. Sul palco il premier ha sciorinato i pezzi migliori del suo repertorio; dai grandi classici (slogan, promesse e buoni propositi) ai nuovi aforismi che hanno conquistato le prime pagine dei giornali. Uno su tutti: “Non esiste il posto fisso”, si veda il titolone in prima pagina su “La Repubblica”. Un’affermazione non proprio di primo pelo perché, è risaputo, da anni il posto fisso in Italia è un privilegio di pochi. Sugli intenti del presidente del Consiglio nulla da eccepire. Affermazioni condivisibili, sforzi indirizzati alla ripresa, al soccorso alle famiglie, al tanto caro #cambiaverso che dovrebbe – avrebbe dovuto, meglio – raddrizzare l’Italia in quattro e quattr’otto. (Anzi, in quaranta e quarant’ottanta euro). E’ stato lo stesso premier a ribadire che l’Italia non riparte certo dalle grandi manifestazioni e dagli slogan, ma dagli atti concreti. Tutto giusto. Peccato che oggi la credibilità di Matteo Renzi sia ai minimi storici. Lasciamo fuori l’appartenenza politica. Valutiamo i fatti. Quanto ha mantenuto di ciò che ha promesso il premier in questi 8 mesi? Poco. Oggi Renzi è il simbolo perfetto del predicare bene e razzolare poco o niente.

 

Sulla questione lavoro, aspetto dirimente della potenziale ripresa della nostra economia, il governo è in alto mare. In giorni di tempesta. Ma Renzi è un grande comunicatore, sa come cucinare i cibi e come servire i piatti anche se non si cura della probabile indigestione a cui sta condannando gli affamati cittadini italiani. E la stampa abbocca, o vuole abboccare e fornisce una cassa di risonanza positiva immancabile al presidente. Tutto il resto, tutti gli aspetti che potrebbero mettere in cattiva luce questo esecutivo vengono minimizzati. Mentre alla Leopolda si esibivano vari interpreti della scena attuale politica (e non solo) nostrana, a Roma una grande manifestazione della Cgil in Piazza San Giovanni esprimeva forte dissenso per questo governo e in particolare per il Jobs Act.

Cattura

 

L’asse Firenze – Leopolda raccontava un’altra storia rispetto all’asse Roma – Cgil, in particolar modo sulla questione del contratto a tutele crescenti, autentico perno sul quale l’attuale esecutivo vorrebbe impostare la stabilizzazione del precariato. Il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, infatti, rischia di diventare un’ulteriore forma di instabilità proprio in virtù del fatto che è legato a doppio filo all’approvazione in tempi brevi del Jobs Act.

 

Il tempo stringe e la concretezza del governo langue. Se non vedrà la luce entro Natale questa nuova forma di contratto non potrà beneficiare degli sgravi contributivi inseriti nella legge di stabilità. Se salta questo passaggio, verrà rimpiazzato dal proliferare di altri contratti a tempo determinato, quelli introdotti dal decreto Poletti, che prevedono un periodo di prova di 3 anni.

 

La situazione dell’occupazione precipiterebbe qualora il Jobs Act non venisse approvato entro fine anno. Legge di stabilità, perciò, e Jobs Act vanno di pari passo. Ed è un passo molto lento. Il destino dell’occupazione è legato a troppe variabili, a tutt’oggi, indecifrabili. Il destino dell’economia e della ripresa del Paese è legato a doppio filo a quello del lavoro. Il che è preoccupante. Il destino dell’Italia dipende da Renzi. Il che è tutto dire e poco fare.

Danilo Stancato

Twitter: @Danilo Stancato