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EUROPA. Dal Serpente monetario ad oggi la politica tedesca non è cambiata. E le asimmetrie interne dell’Eurozona aumentano…

 

Germania europa

Questa Europa non ci piace. Cominciamo da oggi a spiegare il perché. E in controluce a mostrare un’altra idea dell’Europa. Una Europa-Europa. E non un’ Europa-Germania, un’Europa dominata dal suo Nord nibelungico o vichingo. L’Europa che non ci piace è quella dell’indifferenza. Dei ricchi che diventano sempre più ricchi e dei poveri che non hanno speranza. L’Europa a trazione tedesca che confonde il concetto di egemonia con quello di supremazia.

 

 

Il bel libro di Brendan Simms: Europe – The Struggle for Supremacy. Una lunga storia. A metà degli anni ’70, mentre il Fondo monetario cercava di mettere ordine nei grandi squilibri internazionali, gli americani chiesero ai tedeschi di dare il loro contributo. Dovevano semplicemente reflazionare la loro economia e ridurre gli attivi della bilancia commerciale. Fu il primo grande rifiuto. La risposta americana fu la politica del benign neglect nei confronti del dollaro. La sua svalutazione comportò una rivalutazione del marco. Italiani, francesi ed inglesi si agganciarono alla moneta verde e fu la crisi del serpente monetario: il primo tentativo di dare un comune volto monetario al vecchio Continente.

 

 

Ci si riprovò con il sistema monetario europeo, agli inizi degli anni ’80. Ma anche quello, per le stesse ragioni, fu sottoposto a stress continui con un susseguirsi di svalutazioni e rivalutazioni. Finché quella che doveva essere l’area di una moneta comune divenne di fatto l’area del marco. Colpa o merito di François Mitterrand che, con la sua svolta a U, abbandonò le vecchie politiche keynesiane per approdare sulla sponda dell’austerità nel tentativo di costruire quell’asse franco – tedesco, che avrebbe segnato il futuro del continente.

 

Il tutto resse fino alla crisi del 1992-1993. Poi le modalità con cui fu realizzata la riunificazione tedesca ridisegnarono la carta dell’Europa. Per contrastare la spinta inflazionistica interna, che derivava dai grandi deficit di bilancio necessari per garantire risorse alla ex DDR, la Bundesbank aumentò i propri tassi di interesse, drenando risorse dal resto dell’Europa. E fu la crisi. Crollarono come birilli la sterlina inglese, la lira, la peseta, lo scudo portoghese. Ma l’onda lunga colpì gli stessi Paesi nordici: dalla Norvegia all’Irlanda. Solo il franco francese si salvò grazie all’apporto tedesco, necessario per garantire una più antica alleanza.

 

A distanza di anni, la politica tedesca non solo non è cambiata; ma le asimmetrie interne dell’Eurozona sono aumentate. E la stessa Francia, che in passato si era salvata, conosce oggi quanto sia difficile convivere con un elefante che non conosce altre ragioni, se non quelle del proprio immediato tornaconto.

 

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA “IL MATTINALE – 15 ottobre 2013”