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GIUSTIZIA. Quer pasticciaccio brutto de via Arenula sul taglio delle ferie ai magistrati, specchio di un Ministero alla deriva con al vertice la diarchia Orlando-Gratteri

 

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Molto rumore per nulla. Anzi, per ottenere l’effetto contrario. Il lungo botta e risposta tra magistratura e governo per la questione del taglio delle ferie dei pm ha partorito un mostro giuridico dagli effetti bislacchi.

Il giudice di Cassazione, Piercamillo Davigo, ha bocciato senza appello l’operato del governo sul fronte Giustizia e ha spiegato tecnicamente come è venuto fuori l’obbrobbrio

Pensavano di accorciare le ferie ai magistrati, invece, probabilmente ce le hanno allungate… Questo perché hanno introdotto un articolo bis per cui le ferie sono di 30 giorni. Però non hanno abrogato il precedente articolo che dice che quei magistrati con funzioni giurisdizionali ne hanno 45. Quindi, solo ai fuori ruolo hanno ridotto le ferie. Nella nuova norma però hanno detto che i giorni devono diventare netti perché finora durante le ferie noi scrivevamo le sentenze. A questo punto, perciò, se diventano nette, io devo smettere di fare udienza 15 giorni prima perché in quei 15 giorni devo scrivere le sentenze. E quando finisco le ferie non posso cominciare subito con le udienze perché devo studiare prima i processi e quindi comincerò 15 giorni dopo. Quindi da 45 i giorni sono diventati 75. Le hanno allungate, dilettanti allo sbaraglio, c’è da avere paura“.


Dilettanti allo sbaraglio, gli stessi che hanno in mano le sorti del Dicastero e della riforma della Giustizia. A proposito: chi ha in mano il Ministero della Giustizia? Perchè le ultime vicissitudini hanno generato un pò di confusione sia tra gli scranni parlamentari, sia tra i cittadini.

Ricordate il giallo sulla nomina del ministro della Giustizia del governo Renzi? Pochi minuti prima della nomina ufficiale, circolava insistentemente il nome del pm nemico numero uno della ‘Ndrangheta, Nicola Gratteri. L’entourage dell’allora neo premier Renzi aveva confermato al diretto interessato la scelta, con tanto di telefonata di buon auspicio. Ma un leonino intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano bloccò la nomina. Così si virò sull’attuale Guardasigilli ufficiale, Andrea Orlando.

“Non sono ministro solo perché così hanno deciso certe forze. Un quarto d’ora prima che il Presidente del Consiglio entrasse dal Presidente della Repubblica, mi hanno telefonato dicendomi che ero nell’elenco, alla Giustizia. Poi non so cosa sia successo dentro, non so se ci sono stati dei suggeritori “, dichiarò tempo dopo il procuratore antimafia di Reggio Calabria.

Nicola Gratteri non è il ministro della Giustizia, ma è come se lo fosse. Un ministro della giustizia ombra, in sostanza, che fatichiamo a collocare nell’organigramma di questo già scapestrato esecutivo, se non nella casella attualmente occupata dal ministro Orlando. Una diarchia mai sperimentata prima a cui è necessario porre fine.

Alcune settimane fa uscì un’indiscrezione de ‘L’Espresso’ che raccontava dell’esistenza di una commissione guidata dal pm Gratteri, messa in piedi da Renzi e insediatasi presso la presidenza del Consiglio dei Ministri. Obiettivo: lavorare ad un progetto di riforma della giustizia. Di lì a poco un articolo, firmato dallo stesso Gratteri, confermava l’effettiva operatività della commissione a Palazzo Chigi. Ma suoi lavori e sui progetti in ballo poco o niente ci è dato sapere.

Lungi da noi mettere in discussione la serietà e la professionalità del procuratore aggiunto di Reggio Calabria. La questione che poniamo è un’altra: un ministro titolare c’è e non può essere considerato d’inciampo.  Di Andrea Orlando si parla ultimamente soprattutto come jolly da calare alle primarie del Pd in Liguria, anche se il diretto interessato glissa sull’argomento. In questo momento delicatissimo per la giustizia si sente il bisogno di una voce sola, forte, chiara. E non di questo continuo rimbalzo tra 2 protagonisti, con tanto di incontri in via Arenula per fare il punto della situazione. Non ci può essere un’ingerenza così prepotente della magistratura nelle decisioni sulla giustizia e sul potere legislativo. Questo inedito duopolio al vertice asseconda, in tutto e per tutto, la deriva della situazione della giustizia in Italia.

Il Guardasigilli Orlando è alle prese con una riforma complessa e articolata, che nessuno, per varie vicissitudini, è riuscito a realizzare in questi anni. Tenere insieme magistratura, avvocatura e partiti è un’impresa titanica e un esercizio quotidiano di limature, mediazioni e compromessi. Lo sappiamo. Chiediamo che sia il ministro Orlando in prima persona a dirigere l’orchestra, senza deleghe o sostituzioni.

Il romanzo parzialmente citato nel titolo, “Quer pasticciaccio brutto di via Merulana” (che qui diventa via Arenula, sede del Ministero di Grazia e Giustizia al civico n° 41) dello scrittore Carlo Emilio Gadda, racconta di un mondo dominato dal caos, dal disordine. Tutto si riduce ad un “pasticciaccio” di cose, persone,linguaggi, azioni, eventi. Ecco evitiamo di fare della Giustizia e della riforma un pasticciaccio simile.

Danilo Stancato

Twitter: DaniloStancato