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PIRELLI. Firmata intesa con ChemChina. Tronchetti Provera: “Grande opportunita’ per noi”. Opa a 15 euro, con clausola di salvaguardia d’italianità

 

Pirelli

La Cina è più vicina. Come anticipato la settimana scorsa dallo stesso presidente di Pirelli, Marco Tronchetti Provera, l’accordo con i cinesi di Chemical China “s’aveva da fare” e s’è fatto. “Per Pirelli è una grande opportunità” ha dichiarato il Presidente. Ed inevitabile, aggiungiamo noi.

 

 

Non si tratta della classica svendita agli stranieri dell’azienda italiana in crisi, come scrivono in tanti, poco e mal informati. Né della dismissione di Tronchetti nel tentativo di fare cassa. Si tratta semplicemente di un adeguamento ben ponderato alle nuove dinamiche di mercato, ben lontane da quelle del 1992, anno in cui l’imprenditore rilevò l’azienda avviando un ampio programma di ristrutturazione e realizzando un turnaround finanziario, amministrativo, industriale e gestionale che riportò il Gruppo Pirelli ai livelli dei grandi competitor internazionali.

 

 

Oggi, con la concorrenza internazionale di colossi come Continental, Bridgestone e Michelin, Marco Tronchetti ha avuto il merito di comprendere la necessità di un rapido riposizionamento industriale e dell’immissione di nuovi capitali nell’azienda per riqualificare i prodotti Pirelli sul mercato e fare nuovi investimenti.

 Pilelli

 

Il presidente di Pirelli ha tentato di attirare prima imprenditori italiani. Dopo i tre riassetti del 2012 è iniziata la trattativa col gruppo Malcalza, ma l’accordo è sostanzialmente fallito. Poi c’è stata la parentesi con il fondo Clessidra, Unicredit ed Intesa Sanpaolo. Ma nessuno degli interlocutori italiani ha avuto il coraggio di investire e di scommettere pienamente nell’azienda italiana. Solo allora Tronchetti ha vagliato la possibilità di rivolgersi al mercato internazionale, prima con i russi di Rosneft ed ora con Chemical China, colosso da circa 36 miliardi di fatturato.

 

 

L’intesa prevede la costituzione di una nuova società Bidco che acquisterà le azioni Pirelli (circa il 26,2%) da Camfin, che comprende tra i soci – oltre a Tronchetti Provera – UniCredit, Intesa Sanpaolo e i russi di Rosneft, lanciando un’opa totalitaria a 15 euro per azione. Un’operazione finanziaria da 7,5 miliardi di euro.

 

 

Ma grazie ad una clausola inserita nell’accordo con i cinesi, non sarà possibile modificare il ruolo strategico italiano nel gruppo industriale, se non con un voto a maggioranza del 90%, percentuale irraggiungibile tenendo bene a mente che, in caso di successo dell’opa totalitaria, il 22,6% delle azioni resterebbe comunque in mano ai soci italiani.

 

 

Rivolgersi a partner internazionali non è stata una scelta, ma una necessità. Il problema è l’assenza di interlocutori italiani pronti a scommettere cifre rilevanti nel Gruppo e la povertà di capitali e di pianificazione industriale generali del sistema italiano.

 

 

L’unica strada percorribile per le gomme Pirelli, in sostanza, era quella. Ma con una piccola postilla che riguarda l’Eurozona in particolare e l’Unione europea in generale. Nel mercato automobilistico, vista l’analoga scelta di Sergio Marchionne, si è saltata a piè pari una fase. Nessun campione europeo, ma accordi diretti con i partner di altri continenti. Negli anni ’70 si parlava delle grandi multinazionali americane che rappresentavano il principale impero industriale europeo. Oggi il processo ha subito una forte involuzione. Non sono più gli altri che creano le loro filiali in Europa, ma produttori autoctoni che cercano riparo nelle case altrui. Un sintomo vistoso delle insufficienze programmatiche di un’Europa pronta a dilaniarsi su battaglie di retroguardia, ma del tutta incapace di guardare avanti.

 

 

Pirelli ha fatto di necessità virtù. Bene vengano operazioni di questo tipo. Tanto opportune, quanto complesse. Lo dimostra il numero di advisor che ha collaborato all’accordo:  Rothschild e ChemChina Finance Corp, J.P. Morgan, Lazard, Ligerion, oltre agli studi Pedersoli e Associati, Clifford Chance e Jun He, Latham&Watkins, Chiomenti e Lombardi Molinari Segni, Linklaters.

 

Danilo Stancato

 

 Twitter: DaniloStancato®