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EXPO 2015. Lotta contro il tempo per concludere le opere entro il 1° maggio. Il Padiglione Italia è clamorosamente in ritardo

 

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Pasticcio all’italiana. E si che L’ultimo mese prima dell’apertura dell’Expo di Milano doveva essere dedicato a verifiche e collaudi su opere e  strutture. Niente di tutto ciò. Il sito dell’Esposizione Universale di Milano è, ancora oggi, un vero e proprio cantiere e sembra difficile, quasi impossibile, assemblare tutti i pezzi entro la data di inizio dell’evento.

 

 

Siamo ben lontani dai fasti del 1906 (anno in cui l’Expo venne organizzato per la prima volta a Milano) sia a livello temporale sia a livello di preparazione e di prestigio che il nostro Paese ne ricavò.

 

 

L’aggravante è che il Padiglione Italia, il simbolo per eccellenza del Bel Paese, molto probabilmente, non sarà pronto in tempo. I vertici della manifestazione giurano che si farà di tutto per riuscire nell’impresa di completare l’opera entro il 1° maggio e che si rivolgeranno ad esperti e tecnici del settore per accelerare i tempi. Secondo noi si dovrebbero rivolgere al “Sant Ambroeus”, in italiano Sant’Ambrogio, il santo patrono della città. Perché c’è bisogno di un vero e proprio miracolo per completare l’opera in un mese.

 

 

Una figuraccia. Non ci si può ridurre all’ultimo mese per chiudere, in fretta e furia, un’opera iniziata 7 anni fa, il 31 marzo 2008, giorno in cui Letizia Moratti, all’epoca sindaco di Milano, brindò alla vittoria per l’assegnazione della pregevole esposizione al capoluogo lombardo, vittorioso al fotofinish su Smirne, città turca. Dopo di allora la burocrazia farraginosa e le incertezze normative hanno fatto il paio con la scarsa qualità manageriale. Ora si pretende di assemblare gli ultimi tasselli di un mosaico che doveva esser pronto e collaudato da tempo. 

 

Cosa è successo in questi ultimi anni? Di tutto. Cosa si doveva fare per non arrivare impreparati a questo punto? Di più.

 

Non scusiamo nessuno per il ritardo, in primis Antonio Acerbo, direttore dell’opera fino al 2014, indagato poi per corruzione, e Diana Bracco, commissario generale di sezione per il Padiglione Italia nonché vicepresidente di Confindustria, titolare della delega per ricerca ed innovazione.

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Il magistrato Raffaele Cantone, presidente dell’Anac, ha parlato di superficialità, anomalie, scarsità di controlli, lacune nell’organizzazione. Critiche condivisibili che, però, non giustificano assolutamente il ritardo attuale e la situazione dei lavori ad un mese dall’inizio della kermesse.

Non vogliamo fasciarci la testa prima di rompercela, ma qui il rischio è di doverci fasciare dalla testa ai piedi. Sono attesi circa 25 milioni di visitatori. L’Italia sarà in grado di far fronte dignitosamente all’evento? 

 

 

Speriamo di sì.

DaniloStancato

 

 

Twitter: DaniloStancato®