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GOVERNO. Clima avvelenato. Napolitano spinga per la riforma della giustizia proposta dai suoi saggi

 

Napolitano

Lo stato delle cose sta tutto nell’amarezza di Giorgio Napolitano, che, da Presidente della Repubblica, confessa al Papa il “clima destabilizzante e avvelenato” che domina l’Italia. Negarlo è impossibile. Ma non ci si può limitare a condire il clima di pianti e rimpianti. Ha ragione il Papa a rilanciare allora lo scopo forte della politica, non domani, ma adesso: operare per “la creatività e la concordia necessarie al suo (dell’Italia, ndr) armonioso sviluppo”. Qualcuno ricorda? Il governo di larghe intese è stato proposto anzitutto da Silvio Berlusconi proprio per questo. Come premessa e come obiettivo aveva (ed ha) la pacificazione nazionale. Quella precisazione messa tra parentesi resta la nostra speranza. Noi non ci rassegniamo nemmeno ora, osservando la danza delle jene intorno a noi, avendone già sperimentato i denti.

 

Crediamo che il presidente Napolitano possa ancora agire. E il presidente Letta seguirne le autorevoli indicazioni. Non vogliamo qui rimproverare Napolitano, per quello che poteva fare e non ha fatto, sarebbe un esercizio che accrescerebbe la tossicità dell’aria. Noi crediamo però che il Presidente della Repubblica abbia la responsabilità istituzionale, le risorse e l’energia per fare molto, in prima persona, per dare stabilità e contrastare i veleni nella vita pubblica. Non è, e lo ha sempre dimostrato, una comparsa impotente e marginale della nostra scena, ma un protagonista. Lo sia. Non rinunci, il Presidente, alla moral suasion. Non permetta che il messaggio suo e la relazione dei saggi da lui nominati finisca tra gli scarti delle cose inutili come ostentatamente ha fatto il partito di maggioranza relativa, il Pd, da cui pure proviene.

 

Finora il segretario pro tempore Epifani e il candidato baciato da “Repubblica”, il principino Renzi, si sono dimostrati esperti in salamelecchi formali e pugnalate sostanziali verso l’autorevolezza del capo dello Stato. Prima ancora che Napolitano fosse rieletto, mentre Bersani tubava con i grillini, ricambiato con sfottò, il Capo dello Stato ha incaricato dieci saggi di redigere corpose proposte di riforma, “per il superamento della crisi politica”. Il 12 aprile gli furono consegnate due corpose relazioni. Il quinto capitolo dedicato alle questioni politico-istituzionali era dedicato alla “Amministrazione della giustizia”. Queste relazioni sono consegnate a Letta. Accade però che la Corte Costituzionale il 19 giugno dà ragione al Tribunale di Milano ritenendo inesistente il “legittimo impedimento” di Berlusconi che doveva quel giorno presiedere il Consiglio dei ministri(!). Da quel momento, le larghe intese come processo di pacificazione subiscono un altolà. Di giustizia, neanche a parlarne. Altro che riforma dei saggi. Il Pd è convinto – ha buoni canali – che la vicenda assurda del processo sui diritti Mediaset si chiuderà con una condanna.

 

Detto fatto. In diretta tivù il segretario Epifani, il 1° agosto, paonazzo ed eccitato, proclama: “Per quanto riguarda il Pd questa condanna va non solo, come è naturale, rispettata ma va anche applicata e resa applicabile e a questo spirito si uniformerà il comportamento del Gruppo parlamentare”. Il giorno dopo esplicita il rifiuto a trattare di giustizia, in qualsiasi senso. “Una riforma della giustizia come vorrebbero loro (il Pdl, ndr) se la scordano: vogliono piegare a loro uso e consumo scelte che né questo governo né noi vogliamo fare”. Che chiediamo? L’applicazione delle proposte dei saggi di Napolitano! E questa è la risposta. Chi avvelena il clima?

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È la fine morale della maggioranza di larghe intese, con la decisione ostentata di voler eliminare senza se e senza ma il leader alleato. Il resto è una sequenza ovvia. Rifiuto di portare dinanzi alla Corte costituzionale e a quella di Lussemburgo la questione della retroattività della Legge Severino. Il rifiuto del voto segreto, rinnegando il regolamento del Senato. Scelte politiche, non giuridiche! Non c’entrano i tribunali, ma la volontà espressa con parole e atti di assassinare politicamente Silvio Berlusconi. Con tutto questo il Capo dello stato ha provato a rimuovere il tabù di una giustizia intoccabile da parte della politica. Che ne è stato però di quel documento forte e nobile sulle carceri dove tra l’altro si indicavano amnistia e indulto come vie oggi obbligatorie per ridare legalità alla pena? Il premier Letta nel discorso del 2 ottobre per la fiducia aveva anticipato che quel messaggio sarebbe stato un caposaldo della sua azione di governo, ostentando di attenderlo con trepidazione. Così come aveva citato tra le riforme “necessarie e urgenti” le conclusioni sulla giustizia individuate dai “saggi” nominati da Napolitano.

 

Che cosa chiedevano i saggi nella loro relazione? Tra l’altro il riequilibrio dei poteri fra accusa e difesa, la riforma della custodia cautelare, la limitazione delle intercettazioni sempre tutelando la sfera della privacy, misure di umanizzazione delle carceri eliminandone il sovraffollamento, una regolazione dal rapporto tra giustizia e informazione, la riorganizzazione della struttura di supporto del Csm attualmente appannaggio della spartizione tra le correnti. Noi ci sentiamo, come Popolo della Libertà-Forza Italia, ancora oggi nella maggioranza in questo governo, di sostenere quello che con la sua autorevolezza il Capo dello Stato ha consegnato alla responsabilità del presidente Letta. Questi due passi sulla giustizia compiuti dal presidente Napolitano nella pienezza delle sue prerogative, vale a dire il messaggio alle Camere e il recepimento del documento dei saggi, meritano di diventare senza ulteriori ritardi materia di disegno di legge dell’esecutivo. Non c’è mal di pancia del Partito democratico che autorizzi Letta a tergiversare. Per parte nostra porremo in ogni sede competente la questione di urgenza sulla questione.

 

Il “clima destabilizzante e avvelenato” si contrasta anche e soprattutto con una forte e concorde azione di riforma della giustizia, dando retta a Napolitano e ai suoi saggi.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA “IL MATTINALE – 15 novembre 2013”