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IMMIGRAZIONE. La lezione australiana: il buonismo uccide. Il privilegio accordato ad un’immigrazione sulla base del bisogno australiano, ha consentito l’integrazione. Senza nessun morto in mare

 

 

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La Commissione europea varato oggi la famosa agenda europea sull’immigrazione.

 

Una proposta che ricalca iniziative e dichiarazioni precedenti: buone intenzioni, grandi propositi, ottimismo, ma poca concretezza.

 

In poche parole si tratta di un programma quinquennale per ammortizzare la crisi umanitaria che sta mettendo a durissima prova l’Italia, basato sul principio del “dovere dell’accoglienza” e della redistribuzione dei richiedenti asilo, giunti in Italia, in tutti gli Stati membri. Ma, come abbiamo visto ieri, il meccanismo è complesso, incompleto  e difficile da attuare.

Tutto questo mentre le proporzioni di questa tragedia umanitaria aumentano progressivamente: secondo le ultime stime dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni, circa 1900 persone sono morte solo nel 2015 mentre cercavano di raggiungere l’Europa attraverso il mare, contro le 200 dello stesso periodo dello scorso anno.

 

L’azione europea è, lo ribadiamo, debole, soprattutto se prendiamo in considerazione la poca attendibilità degli ultimi aiuti prospettati da Bruxelles all’Italia: ricordate l’aumento dei fondi per l’operazione Triton, di cui avevamo parlato qualche giorno fa?

L’iniezione di liquidi doveva essere triplicata. Doveva essere, perché ancora siamo fermi alle dichiarazioni del 23 aprile scorso. In questi mesi si sono dette tante cose, se ne sono realizzate poche e si sono persi tempo e vite umane.

L’approccio a questa crisi umanitaria, italiano e della comunità internazionale, è tutto fuorché pragmatico e razionale. Si procede attraverso iniziative emozionali, a breve termine e totalmente prive di una struttura condivisa e mirata alla risoluzione del problema.

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In un’intervista su ‘Italia Oggi’Marco Valerio lo Pretevicedirettore de ‘Il Foglio’, ribadisce, attraverso l’esempio dell’Australia, che un approccio deciso e condiviso è in grado di ammortizzare, se non risolvere del tutto, il problema.

 

Riportiamo i passaggi più significativi dell’intervista:

 

 

<<Lo Prete, l`Australia, Paese nato dagli immigrati, si oppone all`immigrazione incontrollata.
Ecco; il tema chiave, per loro, sta proprio in quell`aggettivo: «incontrollata». Per la storia che ha, quel Paese non è a priori contrario all`immigrazione.

Politicamente nessuno si oppone, in via di principio?

No, non esiste neppure una destra xenofoba. Gli stessi laburisti ondeggiano fra aperturismo e gestione muscolare. Quando erano al governo firmarono un accordo con lo Sri-Lanka, dove prevedevano di spedire i rifugiati arrivati illegalmente, accettando di autorizzare in cambio due ingressi regolari per ogni respingimento: volevano dimostrare che non c`era un «no» all`immigrazione e che, anzi, erano generosi. Era un «no» all’immigrazione incontrollata.

Ci sarà pure qualche posizioni contraria?

Ci sono posizioni umanitariste aprioristicamente favorevoli a un approccio lassista, quelle delle organizzazioni non governative e dello stesso partito dei verdi. Poi però c’è pure chi si oppone alle frontiere aperte su basi ecologiste, come il Sustainable Population Party, piccola formazione nata però in ambito accademico la quale, dati alla mano, dice che l’Australia è al limite da un punto di vista della numerosità della popolazione..

E qual è il dibattito politico sull’immigrazione?

Riguarda la quota di immigrati regolari, cosiddetti skilled, cioè dotati di competenze per questo o quel settore. Su 190mila ingressi pianificati, l’anno scorso, 128mila appartenevano a profili specifici, dai laureati ai minatori, di cui il Paese ha bisogno. Semmai c’è da notare una cosa.

Quale?
Che là il dibattito si fa coi numeri, costantemente aggiornati, e disponibili a tutti: cittadini, politici, giornalisti. Da noi non è così.

Ma la ricetta dei respingimenti in mare del premier conservatore Tony Abbott potrebbe essere applicata da noi? È davvero facile «girare la prua di un barcone», come ha raccontato il suo generale nell’intervista?

Sul fatto che sia facile, non metto la mano sul fuoco. Però dagli Australiani bisogna imitare questo approccio pragmatico e questo dibattito razionale. Abbott e il generale Molan, oltretutto, possono rivendicare il carattere umanitario dell’Operazione «Confini sovrani»: nel 2014 non è morto nessuno in mare e sulle coste sono arrivate illegalmente meno di 200 persone, laddove, con la gestione laburista, erano affogate oltre 1.500 persone e nel 2013 c’erano stati 23 mila sbarchi. Inoltre, avere il controllo dei propri confini, è premiante agli occhi dell’opinione pubblica.

Che cosa pensa dell’idea di Angelino Alfano di impiegare in lavori socialmente utili i rifugiati in attesa della verifica del loro status?

Mi applicherei di più, per evitare che ci voglia un anno per quella verifica. […]

Sento dire, talvolta, che l’Europa dovrebbe accogliere più rifugiati e si citano, a modello, Paesi come Libano, Pakistan e Iraq. Spero che nessuno pensi che la soluzione alla tragedia dei rifugiati sia costruire enormi campi dove tenere la gente per decenni>>.

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La strada da intraprendere è il coinvolgimento reale della comunità internazionale e la proposta di soluzioni concrete. La disponibilità a collaborare alla missione è pervenuta ieri anche dalla Nato che, tramite il segretario Jens Stoltenbergha preso una posizione precisa nei confronti della missione dell’Onu in Libia per arginare il flusso di migranti: “Se necessario, la Nato è pronta a fare la sua parte. Appoggiamo ogni sforzo per una soluzione politica, anche se non c’è stata ancora alcuna proposta di un nostro coinvolgimento”.

Un altro passaggio fondamentale riguarda il nostro governo. Di fronte a questa Unione europea debole deve alzare la voce ed applicare e, se inascoltato, sottrarre unilateralmente le spese per l’accoglienza dal contributo annuo versato all’Ue! Il nostro governo attuale è in grado di farsi rispettare?

Danilo Stancato

Twitter: DaniloStancato®