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EDITORIALE/2 – PENSIONI. Boeri scende in campo con Renzi e approva la rapina a coloro che dovrebbe servire. Tradisce il suo ruolo, fa politica

 

 Salva le baby-pensioni di infausta memoria, e punisce il ceto medio. L’illusionismo di Renzi sulle quiescenze anticipate. Se si fa, altro che 20 o 30 euro in meno…

 

 

Kranjic

I

l capitolo pensioni si arricchisce, giorno dopo giorno, di nuovi potenziali conflitti. Il mancato rispetto della sentenza della Corte costituzionale sta determinando un malessere profondo. Lo dimostrano i vari sondaggi, l’ultimo dei quali fatto conoscere da Alessandra Ghisleri durante la trasmissione di Floris.

Secondo queste valutazioni, il 62 per cento degli intervistati considera ingiusto il mancato rispetto della decisione assunta dalla Consulta.

Un dato che non può essere trascurato. Dimostra che l’opinione pubblica, nel suo complesso, rifiuta gli inviti, alimentati seppure indirettamente da Matteo Renzi, alla guerra generazionale. I figli contro i padri. I nipoti contro i nonni.

Del resto le simulazioni effettuate danno ragione di questo sconcerto. L’obolo di Renzi copre solo in minima parte le perdite, in termini di potere d’acquisto, addossate ai pensionati. Anche nel caso della maggiore generosità – l’indennizzo di 750 euro lordi che sarà recapitato a pensionati che percepiscono 1.700 euro di pensione lorda al mese – dovrà far fronte ad una perdita cumulata pari a 2.373,8 euro. Calcoli de  “Il Sole 24 Ore”.

In altre parole: il rimborso (lordo su lordo) sarà pari ad appena il 22,4 per cento. Percentuale che diminuirà velocemente, con il crescere dell’assegno pensionistico.

Fino ad annullarsi completamente – stando alle anticipazioni – per pensioni pari a 3.000 lordi al mese: nette 2.100 circa.

Ma c’è un’ulteriore coda velenosa. Secondo le norme vigenti, che regolano l’ordinamento fiscale italiano, gli arretrati sono tassati ad aliquota ridotta del 19 per cento. La logica di questa disposizione, che dura da tempo immemorabile, è evidente. Non è altro che il giusto compenso di un prestito forzoso subito – le somme non pagate alla loro scadenza naturale – a favore della Pubblica amministrazione, quale ente erogatore.

Ridurre l’aliquota della tassazione non era altro che lo strumento per garantire un’equa compensazione finanziaria. Questa regola aurea non sarà più rispettata. Ed anche gli arretrati, seppure nella percentuale modesta appena indicata, saranno tassati con la più elevata aliquota ordinaria.

Le ragioni del malcontento sono quindi più che evidenti. Ed è per questo che Matteo Renzi, con un guizzo della sua solita furbizia, ha lanciato la palla in tribuna. Nella prossima legge di stabilità – ha annunciato in vista delle imminenti elezioni regionali – introdurremo criteri di flessibilità.

Consentiremo cioè ai pensionandi di raggiungere l’agognato traguardo del ritiro anticipato con una penalizzazione. Di quanto? In attesa di conoscere i dati effettivi, le ipotesi parlano di un 20 o 30 per cento.

Per una pensione netta a regime di 1.253 euro netti, il taglio dovrebbe oscillare tra i 250 e i 375 euro. E l’importo ridursi a meno di 1.000 euro al mese. Se questo vi sembra un affare.

Nonostante il salasso, a pagare sarà anche il solito contribuente. Il costo stimato per le casse dello Stato sembra dover corrispondere a 4 o 5 miliardi. Alimentando ulteriormente lo squilibrio esistente. Ed ecco allora la ricetta studiata da Tito Boeri.

Addossiamolo sulle pensioni superiori a 2.000 euro lorde mensili. Tentiamo un impossibile ricalcolo, che darà luogo a milioni di contestazioni, per fare cassa e quindi operare il possibile bilanciamento. Operazione più facile a dirsi che a realizzarsi.

La spina nel fianco di questo ragionamento è dato dalle pensioni di anzianità. L’assegno versato a favore di coloro che hanno scelto, con largo anticipo, la strada dell’affrancamento dal lavoro. Persone che hanno lavorato, con una soglia minima di 15 anni, sei mesi ed un giorno. Uscite dal mercato del lavoro regolare, salvo poi industriarsi in “nero”, all’età minima di 35 anni per poi godere di un assegno, seppure contenuto, per i rimanenti 50.

Se a costoro si applicasse il metodo contributivo, dovremmo chiedere la restituzione di decine se non di centinaia di migliaia di euro. A spanne, infatti, la copertura assicurativa, per una pensione pari a circa 1.000 euro al mese, è solo di 5 anni. I restanti 45 sono a carico del bilancio dello Stato. Proporzione che rende impossibile risolvere l’equazione. Ed ecco allora l’escamotage. Togliamoli dal conto: dice Tito Boeri. Consideriamo il loro assegno non come pensione, ma come semplice assistenza. Ed il gioco è fatto. Alla faccia dell’articolo 3 della Costituzione e del principio di uguaglianza, si avrebbe quindi un regime differenziato. La classe media paga due volte: per sé e per gli altri. I più furbi, che sono scappati in tempo, nel tripudio buonista, sarebbero premiati ed osannati.

Siamo, come si vede, allo sconquasso generalizzato. Dove il merito – il maggior tempo dedicato al lavoro, il funzionamento dell’ascensore sociale, che ha portato alla ricerca di lavori maggiormente retribuiti e via dicendo – viene totalmente sacrificato, in nome di un appiattimento che non trova riscontro nemmeno nella patria di Fidel Castro o nella vecchia Russia sovietica. Questo sarebbe, quindi, il nuovo che avanza. Riflesso di un Paese sempre più impoverito a causa di meccanismi che penalizzano l’iniziativa individuale. Perché tanto, alla fine, è la vecchia logica di classe che è destinata a prevalere.

La cesura, non solo politica, ma soprattutto culturale, con l’esperienza storica italiana è evidente. Nemmeno il vecchio Pci era arrivato a tanto. Seppur confusamente aveva aderito, allora, al consolidato principio secondo il quale le pecore vanno tosate. Non ammazzate. Oggi siamo ripiombati, invece, nella logica dell’esproprio proletario. Del chi ha dato, ha dato…. scurdámmoce ‘o ppassato, simmo ‘e Napule paisá! Una vecchia tarantella napoletana che risale al 1944. Altro che futuro – la predica costante di Matteo Renzi e dei suoi uomini – è il tuffo sconvolgente verso un passato che si voleva archiviato.