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GOVERNO. Letta e la Cancellieri. Se a scegliere sono le Procure è l’umiliazione della politica

 

 Letta

Non giunge smentita, allora è la verità, una verità molto triste e molto vecchia, seppur reincarnata su ali di colomba gentile. Enrico Letta affida la decisione sulla sorte del ministro della Giustizia (suo ma soprattutto di Napolitano) a quel che deciderà il Consiglio dei ministri che sta più in alto del sole e delle stelle, quello dei magistrati. Se la Procura di Torino deciderà di indagare Anna Maria Cancellieri per le telefonate e gli sms, allora niente da fare, la molla.

 

Incuriosiscono i criteri che saranno adottati dalla Procura: quelli della modica quantità? Una telefonata di due minuti va bene, una di sette e mezzo no? La politica sottomessa alla misurazione della lunghezza delle telefonate in secondi e nano secondi e dei messaggini in battute e magari anche faccine tristi o allegre, e magari cuori rossi e bacetti, di certo considerati come pistole fumanti di complicità.

 

Che miseria. Siamo tornati al 1992-1993, quando il ministro della Giustizia dovette dimettersi per un avviso di garanzia, e bastava l’alito di un Procuratore per distruggere la reputazione delle persone e lesionare il sistema politico. Inutile dire che noi non ci stiamo. Per due ragioni. La prima coincide con la nostra adesione toto corde al garantismo, a prescindere dal soggetto e dalle sue appartenenze politiche. La seconda riguarda la dignità della politica, e il primato costituzionale della sovranità popolare. Non si può lasciar decidere alla magistratura la composizione e la durata di un governo. È immorale che ci siano politici di altissimo rango che deleghino la loro responsabilità ad ambiti extrademocratici.

 Cancellieri

Ad una magistratura che oltre tutto, in certi settori politicizzati, ha dato ampia prova di dipendenza dalla propria ideologia politica e l’unica indipendenza praticata è quella dalla legge e dal diritto. Questa ammissione di Letta ci fa capire perché le enunciazioni sulla “necessaria e urgente” riforma della giustizia chiesta dai saggi di Napolitano sin dal 12 aprile, sia chiusa a chiave in qualche sottoscala. Né da lì si sposterà, temiamo, nonostante i sinceri sforzi di Alfano e dei suoi ministri. E come si comporterà nel caso il leader di Ndc?

 

Sottoscriverà una clausola che lo impegnerà comunque a sostenere il governo, come nel caso della decadenza da senatore di Silvio Berlusconi?

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 18 novembre 2013”