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SENATO. Sulla riforma della scuola, Renzi ha ceduto alle pressioni della Cgil. La fiducia al maxiemendamento è l’ennesima forzatura di un percorso di riforme mediocre

 

Camere

In tempi non sospetti avevo scritto: Matteo Renzi avrebbe fatto di tutto per far passare la riforma della scuola al Senato, a costo di stravolgere l’impianto iniziale del testo, a costo di fare concessioni qua e là, a costo di asfaltare Parlamento, famiglie e scuola stessa. Ad ogni costo, insomma. Detto fatto: la buona (si fa per dire) scuola sarà votata domani in Aula al Senato con il probabile ricorso all’ennesima fiducia (il Consiglio dei ministri di ieri ha autorizzato il ministro Maria Elena Boschi a mettere la fiducia, qualora necessario), aggirando il passaggio convenzionale in Commissione, dove il governo non ha la maggioranza, visto il dissenso manifestato apertamente da esponenti dello stesso Pd.

 

Sdegno unanime da parte delle opposizioni. Ma anche da parte dei dissidenti del Pd.Trattasi di colpo di mano per il M5s e di imposizione autoritaria per la Lega (che ha già fatto sapere che uscirà dall’Aula al momento della votazione). Ma le bordate più incisive arrivano dai dissidenti democrat: “E’ uno schiaffo al Parlamento e al mondo della scuola. Lascio il Pd, non ci sono più le condizioni, lavoro ad un altro progetto” (Stefano Fassina) e “La fiducia non la voto, è un puro atto di imperio. Non esco dal partito, ma il problema è che non possiamo modificare questo disegno di legge perché il capo non può mai sbagliare” (Corradino Mineo).

 Pd

Il brutto compromesso partorito dal maxiemendamento, confezionato dai relatori Francesca Puglisi e Franco Conte, sposta ulteriormente a sinistra l’impianto del testo che, dopo la fiducia al Senato, dovrà passare alla Camera per l’ok definitivo.

 

Le principali novità introdotte riguardano: un membro esterno per valutare gli insegnanti, l’assunzione degli idonei al concorso 2012, un tetto di 100.000 euro per le donazioni dei privati alle scuole, il bando del nuovo concorso da rilasciare entro il 1 dicembre 2015 per l’assunzione dei docenti a tempo indeterminato e una valutazione triennale dei presidi calcolata in base all’andamento degli studenti, del personale e all’efficacia delle strutture e delle organizzazioni.

 

Ma il premier prosegue spedito verso l’approvazione del testo, incurante degli effetti che avrà sull’istruzione e sulle famiglie italiane. Non c’è tempo da perdere, dal suo punto di vista: il Senato è una polveriera in procinto di esplodere. “Teniamo alta la bandiera delle riforme”, ha dichiarato. All’orizzonte la riforma della Rai, da portare a casa prima della pausa estiva. Poi le unioni civili, sulle quali il ministro Boschi pare abbia incalzato i colleghi di governo affinché portino a casa un risultato. Poi ci sarà la riforma costituzionale. In mezzo i casi di Giuseppe Castiglione, le cui dimissioni sono stare respinte, e di Antonio Azzollini che, entro il 1° luglio dovrebbe aver svelato il suo destino.

 

Una strada, quella delle riforme, che questo governo sta percorrendo a folle velocità lasciandosi dietro la qualità dei contenuti ed il rispetto per il Parlamento e per i cittadini italiani. L’azione di Matteo Renzi è tutta all’insegna della fretta.

 

Ma la fretta, da sempre, è cattiva consigliera. E Renzi, da quasi 1 anno e mezzo oramai, è pessimo Presidente del Consiglio.

Danilo Stancato

Twitter: Danilo Stancato ®