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EFFETTO DOMINO NEL PD. Dalla Sicilia a Bolzano, passando per Roma, gli italiani concordano: il partito è allo sbando. Con la riabilitazione di De Luca, la Campania resta appesa ad un filo. Quello dell’illegalità e dei ricorsi

 

 

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al dominio effimero, all’effetto domino reale. Mister 40%, alias Matteo Renzi, dopo le elezioni europee dello scorso anno, ora non è più un mister per il suo partito. E non è più un mistero per gli italiani.

 

Il Presidente del Consiglio ed il Pd stanno perdendo il timone del Paese e, regione per regione, città per città, i segni di questo disagio sono evidenti.

 

Lo abbiamo scritto in questi giorni.

 

Dalla Campania a Bolzano il fil rouge che teneva in piedi il premier, non eletto dal popolo, ed il suo partito incerottato, si è oramai sfilacciato. Anzi, si è praticamente spezzato.

 

Il bollettino del disastro tocca Campania, Piemonte, Calabria, Sicilia, Lazio, Roma e Bolzano. Le faide interne alla struttura dei democrat stanno corrodendo come tarli una baracca già malmessa dai continui scossoni che si susseguono oramai da più di 1 anno, sia tra le fila del partito, sia tra gli scranni parlamentari.

 

Per quanto riguarda la CAMPANIA, la notizia che il Tribunale di Napoli ha accolto il ricorso d’urgenza presentato da Vincenzo De Luca non ci sorprende. Ora l’ex sindaco di Salerno potrà partecipare al primo Consiglio – che era stato rinviato – e nominare la nuova Giunta. I giudici decideranno poi nel merito della vicenda che coinvolge il governatore campano, la sospensione, effetto del decreto firmato dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi secondo quanto previsto dalla legge Severino (che evidentemente non si applica a tutti nel medesimo modo).

 

Ma la decisione dei giudici napoletani non risolve il problema politico di una regione appesa al filo dell’illegalità e dei ricorsi. Sulla questione, tra gli altri, l’On. Renato Brunetta e l’On. Paolo Russo hanno rilasciato una dichiarazione congiunta nella quale si sottolinea che “la quanto mai strana decisione del Tribunale di Napoli – che ha accolto il ricorso d’urgenza presentato da Vincenzo De Luca – certifica ancora una volta un sospetto che noi di Forza Italia abbiamo nei mesi cementificato come una certezza: la legge Severino è una norma contra personam, si applica solo con il presidente Silvio Berlusconi”.  La versione dei deputati di Forza Italia è surrogata da Gianluigi Pellegrino. Ieri, in un’intervista rilasciata all’Huffington Post, ha dichiarato: “Aggiungo una cosa: a questo punto Berlusconi dovrebbe chiedere di tornare in Senato. Questo provvedimento lo riabilita. Perché la questione che chiede De Luca è esattamente quella che chiede Berlusconi. E quindi dovrebbe avere lo stesso trattamento. Se fossi Berlusconi chiederei al Senato la revoca di quella delibera e che il Senato mi riammettesse”.

 

Il PIEMONTE si sta avvicinando al voto, forse già in autunno, a causa delle presunte irregolarità nella raccolta delle firme usate per la presentazione di alcune liste a sostegno di Chiamparino. Ci sono dei ricorsi al Tar e la decisione è attesa per la prossima settimana. L’ex sindaco di Torino ha già fatto sapere che se il Tribunale amministrativo dovesse accogliere le obiezioni dei ricorrenti, sarebbe pronto a fare un passo indietro. E meno male.

 

La giunta a guida Pd barcolla anche in CALABRIA. Gli uomini del governatore Oliverio sono stati coinvolti nello scandalo “rimborsopoli”, e nelle prossime settimane potrebbero emergere altre inquietanti novità. Nel frattempo, un assessore è già finito ai domiciliari, e si è scatenata una guerra interna al Partito democratico, fomentata dalle nuove inchieste. Tutti contro tutti, come al solito, ci verrebbe da dire. A tal proposito bene le parole spese dalla nostra coordinatrice azzurra Santelli, che ha sottolineato come le dichiarazioni dell’ex ministro Lanzetta non possano lasciar indifferenti tutti coloro i quali sperano in una Calabria migliore. La stessa deputata di Forza Italia ha poi aggiunto: “Questa legislatura è finita il giorno in cui Oliverio non ha saputo districarsi fra gli interessi e gli appetiti dei suoi e ha rifiutato di assumere il timone. È finita il giorno in cui si è deciso di procedere per proclami piuttosto che per azioni. Ora forse si potrà andare avanti a singhiozzo, in una palude di lotte e di recuperi di facciata”.

 

Alta tensione anche in SICILIA, dove il governatore Rosario Crocetta, eletto con una lista civica ma legato a doppio mandato con i potentati locali del Partito democratico, fatica a restare in sella. L’assessore Lucia Borsellino, figlia di Paolo, si è dimessa proprio stamane denunciando un “contesto politico non più credibile”. Anche qui una guerra tutta interna al Pd, con il sottosegretario Faraone (uomo di Renzi messo alla guida del partito regionale) che minaccia una mozione di sfiducia contro Crocetta dopo le durissime critiche di quest’ultimo nei confronti della buona scuola, riforma (anche qui si fa per dire) targata Renzi-Giannini. Crocetta, intervistato ieri dalla Stampa, attacca: “Se stavo a dar retta al Pd la giunta durava sei mesi e veniva travolta dagli scandali giudiziari”. “Mi odiano perché ho tagliato la formazione, che costava 400 milioni e oggi costa 150, e ci mangiavano tutti, tutti, anche il Pd. Perché ho fatto tre miliardi di risparmi per un buco di bilancio che ho ereditato. Perché avevamo ventimila forestali a cui non si potevano pagare più gli stipendi, e io ho tagliato quattrocento milioni di sprechi. E così mi odia questo sistema di potere trasversale”. E’ guerra davvero. Le elezioni sembrano sempre più vicine.

A rischio commissariamento c’è anche la città di BOLZANO, che ha un sindaco nuovo da appena un mese, Luigi Spagnolli (Pd), rieletto per la terza volta. Peccato che non ha i voti del Consiglio per l’ok alla sua giunta. Dietro le quinte guerre di potere locale legate agli interessi di un noto imprenditore austriaco. Risultato: crisi ad un passo, futuro incertissimo.

 

Capitolo LAZIO. Il Pd romano deve risolvere al suo interno l’ormai famosa questione morale. E il Lazio è appeso ad un filo, come Roma. L’effetto domino si abbatterà su Renzi e il suo governo. Roma, il Lazio (come la Campania), guidano le Regioni e le città del Pd allo sfascio.

Ci dispiace definire una litania “maledetta”, ma la sequenza catastrofica che si sta abbattendo sul Pd e sulle Regioni e città che il partito di Renzi amministra ci obbliga a sperare in un intervento quasi divino.

Un effetto domino che a cascata sta seriamente compromettendo la stabilità del governo. Oltre alla grana Senato-Vietnam, dove l’esecutivo sta incassando soltanto durissime sconfitte, Renzi deve necessariamente arginare gli scandali che sono ormai all’ordine del giorno.

 

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(Fonte: Sondaggio Demos per Repubblica)

ROMA. Lo scandalo “Mafia Capitale” è sicuramente quello più delicato, considerando l’avvicinarsi del Giubileo; per l’organizzazione sembrerebbe confermata la cooperazione tra il Prefetto Gabrielli e il sindaco Marino.

 

Una sorta di delegittimazione che segna il proseguo del mandato per il chirurgo genovese. Una delegittimazione comprensibile, considerando la totale incapacità mostrata da Marino. Una persona sicuramente onesta, ma purtroppo esageratamente ingenua.

 

Noi vorremo che Roma si infilasse nella tornata elettorale del prossimo anno, dove si voterà nelle altre grandi città italiane come Milano e Napoli.

 

Sono dello stesso parere, il 73% dei romani, i quali hanno ammesso che non voteranno il sindaco Marino in caso di una sua ricandidatura. Una scelta sintomatica, che impone a Renzi la difficile scelta se sciogliere o no il comune di Roma.

 

Una scelta che inevitabilmente rischia di marchiare a fuoco l’immagine della città, ormai diventata un porto di mare, una centro di degrado e del malaffare. Renzi però sa benissimo che temporeggiando rischierebbe di far perdere ulteriori consensi al suo partito, con la concreta possibilità di favorire forze demagoghe e populiste che fanno dell’antipolitica il loro cavallo di battaglia, vedi M5S.

 

Insomma la situazione non è delle migliori e presto ci saranno delle ripercussioni anche sulla giunta Zingaretti in Regione Lazio; il Pd ha subito delle perdite importanti, soprattutto con le dimissioni apprezzatissime e responsabili del ex capo gruppo Pd Marco Vincenzi.

 

Marino e Zingaretti facciano lo stesso, per il bene di Roma e di tutta la regione Lazio.

Danilo Stancato & Stefano Peschiaroli

Twitter: @DaniloStancato & @StePeschiaroli