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SCUOLA. Pluralismo educativo e teoria gender. Il convegno ‘Libertà e scelta educativa in Europa’ promosso dall’On. Elena Centemero e le ultime dichiarazioni del ministro Stefania Giannini

 

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a Buona Scuola, in questi giorni, inevitabilmente, è sotto esame. E non se la sta cavando bene. Affatto.

 

Abbiamo documentato in questi giorni l’invasione dei supplenti negli istituti (7 precari su 10 hanno di fatto congelato la nomina in ruolo, optando per una supplenza vicino casa). Abbiamo fatto luce sulle condizioni disastrose del 45% delle strutture italiane adibite all’insegnamento.

 

Oggi spostiamo il radar su altri 2 aspetti dirimenti di questo inizio anno scolastico: il pluralismo educativo e le ultime dichiarazioni del ministro Stefania Giannini sulla teoria gender.  

 

La questione del pluralismo educativo è alla base del principio cardine della libertà di scelta. Una sana concorrenza ed un’equiparazione tra la scuola statale e le scuole paritarie è l’ideale per un Paese democratico.

 

D’altronde, l’esclusiva della scuola pubblica sarebbe solo un limite alla pluralità, autentica risorsa in tema d’istruzione.

 

Nello specifico è intervenuta l’On. Elena Centemero, promotrice ieri alla Camera del convegno ‘Libertà di scelta educativa in Europa’:

 

“Il pluralismo educativo e la libertà di scelta educativa delle famiglie sono battaglie irrinunciabili per Forza Italia. Per questo è necessario che tutte le forze politiche perseguano la stessa strada e, insieme, affermino e rendano effettivo il pluralismo educativo. L’Italia deve individuare la propria strada puntando alla certezza e alla pluriennalità dei finanziamenti alle scuole paritarie e all’introduzione del principio del costo standard, già largamente utilizzato nel panorama europeo. I dati sulla diminuzione degli alunni negli istituti paritari e sulla chiusura di molti di essi sono allarmanti: 2.000 alunni in meno. Si rende perciò sempre più necessario il sostegno al pluralismo educativo al di là delle chiusure ideologiche che hanno caratterizzato questi anni”.

 

Sulle dichiarazioni del ministro Stefania Giannini, ci rifacciamo alla lettera indirizzatale dall’On. Renato Brunetta e pubblicata ieri da ‘Il Mattinale’:

 

“La sua buona fede è per me indiscutibile e conoscendoLa ne do pubblica testimonianza: e sbaglia chi ne dubita.  Se poi, anche sui contenuti la ragione stia dalla sua parte, lo ritengo  probabile. E  cioè che sia effettivamente impossibile che malintenzionati non forzino la legge, magari spalleggiati da giudici politicizzati, per manipolazioni ideologiche dei bambini in una materia delicatissima come l’educazione sessuale”.

 

Puntalizza bene Pierluigi Battista su ‘Il Corriere Della Sera’:

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Bene, anzi male: il ministro può replicare duramente, contestare aspramente gli avvelenatori di pozzi. Ma da quando si deve chiedere a un giudice di dare il suo verdetto su una disputa politica? Ci lamentiamo sempre perché la magistratura svolge una missione di supplenza rispetto alle manchevolezze della politica, e adesso affidiamo alla magistratura il compito di dirimere una discussione? Il ministro Giannini potrebbe replicare: ma qui si manipolano i dati, si dice che il governo vuole fare cose che non si sogna di fare. Ecco, dia addosso ai manipolatori, dica all’opinione pubblica come siano faziosi e a corto di argomenti i suoi detrattori. Ma non si può portare davanti a un giudice l’interpretazione che qualcuno vuole dare a una direttiva del governo”.

 

Dove invece sbaglia il ministro è quando asserisce che nella Buona Scuola la teoria gender non c’è. C’è, eccome (come documenta minuziosamente ‘Il Tempo’ di oggi). Come ci sono gli avvelenatori di pozzi che, parole sue, stanno mettendo in atto una truffa culturale.

 

Da loro si deve guardare il ministro. Non da chi tenta di dare una legittima interpretazione alle direttive del governo.

Danilo Stancato

Twitter: @DaniloStancato