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SICUREZZA. Il giornale inglese “The Guardian” rivela: l’Italia ha mentito sui sequestri truccando le carte in Somalia. Le responsabilità dei nostri servizi segreti (Aise) e di Minniti. L’ira di David Cameron

 

C

lamorose rivelazioni del ‘The Guardian’ sulla vicenda del sequestro di Bruno Pellizzari e della sua compagna sudafricana Deborah Calitz, avvenuto nel 2010. Secondo l’autorevole giornale inglese l’intelligence di Roma e le autorità somale avrebbero concordato una storia completamente falsa sulla vicenda, rendendo pubblica la versione di un blitz delle forze di sicurezza somale per liberare gli ostaggi. Tutto artatamente messo in piedi per coprire la verità:

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“C’è la prova che Roma ha pagato i riscatti”. Riscatti ai terroristi per riportare a casa i nostri connazionali, si legge nell’articolo di ieri, in cui viene pubblicato il contenuto di un  documento segreto dell’Aise. Il documento certifica il pagamento di 5 milioni di dollari per riportare Pellizzari e compagna a casa, dopo il rapimento avvenuto il 26 ottobre 2010 sullo yacht Sy Choil, nell’Oceano Indiano. Una storia falsa per nascondere il pagamento del riscatto, condita, all’epoca (ed è forse questo l’aspetto più triste) da reciproci complimenti da parte di autorità italiane e somale.

 

Scrive Francesca Musacchio su ‘Il Tempo’: “Ma c’è di più. Il documento choc dell’Aise, che porterebbe la data del 6 luglio 2012 (quindi successivo a quella del rientro in Italia di Pellizzari e la moglie) rivelerebbe dunque il sotterfugio al quale sarebbero ricorsi i nostri 007 per coprire quanto accaduto realmente, «costringendo» anche Pellizzari e la moglie a non rivelare mai che per la loro liberazione fu pagato un riscatto, anche se la richiesta era stata formulata ufficialmente dagli stessi rapitori. Quando lo yacht dei due fu attaccato dai pirati, infatti, a bordo del natante si trovava anche lo skipper britannico Peter Eldridge, che riuscì a fuggire al sequestro buttandosi in mare. In seguito l’uomo fu recuperato da una nave francese. La coppia, però, scomparve nel nulla e non si ebbero più notizie fino a quando, ad ottobre 2011, proprio Pellizzari chiamò la sua famiglia, su mandato dei suoi rapitori, per chiedere il riscatto di 10 milioni di dollari. Dopo la loro liberazione, però, da più parti fu ufficialmente negato che fossero stati dati soldi ai rapitori”.

 

A confermare quanto sostenuto dal Guardian è Al Jazeera. Ribadiamo che quanto sostenuto dall’emittente araba va sempre maneggiato con cura, ma qui le versioni combaciano. Secondo gli arabi l’Italia ha negoziato con i pirati somali e concordato il pagamento 5 milioni di dollari per riportare a casa Pellizzari e compagna, fornendo poi ai  media la versione completamente priva di fondamento del brillante blitz delle autorità somale. Non solo.

 

L’emittente araba aggiunge che il nostro Paese avrebbe pagato un riscatto milionario anche per la liberazione di Domenico Quirico e Pierre Piccinin da Prata, i 2 giornalisti rapiti in Siria.  

 

Un intermediario, Mutaz Shaklab, ha infatti dichiarato: “I rapitori avevano chiesto 10 milioni di dollari, ma penso che abbiano avuto 4 milioni. Il denaro era in pacchi da 100.000 dollari”. Tutte queste rivelazioni verranno raccolte annunciando nel documentario ‘The Hostage Business’, in uscita il prossimo 12 ottobre.

 

Il documentario fornirà anche le fotografie che certificherebbero l’avvenuta consegna di 11 milioni di dollari a rappresentanti del gruppo siriano Fronte al Nusra, affiliato ad al Qaida, per riportare a casa Greta Ramelli e Vanessa Marzullo.

 

In questi giorni stanno venendo a galla pratiche consolidate dell’intelligence italiana e dei nostri rappresentanti istituzionali che poco hanno a che vedere con le regole internazionali. Lo abbiamo scritto, ieri esprimendo la nostra totale solidarietà a Rolando Del Torchio (il ristoratore italiano, ex missionario, rapito nelle Filippine) e alla sua famiglia.

 Fiaba

Vicende non solo segrete, ma anche torbide. Come quella della morte di Giovanni Lo Porto, di cui non furono informati tempestivamente né il premier Matteo Renzi né il Capo dello Stato Sergio Mattarella. Riproponiamo ancora i 2 quesiti sulla vicenda:

 

  1. 1.     E’ vero o no che al Copasir il sottosegretario Minniti si è preso correttamente la responsabilità di non aver informato il premier Renzi dell’avvenuta morte del connazionale Lo Porto a causa di un raid americano in Pakistan?  

 

  1. 2.     E’ vero o no che di questa morte non fu informato, pur essendo essa già nota ai servizi, il Capo dello Stato Sergio Mattarella? Il quale, nel suo discorso al Parlamento il 3 febbraio di quest’anno, giorno del giuramento come dodicesimo Presidente della Repubblica, fu esposto a una menzogna. Disse infatti:  “Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo sviluppo. Di tre italiani, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli, non si hanno notizie in terre difficili e martoriate. A loro e ai loro familiari va la solidarietà e la vicinanza di tutto il popolo italiano, insieme all’augurio di fare presto ritorno nelle loro case”.

 

Un modus operandi lontano anni luce dai parametri comunitari.

 

Dobbiamo sorbirci anche la faccia tosta e le prese in giro di chi evidenzia operazioni e blitz brillanti dietro ai quali si cela invece il pagamento di riscatti milionari ai terroristi. Questo non solo ci sdegna, ma ci irrita. Ed ha irritato anche il premier britannico David Cameron.

 

Perché un conto è tacere sui sotterfugi, un conto è inquinare il campo e mentire spudoratamente…

Danilo Stancato

Twitter: @DaniloStancato