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RENZI MARINATO. Gli scontrini di Renzi come quelli di Marino? Ora si muove la Corte dei conti

 

 

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 agosto 2013. Dalle pagine de “Il Mattinale” e sulla rete viene lanciato il dossier: “OSSERVATORIO RENZI – La guerra delle aragoste (le note spese del giovin fiorentino)”. All’interno, un dettagliato excursus che potremmo definire “culinario” dell’allora Presidente della Provincia di Firenze. Citiamo, dalle slide del dossier:

Renzi è il massimo populista, con l’invito a tagliare spese, pranzi e pranzetti della casta, e poi ci scivola anche lui, come Batman Fiorito, sull’aragosta. Aragosta e non solo. Tanto che nel 2012 la Corte dei Conti ha aperto un’indagine sulle spese di rappresentanza effettuate dalla Provincia durante il mandato di Renzi, che ammontano a circa 600 mila euro”.

 Marino

Erano i giorni in cui Renzi faceva l’amico di Berlusconi, ed alcuni si fecero in quattro per accreditarlo come uomo nuovo, di una sinistra liberale e garantista. 

Oggi, a distanza di più di 2 anni, la miccia delle “cene a sbafo” e degli scontrini ballerini si è riaccesa improvvisamente con la vicenda che ha visto protagonista (a spese nostre) il sindaco dimissionario di Roma, Ignazio Marino. Il primo cittadino ha difeso i suoi banchetti: ero a cena con mia moglie, erano cene di lavoro, ero lì con rappresentanti della stampa. Tutto risolto? Risolto un bel nulla. Nessuna conferma e, anzi, smentite dei ristoratori stessi, Marino che restituisce circa 20.000 euro e le dimissioni formalizzate ieri.

 

Ora è la volta di Renzi. Marco Travaglio ha (ri)fatto le pulci al quinquennio di Renzi da Presidente della Provincia di Firenze: “Al confronto, Marino è un dilettante col braccino corto. Matteo il Magnifico faceva le cose in grande. Nel quinquennio alla Provincia (2004-2009), spese con la Visa dell’ente pubblico, cioè a carico dei contribuenti, la bellezza di 1 milione di euro, di cui 70 mila in tre anni per trasferte negli Stati Uniti (anche lui) e 600 mila in ristoranti, anche a botte di mille-duemila euro, per pranzi e cene giustificati (si fa per dire) con ricevute molto generiche e anche comiche: la scritta “pasto unico” sotto conti da 1.855, 1.300 e 1.050 euro è roba da Pantagruel”.

 

Se tanto ci dà tanto, Renzi è prossimo alle dimissioni? Neanche per idea.

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Anche lui, come Marino, si è difeso a spada tratta:

 

“Io ho messo online tutte le spese, per primo in Italia. E tutte le volte che ho mangiato con mia moglie e la mia famiglia ho pagato di mio, come è ovvio. Sia da Lino che da altri. Peraltro tutte le mie spese dal 2004 al 2013 sono state al vaglio nome per nome, pranzo per pranzo, di Pm e Corte dei Conti. Non è possibile che Lino dica che il Comune pagava le mie cene con mia moglie (che poi saranno stati tre o quattro pranzi quando lei insegnava in città). Perché lui voleva offrirmeli e io proprio per questo insistevo per pagarli. Io certe cose non le faccio. E comunque ci sono le ricevute del Comune e le mie personali. Mai fatto tavolate con moglie e amici. Quando ero con mia moglie, ero con lei. Tra l’altro, il pranzo che viene citato era nel 2006, quando non ero ancora neanche in Comune. A questo punto faccio fare una nota ufficiale, lo dico a Filippo Sensi”.

 

Una replica decisa, ma ancor più decisa la controreplica de “Il Fatto Quotidiano” che ha contestato date e riferimenti.

E, analogia con il caso Marino, anche il ristoratore (Lino Amantini) ha raccontato un’altra versione dei fatti: “Matteo era sempre qui, mai solo, portava la qualunque. Amici, familiari. Ricordo benissimo che tre giorni prima di avere l’ultimo figlio venne con l’Agnese qui, aveva il pancione. Sa quante tavolate, feste, pranzi e cene di lavoro qui dentro?”.

 

Renzi in salsa Marino e viceversa. Renzi marinato.

 

Chiamatelo come volete, l’importante è che la smetta di prendere gli italiani per il culinario…

Danilo Stancato

Twitter:  @DaniloStancato