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INTERVENTO IN AULA DELL’ON. RENATO BRUNETTA A SEGUITO DELLE COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 15 E 16 OTTOBRE 2015

 

Brunetta

L’ho ascoltata con grande interesse, Presidente del Consiglio, e cercherò nel mio intervento di decodificare la sua narrazione, magari mi sbaglio ma mi è parso di capire questo: sì, è vero l’Italia non ha politica estera, sì è verol’Italia non ha toccato palla in Europa  perché prima ha voluto rendere credibile l’Italia  all’interno  attraverso le riforme perché solo dopo questa cura riformatrice interna, l’Italia potrà affacciarsi credibile in Europa.

 

Mi scusi per la rozzezza della sintesi, ma mi è parso di capire questo e se questo è vero nella sua narrazione io cercherò di spiegarle come questa sua impostazione sia sbagliata e sia anzi esiziale per l’Italia e per l’Europa.

 

Vede nel finale del suo intervento, ha toccato due punti assolutamente  rilevanti anche se ha dedicato a questi punti pochissimo del suo tempo di parola, la crescita e il referendum britannico.

 

Vede, la malattia dell’Europa oggi è quella della crescita, non può una grande comunità come quella europea aver risposto alla crisi con il “sangue, sudore e lacrime”, con le politiche restrittive, con le politiche dell’austerità  e aver prodotto i guasti, le tossine, l’antieuropeismo,  ma aver prodotto anche la propensione inglese all’uscire dall’Unione europea perché vede io credo che quest’ultimo punto che lei ha toccato molto poco, cioè il pericolo dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea,  sia il pericolo della fine dell’Europa perché se la Gran Bretagna uscisse dall’Unione europea  questo innescherebbe una reazione a catena che porterebbe poi alla separazione della Scozia, della Catalogna,  che porterebbe alla separazione, alla divisione  all’interno dell’Europa  e la fuga dall’Europa e questo è il pericolo più grande che noi abbiamo oggi e questo pericolo è in gran parte dovuto alla risposta che l’Europa  ha dato o meglio non ha dato alla crisi.

 

La risposta tedesca, la risposta dei compiti a casa, la risposta dell’austerità,  del “sangue, sudore e lacrime” e della ossessiva impostazione della cessione di sovranità richiesta dalla Germania ai Paesi ai fini della propria  egemonia.

 

Lei,  Signor Presidente del Consiglio,  non avendo una politica estera, non avendo una politica europea, sembra accettare l’Europa tedesca anzi ha voluto accettare l’Europa tedesca per una ragione che chiamerei di sudditanza opportunistica e cioè solo l’Europa tedesca le avrebbe consentito il tempo di prendere il potere all’interno del Paese attraverso quelle che lei chiama riforme e che in realtà sono invece la presa del potere  soprattutto con la riforma elettorale, con la riforma  costituzionale  e in cambio di questa sua presa del potere interno, Lei ha di fatto ceduto la sovranità del nostro Paese, Lei ha di fatto accettato la dominanza tedesca in cambio della benevolenza tedesca rispetto alla sua politica economica a quella che Lei chiama flessibilità che in realtà si chiama  deficit che in realtà si chiama  acquisizione del consenso in deficit.

 

Ecco, io credo che questo sia esiziale per l’Italia perché le sue non sono riforme, sono cattive riforme ma sia esiziale per l’Europa, vede  in quest’aula da questa parte politica in molte occasioni c’era stata la disponibilità  ad avere una voce comune in Europa e il tema era proprio quello della crescita, dellareflazione e cioè quello di chiedere alla Germania  di reflazionare  e cioè di dimezzare, di eliminare, tagliare il proprio  surplus che è  oggi a detta di tutti gli economisti  alla base degli squilibri dell’Unione europea, che è alla base della bassa crescita dell’Unione europea e io vorrei anche aggiungere che è alla base,  oltre che della bassa crescita, anche della disaffezione crescente nell’Unione europea  e segnatamente della Gran Bretagna.

 

Vede, un’Unione europea che avesse adottato le stesse linee di politica economica americane, della Federal Reserve, che avesse fatto il Quantitative Easing tre, quattro, cinque anni prima di quanto non abbia fatto Draghi, sarebbe stata una Unione europea completamente diversa  da quella che Lei ha trovato.

Un’Unione europea con più alti tassi di crescita, una Unione europea con minor disaffezione e quindi minor antieuropeismo  con minori movimenti che avevano come proprio obiettivo la fine dell’Europa.

 

Un’Europa che cresce è un’Europa positiva, è un’Europa che positivamente risponde e può rispondere alle domande separatiste della  Gran Bretagna.

 

Per questa ragione la sua scelta, quella di non fare politica estera, di non toccare palla nell’Unione Europea, di non disturbare il manovratore tedesco, di non disturbare l’Europa tedesca per avere tutto il tempo di una sua personale conquista del potere interno, io credo che sia grave, un errore, per l’Italia perché non servirà all’Italia infatti l’Italia  è fanalino di coda tra i Paesi europei, ma soprattutto non servirà all’Europa perché vede Lei ha fatto un cronoprogramma (2017) ma il rischio per una cosa che le dirò adesso è che nel 2017 non ci sia più l’Europa  perché vede il Paese che era stato leader, si legga oggi il Sole 24 Ore, il Paese che era stato leader nell’impostazione della politica economica all’interno della crisi, quello stesso Paese è in grave crisi: la Germania, crisi di fiducia  crisi dei consumi, crisi di credibilità, crisi etica dopo il caso Volkswagen e Lei  avrebbe ceduto la  nostra sovranità ad un’Europa tedesca,  con la leadership stessa che attualmente è priva di identità.

 

Con che  faccia, Signor Presidente del Consiglio, andrete a discutere con Cameron domani sul referendum tedesco o meglio  sulla ridefinizione delle condizioni della permanenza della Gran Bretagna in Europa  prospettando quale Europa? 

 

L’Europa della crescita, l’Europa del riequilibrio della reflazione tedesca? L’Europa dell’austerità del “sangue, sudore e lacrime”? O l’Europa che a Lei piace tanto, quella che le consentirà, forse,  quel piatto di lenticchie  di flessibilità che le consentirà la sua personale gestione della politica economica ai fini del consenso?

 

Ecco questa è la mia analisi, Presidente del Consiglio, oggi. La sua è stata una scelta scellerata quella di non avere una politica estera e di non avere una politica in Europa, una scelta scellerata per l’Italia, scelta scellerata per l’Europa.

Al 2017 non si arriverà senza essere presenti, senza essere italiani ed europei. Noi questa possibilità gliela diamo comunque. La nostra mozione ha questo come fine perché è troppo importante la politica estera ed europea  per subordinarla alla sua  personale strategia di potere.

 

 

RENATO BRUNETTA

14 ottobre 2015