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CAOS PD. Il Partito democratico perde i pezzi (e l’identità). All’orizzonte la nuova alleanza tra minoranza di sinistra e governatori locali per ostacolare Renzi che vuole mettere le Regioni in naftalina

 

 

Gufi

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entre Matteo Renzi è intento a preparare il delitto perfetto (uccidere le Regioni senza passare per la Costituzione), pare non curarsi di quello che gli succede intorno.

Il Pd si scolla sempre più, ieri hanno lasciato il partito anche Alfredo D’Attorre, Carlo Galli e Vincenzo Folino. Ma sulla scarsa tenuta del suo partito, il premier, durante l’assemblea dei parlamentari dem, ha minimizzato: “A sinistra l’operazione che stanno tentando anche nostri compagni di viaggio è densa di ideologismo. È tempo di riforme e non di proclami. La politica è cambiare la vita delle persone, non c’è misura per far diminuire la povertà più efficace della crescita”. Ma la crescita è possibile con un governo ed un partito ben saldi, con una maggioranza coesa e omogenea.

L’opposto del momento attuale di Renzi&Co. che, a forza di togliere costole qua e là ad altri partiti per salvare i numeri del suo esecutivo, si avvicina sempre di più al collasso dell’intera struttura.

In questi giorni il Presidente del Consiglio, come sappiamo, è alle prese con la grana Regioni.

Oltre al richiamo ufficiale della Corte dei Conti, sul quale ha dichiarato: “Tra una settimana faremo un decreto per salvare le Regioni dall’intervento della Corte dei Conti”, dovrà vedersela con l’alleanza, che pare sia in dirittura d’arrivo, tra la minoranza di sinistra e i sindaci e i governatori del Pd. Un’asse improntata sul valore dell’equità sociale. Argomenti semplici, ma di sicuro impatto: abbassare le tasse, ma non ai più abbienti, o riorganizzare le spese sanitarie sì, ma senza negare i farmaci ai più bisognosi. Un programma in grado di tenere insieme: sinistra non renziana, amministratori e governatori locali e sindacati.

Renzi

Renzi si voleva divertire, ha detto, ma c’è poco di divertente in queste fasi del suo governo. Il premier è concentrato sull’obiettivo mai nascosto di mettere in naftalina le Regioni e a modo suo. “Nella grammatica renziana, dopo la fine del bicameralismo perfetto, la revisione del Titolo V, il rafforzamento dei poteri del premier, la scelta di accentrare verso lo stato alcune competenze assegnate da tempo ai governatori, il passaggio alla rottamazione quanto meno parziale delle Regioni è nelle cose, e negli ultimi anni l’ex sindaco ha offerto spesso l’impressione di voler lavorare in questa direzione”, osserva Claudio Cerasa su “Il Foglio”. Che rileva un fattore importante: a bloccare il Paese è stato l’impianto delle Regioni che per anni è stato permesso, quello legato a doppio filo con il concetto di consociativismo. “Quel consociativismo alla lunga contribuì a bloccare il Paese e oggi si può dire che quella mancanza di coordinamento tra Stato e Regioni denunciata 30 anni fa in uno storico discorso a Palazzo Madama da Giovanni Malagodi ha portato alla maturazione di un sistema insostenibile”, continua Cerasa. Il problema, quindi, è a monte, nella nascita delle Regioni come “patto di non belligeranza con la sinistra sindacalizzata utile a regalare al Pci un contentino di governo (Regioni da guidare, soldi da spendere, potere locale)”.

Renzi vorrebbe risolvere a valle con la solita forzatura. Chiunque tenta di farlo ragionare viene relegato allo status di gufo. Anche fosse, sempre meglio gufo che Cannibale…

Danilo Stancato

Twitter: @DaniloStancato