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SERVIZI SEGRETI. Ora tutti parlano di intelligence, gli stessi che in Italia l’hanno demonizzata. Mario Mori, ex Capo del Sisde, ci spiega perchè il sistema di spionaggio italiano è ridotto ad un colabrodo

 

SISDE

“I servizi segreti nel nostro Paese sono stati devastati. Però poi si pretende che siano pronti, efficienti, capaci di prevenire – Dio non voglia – anche atti di terrorismo”.

 

A parlare è il generale Mario Mori, ex direttore del Sisde (Servizio per le Informazioni e la Sicurezza Democratica) dal 2001 al 2006.

 

Nell’intervista rilasciata a Salvatore Merlo su ‘Il Foglio’, Mori ci spiega perché, ad oggi, l’intelligence italiana è ridotta ad un colabrodo, smantellata negli ultimi decenni dall’assurda diatriba con le procure e da un problema culturale cogente:

 

“Il principio stesso di segreto è incompatibile con l’Italia”.

 

“Intelligence e procure si azzuffano da anni”, afferma l’ex Capo del Sisde, da quando, a partire dagli anni’70, i servizi segreti furono tacciati di spavalderia, di abusi; di spadroneggiare sventolando la bandiera della libertà e dell’autonomia.

 

Demonizzati dalla sinistra dell’epoca, i servizi segreti italiani, un tempo all’avanguardia, sono scaduti nell’inadeguatezza, lacerati definitivamente da quell’inconcepibile dualismo con le procure e con la polizia giudiziaria di cui parla Mori. Arrivando, in certi casi, anche alla condanna morale dell’operato dell’intelligence italiana.

 top-secret

Un cane che si è morso la coda per troppo tempo.

 

“I servizi non sono polizia giudiziaria. Per questo dipendono direttamente dal governo e non dalla magistratura. Per questo sono segreti. Ma solo in Italia il servizio è tempestato d’inchieste, con effetti paradossali nei confronti dell’intelligence dei Paesi alleati. Se il servizio italiano vuole intercettare dei terroristi deve chiedere il permesso al procuratore generale. E già, nel momento in cui ha chiesto il permesso, la sua operazione non è più segreta: ne sono a conoscenza almeno tre o quattro persone esterne”.

 

La riforma dell’intelligence italiana del 2007 non ha risolto il problema.

 

Ed oggi si pretende l’efficienza, l’infallibilità, la precisione e la puntualità di un sistema che ha perso la sua stessa essenza.

 

Bisogna tornare ad investire e bene nell’intelligence, come sostiene l’On. Arturo Scotto di Sel: “Investire di più nell’intelligence. I terroristi dialogavano tra loro con una consolle PlayStation: ha fatto di più Alan Turing con Enigma contro i nazisti che 3mila tonnellate di bombe su Dresda”.  

 

Per aspera ad veritatem era il motto del Sisde:

 

 “Attraverso le asperità, alla verità”.

 

Il problema, in Italia è che, oltre alle asperità, bisogna fare i conti con le procure  per arrivare alla verità…

Danilo Stancato

Twitter: @DaniloStancato