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GOVERNO. Finish: così Matteo Renzi sega il ramo su cui sono seduti Letta e Alfano

 

 

 LettAlfano

Finish. Con la capacità di sintesi che ha, Renzi scolpisce la sorte del governo. Finish. Per lui è un gioco, un detersivo da lavastoviglie. Per noi questa scelta è una cosa seria, drammatica. Per Renzi è il modo con cui si fa largo per occupare il territorio del potere nel Partito democratico, convinto che questo gli spianerà la strada per Palazzo Chigi. Si noti: non dice che intende fare, non ha programmi, salvo quelli per la sua carriera. Per noi invece è il sipario calato su una grande speranza di pacificazione nazionale, di ripresa economica e di riforme costituzionali. E non lo abbiamo abbassato noi.

 

La responsabilità è del Partito democratico e del progressivo cedimento di Letta, e poi di Alfano, alla deriva giustizialista e di tassa-e-spendi, caratteristica da sempre della sinistra “de noantri”. Cominciamo da Renzi. Non è un caso che a pronunciare la fatidica formula sia il sindaco di Firenze. La fa precedere da una specie di diktat preventivo. E cioè: se Letta non farà quello che dico io, a casa. In questo consiste l’essenza della politica renziana. Segare il ramo su cui stanno seduti insieme Letta e Alfano. Aveva cominciato subito alla Convenzione (o circonvenzione) di domenica, mettendo in imbarazzo il rapporto tra i due, quando ha sostenuto che vanno rivisti i programmi e le poltrone alla luce di un’evidenza numerica: “Noi siamo in 300, voi in 30”. In effetti mai nella storia della Repubblica un partito con in tutto 59 parlamentari, com’è oggi Ncd, accumula cinque ministeri, di cui quattro con portafoglio pesantissimo, più un vice premierato, più un numero in doppia cifra di viceministri e sottosegretari. 300 contro 30: questa divaricazione crescente implica ovviamente un ulteriore spostamento a sinistra delle politiche di governo. Cioè punizione dei ceti medi, patrimoniale sulla casa, assistenzialismo e tasse a gogò. Come farà a starsene tranquillo e a cuccia il buon Alfano? Impossibile, riteniamo, salvo snaturarsi. Non solo.

 Renzi

Se questo tocca l’asse L&A, Renzi avrà la prima occasione per colpire direttamente Letta quando al Senato si dovrà votare la mozione di sfiducia personale al ministro Cancellieri. Il premier si è esposto dalla cintola in su al tiro dei fucilieri di Renzi, facendo coincidere il sì al Guardasigilli con la fiducia alla sua persona. Come dire: simul stabunt, simul cadent. Una ghiottoneria per Renzi, una prova per verificare se le truppe al Senato lo seguono o no. E questo evento sarà dopo la prima settimana di dicembre, quando il neo-segretario del Pd sarà fresco di poltrona e avrà ancora nelle orecchie la marcia trionfale dell’Aida. Chiaro no? Finish!

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 26 novembre 2013”