Socialize

Brunetta: Rai, “Colombo e Tobagi hanno ben altro di cui dirsi sconcertati”

 

rai

 

“I consiglieri di amministrazione della Rai Benedetta Tobagi e Gherardo Colombo si sono sentiti in dovere di sostituirsi al Direttore Generale per tentare di sconfessare quanto vado ripetendo da anni in tutte le sedi istituzionali: la pubblicazione sul sito web dei compensi di artisti, conduttori o consulenti è obbligo dell’azienda e non una sua facoltà.

 

Tobagi e Colombo si dicono sconcertati dal silenzio della dirigenza Rai, che non replica alle mie richieste di trasparenza e dichiarano pubblicamente la loro volontà di ristabilire la verità dei fatti. Bene, una volta studiata la legge vengano in Commissione di vigilanza Rai a spiegare le loro argomentazioni e a difendere le loro tesi. Sarà facile dimostrare che a sbagliare sono loro.

 

Nel comunicato citano due ordinanze (n. 28329 e n. 28330 del 2011) con le quali la Corte di Cassazione dice che la Rai non è annoverabile tra le pubbliche amministrazioni. Vero, ma è altrettanto vero che la Corte con le due ordinanze si pronuncia su un contenzioso in materia di selezione di giornalisti professionisti, dunque su un argomento molto distante. La citazione è corretta ma non coglie il bersaglio e bene faranno i due consiglieri ad approfondire.

 

Dove nasce l’obbligo anche per la Rai, oltre che per le amministrazioni, di pubblicare i compensi pagati ai propri collaboratori? Il quadro giuridico è articolato ma chiarissimo. In estrema sintesi si può dire che la Rai è tenuta, come tutte le società controllate da una pubblica amministrazione, ad assolvere agli obblighi di trasparenza introdotti dalle leggi n.150 del 2009 e n. 290 del 2012 e dal decreto legislativo n. 33 del 2013.

 

Per il rispetto del principio della trasparenza la norma prevede, anche per le società, la pubblicazione sul sito web delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi e dei costi unitari di produzione dei servizi erogati, con particolare riferimento alla scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi e alla “concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati”. In altre parole che sia per un contratto o per qualsiasi altra forma di affidamento la pubblicazione dei compensi è dovuta per legge.

 

A evitare equivoci aiuta il vigente contratto di servizio che, all’articolo 27, comma 7, dice: “la Rai pubblica sul proprio sito web gli stipendi lordi percepiti dai dipendenti e dai collaboratori nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo, eventualmente con un rinvio allo stesso sito web nei titoli di coda, e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico”. Difficile essere più chiari.

 

Inoltre, poiché non è stata realizzata la distinzione tra attività di servizio pubblico e attività commerciale, la foglia di fico del presunto danno alla concorrenza non ha, in questo contesto, alcun rilievo. Nel 2010 anche l’Antitrust ha riconosciuto l’importanza di assicurare la trasparenza dei costi di produzione e dei compensi a conduttori, esperti, ed opinionisti Rai attraverso la pubblicazione sul sito, pur sottolineando la delicatezza del tema.

 

La Rai tace? Se Tobagi e Colombo desiderano dichiarare il loro sconcerto hanno molto da sistemare in casa loro prima di sollevare, inutilmente, altra polvere”.