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Milioni e contributi, perché Angelucci ha scelto Renzi (Il Fatto Quotidiano, 19 maggio 2016, Carlo Tecce)

 

Verdini

 

Antonio Angelucci, deputato assenteista di Forza Italia e patron di Libero, s’è appena iscritto al partito dei riformisti renziani. Quelli che s’adoperano per il sì al referendum costituzionale di ottobre. Ha defenestrato Maurizio Belpietro, che per il commiato ha firmato un manifesto contro la scomparsa del bicameralismo e la deriva autoritaria di Matteo Renzi. Ora il quotidiano Libero è schierato per il sì. Angelucci non s’è ispirato né a Piero Calamandrei né a Giuseppe Dossetti, ma ha scoperchiato un movente fin troppo palese: il denaro.
E per il denaro, all’ex portantino dell’ospedale San Camillo che domina la sanità privata laziale, conviene rinsaldare il legame con Denis Verdini e con Luca Lotti. Abruzzese classe ’44, occhiali dai vetri fumé, collezionista di Ferrari, la carriera di Angelucci mescola cliniche e giornali con la Tosinvest. Per la proprietà incrociata di Libero e del Riformista, come contestato dall’Autorità garante per le comunicazioni, la finanziaria Tosinvest s’è trascinata un contenzioso milionario con lo Stato.
Per l’esattezza, con il Dipartimento per l’editoria che delibera i contributi pubblici. L’ufficio di Palazzo Chigi che rientra fra le deleghe del sottosegretario Luca Lotti. Già cinque anni fa, il governo ha sospeso la doppia erogazione, poi la Tosinvest ha ceduto il Riformista per dirimere il conflitto, ma sono rimasti 15,7 milioni di euro che Angelucci non poteva incassare e doveva restituire.
Dopo ricorsi, appelli e fragili mediazioni, lo scorso settembre, assistito dall’Avvocatura dello Stato, Luca Lotti ha concesso una rateizzazione decennale al gruppo di Angelucci: 1,5 milioni di euro con gli interessi ammassati sull’ultimo pagamento, previsto nel 2025. Così l’impresa editoriale di Angelucci, che controlla pure il Tempo di Roma, ha scongiurato il fallimento.
Poiché Libero riceve ancora il sussidio statale ripristinato con l’avvento dell’esecutivo renziano (3,5 milioni di euro liquidati a dicembre), la Tosinvest ha attutito, senza conseguenze venefiche, il debito con lo Stato. Non è finita. Perché l’ultima buona notizia è di qualche giorno fa, riguarda i contribuiti relativi agli anni 2011 e 2012, circa 8 milioni di euro che Angelucci rivendica.
Il Consiglio di Stato ha risolto la questione con una sentenza, ancora da notificare, che non dispiace né al governo né all’ex portantino: il 2011 non verrà saldato, ma per il 2012 a Libero spettano 4 milioni di euro.
Quest’elenco di fatti e cifre spiega perché per l’ex portantino sia prezioso il rapporto con il giovane e scafato Lotti. E poi c’è Verdini, che dall’esordio a Palazzo Madama è un riferimento politico di Angelucci. Per il fondatore di Ala, il movimento che soccorre il governo renziano e coordina le strategie per il sì al referendum, Angelucci è più di un munifico imprenditore: è un generoso amico e, soprattutto, un creditore.
Per salvare il patrimonio di famiglia, l’editore di Libero ha prestato 8 milioni di euro a Verdini e poi è subentrato all’ipoteca del Credito Fiorentino, la banca che lo stesso senatore di Ala ha guidato per vent’anni. Verdini è l’ideologo del “partito della nazione” – tutti dentro assieme a Renzi – e adesso plasma “il giornale della nazione”.
Angelucci partecipa con il quotidiano Libero, poi, chissà, potrebbe mirare al Giornale dell’ex Cavaliere. Qui lo scambio è costante. Con meticolosa attenzione, Ala già presenta emendamenti sul tema sanità (un recente esempio è la legge di Stabilità). Dunque non è improbabile un incarico per Angelucci ai vertici di Ala, per ratificare il trasbordo dalla periferia di Forza Italia al nuovo grumo della maggioranza. Per azzerare le distanze con Palazzo Chigi, supportare Verdini, allietare Lotti e, siccome capita, riformare la Carta.

 

Carlo Tecce