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Nel cimitero della stabilità c’è una tomba con scritto governo Letta

 

C

on che faccia? Con quale coraggio, Enrico Letta ci chiede di votare la riforma dell’articolo 138 della Costituzione insediando così il Parlamentino per rifare buona parte della Costituzione (tranne i capitoli sulla giustizia, non a caso)? Non ci stiamo, non faremo la ruota di scorta. Non gli basta la ruotina degli alfaniani?

Proprio finge di non capire, il semi-premier. Le larghe intese sono un capitolo chiuso. Non per una nostra decisione – ci avevamo creduto, a lanciarle era stato il nostro leader – ma perché sono state assassinate. Un omicidio politico collaterale, rispetto a quello premeditato (e – lo diciamo qui – fallito) di Silvio Berlusconi.

 

Siamo persino stanchi di ripeterlo, e  Letta offende la nostra intelligenza, e persino la sua, usando l’argomento da noi ampiamente condiviso della necessità di rifare l’architettura istituzionale per poi far credere che siamo noi ad opporci. La pacificazione nazionale era il presupposto ineludibile per costruire qualcosa insieme di forte e grande. Grande coalizione grandi idee. Invece la nostra buona fede è stata vilipesa.

 Letta, Italia umiliata dal Pdl

Scopriamo adesso che le larghe intese hanno avuto il solo scopo per il Partito democratico e – temiamo – anche del Quirinale, di impedire il voto immediato, avendo noi creduto sul serio alla parola del Capo dello Stato che avrebbe dovuto impegnare la sua forza morale (moral suasion) per impedire l’amputazione della democrazia attraverso la soppressione solenne del “senatore Berlusconi”.

Purtroppo il presidente della Repubblica non ha  smesso un istante di esercitare questa potenza ai confini della Costituzione dove gli preme, anche per buone cause intendiamoci, ma non sulla questione democratica essenziale: impedire cioè alla politica di lasciarsi invadere tranquillamente dalla magistratura, o almeno provarci.

 

Invece ha lasciato che il Senato fosse commissariato dal giudice Esposito, sequestrando l’articolo 1 della Costituzione che dà la sovranità al popolo e non alle toghe e ai partiti loro serventi, come il Pd. Ormai questa è la “stabilità del cimitero”, secondo la definizione del Wall Street Journal. Noi avevamo scritto un mese prima, parafrasando Bernanos, e il suo libro sulla guerra civile spagnola,  il “cimitero sotto la luna”. Non c’è stabilità infatti se pretende di appoggiarsi all’ingiustizia patente, se ha per colonna portante la carcassa della democrazia, incenerita come le dieci milioni di schede che portavano scritto Berlusconi.

 Alfano

Non può essere Magistratura (poco) Democratica a decidere chi e come deve rappresentare il popolo italiano. Letta dopo aver tranquillamente lasciato preparare il patibolo al suo partito per uccidere Berlusconi, ora gode dei risultati di questa sua pilatesca condiscendenza. E così si ritrova il presunto morto (Berlusconi) più vivo che mai, e se stesso oramai nella migliore delle ipotesi commissariato, insieme al povero Alfano, da Renzi.

 

Come farà Alfano ad accettare una trattativa che a priori gli assegna un decimo di peso rispetto alle scelte del nuovo capo coalizione, cioè Renzi? Ci avviamo a un governo con Matteuccio I con l’Angelino custode a vegliare sulle corte intese?

 

Torna a casa Ange-Lassie, che la minestra è quasi fredda.

 

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 04 dicembre 2013”