- da una parte, il decreto chiarisce in qualche modo come il governo intenda risolvere il tema della ricapitalizzazione di MPS senza colpire i piccoli risparmiatori;
- dall’altra parte non dice nulla di come lo Stato, azionista egemone in conseguenza dello schema ideato dal governo, intenda operare per risanare davvero la banca.
Ma la gestione della fase che segue l’immissione di capitale non era il solo grande “nodo” da affrontare: era infatti necessario altresì analizzare e trovare una soluzione per sciogliere le evidenti questioni di equità di trattamento (se non di illegittima disparità) che, a seguito di questo intervento, vengono a crearsi tra istituti, con particolare riferimento a quelli colpiti dalle recenti procedure di risoluzione. Dietro la giusta tutela del risparmio – e dei risparmiatori – non può infatti nascondersi la disparità di trattamento tra istituti. Il Governo avrebbe dovuto poi agire per una discontinuità nella gestione della governance di MPS. A maggior ragione, alla luce delle dimissioni a dir poco “forzose” imposte all’ex amministratore delegato, Fabrizio Viola, a seguito di chiare pressioni provenienti dall’esecutivo, e dei risultati conseguiti dall’attuale ad della banca senese, Marco Morelli, andrebbe fatta più di una riflessione in merito alla governance di MPS. Il Tesoro ha oggi più che mai il potere e il dovere di indirizzare le scelte della banca; e, soprattutto, ha il potere e il dovere di fare chiarezza sui comportamenti dei managers. Uno Stato-azionista ha il dovere di acclarare e di rendere pubbliche le responsabilità individuali dei vari dirigenti, e di provvedere al ricambio dei managers che hanno fallito. La gestione Morelli si è rivelata fallimentare: l’uomo della “soluzione di mercato” ha fallito, e il Governo, oggi più che mai, ha il dovere di prenderne atto, e di assumere le decisioni che devono necessariamente fare seguito ad una tale presa di coscienza. Uno Stato-azionista, che, in particolare con questo provvedimento, assume una grande responsabilità nei confronti del Paese, ha il dovere assoluto di fare chiarezza. E deve farlo innanzitutto in Parlamento, attraverso l’istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, per conoscere e accertare prassi o singole condotte inadeguate, illegittime o illecite, che hanno interessato gli istituti di credito coinvolti nelle procedure di risoluzione, e, più in generale, gli istituti in crisi che questo decreto intende “salvare”, a partire dal Monte dei Paschi di Siena, facendo luce anche sulle gravi responsabilità politiche che sono legate indissolubilmente alla crisi della banca senese. È necessario accertare le responsabilità e gli eventuali reati commessi da amministratori e direttori generali delle banche coinvolte, nonché da revisori legali dei conti e società di revisione legale, che hanno certificato bilanci evidentemente in dissesto. In particolare a fronte dello straordinario sostegno pubblico che lo Stato oggi offre alle banche in crisi, trasparenza – total disclosure – e chiarezza sono il minimo che le istituzioni devono garantire a tutti i cittadini italiani.
COME INTENDE OPERARE IL GOVERNO PER RISANARE DAVVERO LA BANCA?
Il decreto chiarisce (non bene) come il governo intenda risolvere il tema della ricapitalizzazione di MPS senza colpire i piccoli risparmiatori. Nulla dice, tuttavia, di come lo Stato, azionista egemone in conseguenza dello schema ideato dal governo, intenda operare per risanare davvero la banca.
Già, perché:
- se è vero che lo “stock” viene assorbito,
- è altrettanto vero che le sofferenze di MPS crescono ben oltre la media di mercato.
Torna di tragica attualità quanto disse nella primavera di quest’anno Elke Koenig, responsabile del Consiglio unico di risoluzione europeo: non è l’ingresso nel capitale la parte difficile, bensì quella che viene dopo.
LE EVIDENTI DISPARITA’ DI TRATTAMENTO
Il decreto non chiarisce come intenda riparare ai torti che crea. Quali torti? Tra piccoli risparmiatori di banche diverse (quelli di MPS “salvati” mentre quelli di Pop Etruria massacrati), ma anche tra bond-holder della stessa banca. A subire l’ingiustizia maggiore sono gli obbligazionisti ordinari: questi investitori si troveranno ad avere titoli identici rispetto agli obbligazionisti subordinati, che però in questi anni hanno beneficiato di tassi d’interessi più elevati. Il governo terrà conto di questi guadagni in eccesso? Per quale ragione, se davvero è una soluzione tecnicamente “potabile”, questo stesso schema non è stato adottato anche per le quattro banche popolari?Delle due l’una: o lo schema non è davvero potabile, oppure a mancare finora è sempre e solo stata la volontà politica. E Padoan, che è ministro dell’Economia di Gentiloni ma anche per oltre due anni e mezzo di Renzi, deve offrire una spiegazione più che plausibile. Altrimenti ci troveremmo di fronte a uno sdoppiamento di personalità per cui gli psichiatri possono avere comprensione e cure, ma noi no.
COSTI DEL SALVATAGGIO PAGATI DAI CONTRIBUENTI
Il salvataggio di Monte dei Paschi di Siena e il decreto salva-risparmio varato dal Governo peseranno come un macigno sulla collettività, mettendo ancora una volta le mani dello Stato nelle tasche delle famiglie per aiutare le banche”. Questa la dichiarazione rilasciata dal presidente del Codacons, Carlo Rienzi: i “20 miliardi di euro saranno trasferiti dalle tasche della collettività a quelle delle banche” Secondo Rienzi, inoltre, il decreto salva-risparmio rischia di pesare sulle tasche della collettività, “determinando un costo pari a 333 euro a cittadino, neonati compresi, e salvando chi di fatto è responsabile della crisi del sistema bancario italiano”. Infine, l’operazione aumenta il debito pubblico di almeno altri 20 miliardi. Creando quasi sicuramente le condizioni per una procedura di infrazione della Commissione europea per debito eccessivo e conseguente manovra “salasso” nel 2017. Il debito pubblico durante il governo Renzi ha superato qualsiasi record, registrando 2.229,4 miliardi a novembre 2016.