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RAI: BRUNETTA, NON BASTA LETTERINA MISE PER ELUDERE NORMA, SE GOVERNO VUOLE MAXI STIPENDI FACCIA LEGGE

 
“Non basta certo una letterina di Giacomelli, del Mise o di chicchessia per eludere la legislazione vigente e assicurare, anche per i prossimi anni, alle cosiddette star della Rai maxi stipendi amorali e fuori dal mercato. Se il governo e la maggioranza vogliono davvero che la televisione di Stato continui a foraggiare i portafogli di questi moderni paperoni faccia una scelta politica chiara davanti ai cittadini e al Paese: approvi una legge o un decreto legge che modifichi la norma attuale e che consenta a Viale Mazzini di sforare per alcune tipologie di collaborazioni il tetto di 240 mila euro annui. Questa è la strada da seguire, ogni altra scorciatoia è un imbroglio inaccettabile fatto alle spalle del Parlamento e degli italiani che pagano in canone”.
Lo scrive su Facebook Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati.
“Il Ministero dello Sviluppo economico richiama un parere espresso qualche settimana fa dall’Avvocatura dello Stato che aveva espresso forti dubbi sull’applicabilità del limite di 240mila euro annui, introdotto dall’art. 9 della legge n. 198 del 2016, alle collaborazioni artistiche della Rai. Parere che già in più d’una occasione abbiamo definito ridicolo e assurdo.
È irragionevole, infatti, fare riferimento al contenuto dell’articolo 3, comma 44 della legge finanziaria del 2007: nel frattempo sono passati 10 anni e il legislatore è intervenuto ancora, in quattro occasioni diverse (legge n. 69 del 2009, decreto legislativo n. 165 del 2001, Decreto Ministeriale n. 166 del 2013 e legge n. 189 del 2016). Nessuno di questi provvedimenti ha previsto un’eccezione circa l’applicabilità del tetto ai compensi delle star. Pertanto, a fronte di quattro ulteriori norme che non richiamano in alcun modo la distinzione per le prestazioni artistiche prevista nella legge finanziaria del 2007, quest’ultima è da intendersi tacitamente abrogata dalla legge n. 189 del 2016, anche perché la nuova disciplina regola l’intera materia già prevista dalla legge anteriore, rendendola dunque implicitamente obsoleta (art. 15 preleggi).
Come se non bastasse, l’argomentazione che sembrerebbe aver dato l’Avvocatura dello Stato, che vede i compensi delle star non gravare sul canone in quanto coperti dalla raccolta pubblicitaria, è totalmente inconsistente, e, in ogni caso, non giuridicamente rilevante. L’unica cosa ad avere rilievo giuridico, infatti, è la norma in vigore – e quindi la legge n. 189 del 2016 – e non la fonte di finanziamento della Società.
Ad ogni modo, ritenere di dover applicare una legge di dieci anni fa, superata e tacitamente abrogata da disposizioni successive, è una vera e propria forzatura.
Lo ripetiamo. Se il governo e la maggioranza vogliono i maxi stipendi in Rai abbiano il coraggio – e ci rivolgiamo tanto a Gentiloni quanto a Renzi – di portare in Parlamento un provvedimento che modifichi la normativa attuale. Non ci sono altre comode vie d’uscita”.