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I lavoratori autonomi che protestano e quelli che lottano sono i veri ribelli contro la crisi. Tocca a Forza Italia farsene carico

 

Mentre i tre amici del governo di scarse intese e di pensiero (anche se è una parola esagerata) unico giocano al teatrino della politica, giù dal palcoscenico, lontano dalla tribuna stampa e da quella degli ospiti plaudenti, fuori la gente soffre. Il pensiero va ai “forconi” e alle varie sigle che prestano la loro insegna ai gruppi che protestano. Spesso mal guidati e a rischio di infiltrazioni di violenti e di provocatori, costoro però sono espressione di un ben più vasto amalgama sociale messo ai margini del processo produttivo e dalla considerazione sociale, dopo essere stati a lungo identificati come i migliori interpreti del  modello sociale italiano.

 

Sono i lavoratori autonomi, i piccolissimi e piccoli imprenditori, gli artigiani, i commercianti di vicinato. I loro dipendenti. Il ceto borghese e piccolo borghese, se vogliamo adottare categorie che non sono solo economiche ma anche di status di vita e di valori di riferimento.

 

Oggi oltre a essere colpiti dalla crisi sono esclusi dai discorsi di modernizzazione statalista, da piano quinquennale, avanzati dal finto nuovista Renzi, ormai pronto ad un abbraccio coi sindacati conservatori specialisti a difendere esclusivamente l’aristocrazia dei dipendenti di grandi aziende. Dice nulla la stretta di mano con il capo della Fiom, Maurizio Landini, da una parte. E dall’altra l’appoggio di “Repubblica”?

 

La demonizzazione culturale seminata per decenni dalla sinistra contro il capitalismo, ha trascurato ovviamente la borghesia al caviale, con le sue idee “avanzate” radical chic, e si è concentrata a preparare una vendetta epocale contro chi ha avuto il torto di credere alla libertà economica, rimanendo fedele al centrodestra.

Andavano puniti da parte della sinistra. Ora Renzi gioca a definirsi “ribelle”. Lo spieghi allora perché è così gradito al capitalismo finanziario radical chic di De Benedetti e sia ricevuto con tutti gli onori dalla Merkel, come un figlio di latte.

 

Tocca a Forza Italia difendere questa gente che è la nostra gente, sia essa in piazza (una minoranza) sia essa ancora lì a lottare, ad arrabattarsi e a non dormire di notte per risolvere i drammatici problemi del lavoro e del credito della ditta.

 Forza Italia

Il vertiginoso calo del potere d’acquisto del ceto medio iniziato con l’adozione dell’euro e proseguito con l’inasprimento fiscale di Monti e Letta (con il contributo e il falso ottimismo del ministro Saccomanni), ha provocato un crollo della produzione e del commercio: 10mila imprese chiuse nei primi 9 mesi del 2013 (Cerved) e 60mila negozi chiusi nei primi 10 mesi dello stesso anno (Confesercenti).

 

Questi fallimenti hanno portato il numero dei senza lavoro alla cifra record di 6 milioni, tra disoccupati e inattivi.

Con un potere d’acquisto ridottosi della metà per effetto dell’euro e logorate da cinque anni di crisi che ha prosciugato il risparmio accumulato in precedenza, le famiglie non hanno più liquidità per effettuare acquisti e le imprese sono costrette a chiudere.

 

L’impresa, come è noto, è attività rischiosa. Se l’imprenditore fallisce perde tutto. E’ completamente abbandonato dallo Stato. A differenza di un lavoratore dipendente, che può contare su un sistema di protezione solido, egli non riceve sussidi.

 

Dobbiamo assolutamente essere – come insiste Berlusconi – coloro che non solo dialogano con i “forconi”, ma offrono una casa politica e strumenti di sana protesta e proposta ai milioni e milioni di persone che sono in questa situazione pesantissima, ed oggi sono delusi da tutti i partiti.  

 

 

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 16 dicembre 2013″