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GOVERNO. Il panettone di Letta e Napolitano dentro il Palazzo. E tutto il mondo fuori. Ma così non può durare

 

 

 

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Letta mangia il panettone a Palazzo Chigi e dice che lo rimangerà nelle stesse sale stuccate per il Natale del 2014. Avrebbe dovuto aggiungere, prudentemente: a Dio piacendo e pure al popolo. Ma non pare che i due soggetti, di solito sovrani, abbiano per lui, e per Napolitano, diritto di voto. Ma non si sa mai, qualche volta, a sottrarre un diritto costituzionale, magari Dio perdona, ma il popolo meno. Di certo, la prudenza, Letta la usa solo nei confronti della Commissione europea e della Merkel: lì è prudentissimo.

Istruttiva soprattutto, più che la profezia, è la localizzazione di questa festa. È dentro il Palazzo. Nelle stanze del Palazzo. Un mondo chiuso in sé, che brinda e si compiace. Il buffet dei capi. E il popolo, la gente comune dove sta? Fuori.

 

Tutto questo è simbolico.

 

 

In questo momento abbiamo due tipi di rappresentanza politica. La prima è quella del panettone e del rinfresco intra moenia. Sono quelli che oggi pretendono di concentrare in se stessi qualsiasi processo democratico. Si appoggiano sul consenso dato dal Parlamento dove esiste effettivamente una maggioranza numerica.

Su questa base Letta si sente molto sicuro. Non aspetta la motivazione della sentenza, con le valutazioni relative alla congruità del protrarsi di una attività legislativa e di sostegno al governo da parte di un Parlamento dove la parte sinistra ha sottratto un bottino cospicuo di seggi. Per lui chi ha dato ha dato, chi ha avuto ha avuto. I numeri sono perfetti, per lui. Il presidente è sulla stessa linea. Al punto che minaccia, se qualcuno dovesse turbare il pallottoliere della maggioranza, di non far mangiare il panettone a nessuno, delegittimando l’intero sistema dimettendosi, e garantendo così una crisi istituzionale traumatica perché motivata da una specie di “non ci sto” alla democrazia.

La maggioranza “dentro” il Palazzo pretende di lavorare da sola, preventivamente, alla nuova legge elettorale. Non solo, la “Striminzita Intesa” dibatte al suo interno sul modo di legarla a riforme costituzionali di enorme portata, senza considerare la gravità di voler cambiare la Costituzione da parte di chi è figlio di una sua violazione. Trasmetterebbe un vizio genetico alle riforme votate in questa situazione.

Napolitano

Lo stesso Napolitano è prigioniero di questo “dentrismo”. Sta ben piantato dentro il Palazzo da cui “esterna”, ma l’unica cosa da cui riesce a essere esterno è la Costituzione, di cui deve aver scoperto una versione autentica e segreta, magari di rito scozzese, dove si prevede che il Capo dello Stato agisca come attivo protagonista totalitario del gioco democratico, sostituendo persino il voto del popolo.

Questo accade “dentro”, ma fuori c’è la gente comune, ci sono i cittadini. Ed è singolare che i tre leader indiscussi delle tre maggiori forze e coalizioni in campo oggi siano tutti “fuori” da questo Palazzo. Non sono in Parlamento. Oggi queste forze sono molto più reali e autentiche dei numeri ibernati dalla volontà dilatoria di Letta e Napolitano.

Per questo vale più che mai la nostra proposta – essa sì davvero costituzionale in senso forte – che la legge elettorale sia concordata e proposta al Parlamento grazie a un accordo tra questi partiti e movimenti. La base, su cui già si sono pronunciati Berlusconi e Grillo, è quella del “Mattarellum”, misto di maggioritario uninominale e proporzionale.

Mangino pure il panettone al Quirinale, a Palazzo Chigi, alzino il calice per autoproclamarsi re-per-sempre. Non ci pare che dalle case e dalle strade si abbia voglia di celebrare un brindisi in armonia con lo spumantino pallido del governo prono a magistratura democratica e alla Germania della Merkel.

Ci domandiamo che cosa ci faccia lì ancora Angelino Alfano. Ha lottato – a quanto pare – per inserire nel pacchetto giustizia del governo la cosa più preziosa e utile: una riforma decisa della custodia cautelare, per impedire gli abusi e per svuotare le carceri, che al 40 per cento accolgono, anzi torturano, detenuti in attesa di giudizio.

 

Niente da fare. Temiamo che all’Angelino nostro abbiano ammanettato le ali, e sia lui agli arresti domiciliari a Palazzo Chigi, murato in una maggioranza e in un governo dove il baricentro è a sinistra che di più si va a Cuba.

 

 

 

Torna a casa, Angelino.

 

Non è ironia, ma appello alla ragione.

 

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 18 dicembre 2013″