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LEGGE DI STABILITA’. E’ un orrore che impone la cacciata di Letta. E allora in fretta legge elettorale e voto a maggio. Ecco come

 

Letta

 

 

Questo governo ha dimostrato con una Legge di stabilità oscena, con marchette spudorate, con incrementi di tasse e confusione su tutto, che deve andarsene. Subito. Finish, come diceva una volta Renzi. E s’ha da votare. Election Day.

 

A questo punto la questione della legge elettorale non è un problema di forma, ma di sostanza. Elenchiamo alcuni elementi chimici imprescindibili.

 

1)   Deve essere maggioritaria, in modo tale che chi vince possa governare. Un turno unico;

 

2)   Non può essere il proporzionale puro che a quanto pare sarà sfornato dalla Corte costituzionale. Ci consegnerebbe alla palude;

 

3)   Il fattore tempo. Il tempo è una questione essenziale della sostanza.

 

Occorre che il punto uno e due si realizzino in fretta. Altrimenti diventerebbe un’utopia.  Perché?  Ci sarebbero due possibilità se si dovesse procedere con studiata lentezza.

 

a)   La legge elettorale è in funzione delle elezioni. E se non c’è la legge elettorale idonea a garantire il punto uno e due, non si vota per chissà quanto tempo, con la scusa che nessuno è contento, e che – giustamente – oggi il proporzionale puro non lo vuole (a parole!) nessuno.  Insomma, ci si troverebbe in uno stallo che continuerebbe a lasciare a becco asciutto la sovranità popolare, a cui sarebbe  impedito di esercitarsi.

 

b)   Alla fine, Renzi si stufa. Visto che non si riesce a mettersi d’accordo, fa tutto a colpi di maggioranza, con doppio turno e robe simili.

 

Alla democrazia italiana conviene far trovare al popolo elettore una legge preparata bene e in fretta. Una legge che non truffi una parte per favorire l’altra, come accadrebbe con il doppio turno. E questa legge non è un’utopia, perché c’è. È lì pronta, basta una spolverata ed è pronta. Si chiama Mattarellum. Uninominale maggioritaria con correzione proporzionale. Si può modificare in pochi giorni per rendere la vittoria anche certezza di governo.

 

Non lo diciamo per dire. La necessità di essere pronti è data da un fatto oggettivo: l’assoluta inettitudine del governo Letta. Deve essere sfiduciato, deve lasciare spazio alle scelte della gente invece che ai ghirigori del Palazzo.  Ha fallito sull’economia clamorosamente, sulla giustizia e sulle larghe intese. A un governo cosiffatto una persona sensata non lascerebbe decidere neppure su un regolamento di condominio, figuriamoci se affidargli la riforma costituzionale.

 

Per cui sarebbe un delitto traccheggiare ulteriormente, fantasticando come fa il Capo dello Stato, con l’esterrefatta renziana Maria Elena Boschi, rivoluzioni copernicane della Repubblica guidate da Letta e Alfano. Sarebbero impossibili numericamente oltre che illegittime a causa di un Parlamento dai numeri fasulli.

 

Dunque il governo, e lo vediamo perfettamente nelle interviste di modesto cabotaggio di Formigoni e Cicchitto, ha come proprio scopo sociale semplicemente di durare. Tirare a lungo il brodo. A costo di minacciare se qualcuno ne prepara la fine, di essere gli stessi teorizzatori della stabilità a rovesciare il tavolo.

 

La legge la vuole fare la maggioranza – dicono Letta e Alfano – e così è sicuro che sarà successiva (la pensano così, lo hanno detto e arcidetto) alle modifiche della Carta. Figuriamoci. La legge elettorale va decisa dalle forze reali, che con ogni evidenza rappresentano il popolo. Ed è giusto che a guidare la trattativa sia Renzi, leader del partito che – al di là del premio incostituzionale, ha raccolto (frodi a parte) il maggior numero di voti. Dunque: siamo aperti a tutto, considerando un fatto: occorre fare in fretta.

 Renzi

Infatti Renzi è a caccia. Di chi? Di Letta. Ha il fucile in spalla, ha mandato in giro i suoi battitori per farsi consegnare il pavone dalla grande ruota colorata a comodo tiro di schioppo o forse della più silenziosa e mortale cerbottana al curaro. Cerca l’occasione, in modo da non passare per un uccellatore di frodo, ma per uomo coerente e determinato, che elimina un ostacolo per l’Italia.

 

Noi qui non stiamo a discutere sul contenuto del cervello del sindaco di Firenze, che ci sembra un compito impossibile anche per lui stesso. Le sue strategie ci interessano poco adesso. Di certo vuole andare a votare.

 

Ci sono segnali sparsi nella jungla del Partito democratico.

 

Oggi segnaliamo l’intervista della neo responsabile per la giustizia, Alessia Morani, che in pratica riannoda  la corda di canapa a cui appendere il ministro Cancellieri alla prima occasione, magari quando si discuterà al Senato la mozione di sfiducia individuale. Lasciando intendere che la mollerà al suolo.

 

E poi la questione delle proposte sul lavoro, al di là del fatto che la pratica tocca alla onorevole Marianna Madia che  anche a sentir nominare questa parola si spaventa, sono destinate a creare un conflitto con la Cgil, che il governo Letta non può permettersi di avere contro, visto che ha già la Confindustria pronta allo sgambetto.

L’errore madornale che potremmo fare in questa fase è lasciar credere che noi si sia incerti, dubbiosi, divisi su questa o quella formula elettorale.

Qui si tratta di procedere con chiarezza, con semplicità, come ha fatto Silvio Berlusconi quando domenica scorsa ha indicato il Mattarellum.

 

Non come un dogma, ma come nobile compromesso, possibile e che piace pure a molte forze. Guai a dare il pretesto, magari per ingenui personalismi, per farci mettere nel sacco. O in quello polveroso di Napolitano o in quello da brigante di Renzi.

Il nostro compito dev’essere oggi quello di evitare all’Italia di essere messa un altro anno nel Saccomanni.

 

I tempi? Fine gennaio la legge elettorale approvata alla Camera. Metà febbraio al Senato. Dopo il 16 marzo ed entro fine marzo scioglimento delle Camere. 25 maggio, Election Day. D’accordo Renzi? O il tuo schioppo è a salve e la tua cerbottana tira mollica di pane?

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 20 dicembre 2013”