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R. BRUNETTA (Intervista a ‘Il Fatto Quotidiano’): “Io, Giovanni e gli anni nel bunker: forza amico mio, Colle e opposizioni sono con te”

 

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LEGGI LA MIA INTERVISTA

 

IL DEPUTATO DI FORZA ITALIA DIFENDE IL SUO AMICO: “SE CADE LUI, SALTA L’ITALIA”

“IO, GIOVANNI E GLI ANNI NEL BUNKER: FORZA AMICO MIO, COLLE E OPPOSIZIONI SONO CONTE” 

 

 

Renato Brunetta, deputato di Forza Italia, è preoccupato più per il ministro Giovanni Tria o per l’Italia?

La seconda.
Così denota uno scarso senso dell’amicizia e un forte senso di amor patrio.

Le cose vanno assieme, per un semplice motivo: siamo di fronte a un fallimento politico annunciato che ha ripercussioni gravi sui conti del Paese. Il contratto tra Lega e M5S è fallito. Il diavolo e l’acqua santa non vanno d’accordo.

 

Chi è il diavolo? 

Fate un sondaggio tra i vostri lettori.

 

E Tria che c’entra? 

Giovanni poteva sublimare con rigore e credibilità il contratto mostruoso tra Salvini e i Cinque Stelle, un ministro del Tesoro tecnico che piace ai mercati e che non è vicino a un partito. Un miracolo, Giovanni è perfetto, ma lo stanno scaricando e al contempo scaricano se stessi. Sono in affanno e menano su Tria.

 

Quando l’ha conosciuto? 

Un quarto di secolo fa, ci unisce un sogno accademico coccolato col nostro maestro, il professore Luigi Paganetto: una facoltà di Economia all’Università di Tor Vergata di Roma.

 

Com’era il ministro? 

Un tipo serioso, studioso, capace di emozionarsi. I nostri uffici erano in un bunker, sottoterra, poca luce, poca aria. In stanza con noi c’era un certo Edmund Phelps, poi insignito del premio Nobel. Ogni tanto
Paganetto ci portava a visitare i terreni su cui doveva sorgere la nostra facoltà. Stavamo lì, diversi minuti, a osservare una voragine che con la pioggia diventava un piccolo e suggestivo stagno. Era un rito, anche
scaramantico.
Quando l’hanno arruolato nel governo, lo scorso giugno, Tria era preside della facoltà. 

Una gioia immensa per me, vedere la facoltà efficiente e brillante con al vertice il mio amico Giovanni, che ho portato con me al ministero della Funzione pubblica e che ho nominato presidente alla Scuola nazionale dell’amministrazione.
Nel giorno dell’inaugurazione della facoltà di Economia, vent’anni fa, mi incuriosiva una porta, un po’ strana, ancora incellofanata, un’uscita di emergenza. Volevo aprirla, Giovanni e gli altri mi pregarono di non farlo.

 

Brunetta è un testardo. 

E infatti l’ho aperta.

 

Cosa c’era? 

Il vuoto, ho rischiato di cadere nel vuoto.

 

Il ministro corre lo stesso rischio?

Giovanni è un tipo tosto, non s’arrende. L’Italia e i dioscuri Salvini e Di Maio devono temere il vuoto.

 

Come può resistere Tria, sfiduciato e osteggiato? 

Oggi la differenza la fanno le calunnie: si è passati da legittime pressioni politiche a illegittime pressioni personali.


Il ministro ha parlato di “spazzatura” e “violazione della privacy”, ma la questione riguarda anche il ruolo di Claudia Bugno, sua consulente al ministero, nonché amica di famiglia. 

Il ministro può ingaggiare chi vuole, il problema non esiste. Certo, si può contestare lo stile. Mi sembra un’assurdità, però, strumentalizzare una vicenda marginale per mandarlo via. Li hanno calcolati i danni,
i dioscuri?
Illustri il suo inventario dei possibili danni. 

Un ministro licenziato, un uomo indipendente, fa salire lo spread all’istante, ci porta in braccio ai tecnici. Qualcuno rivuole un Monti? Dico agli amici del governo di rifletterci e di supplicare Giovanni: imponi le tue mani sulle nostre teste e proteggici finché voto non ci separi.
Tria non ha il sostegno dei Cinque Stelle e ha un sostegno pencolante di Salvini, a cosa deve aggrapparsi?

Al futuro dell’Italia. Il Quirinale è con Giovanni, noi partiti di opposizione siamo con lui.

 

Gli mandi un messaggio, anche se in aula l’ha rimproverata: “Stia zitto!”.

Fesserie, ci vogliamo bene. Non è pratico dei regolamenti parlamentari.

 

Caro Giovanni.

Sei saggio, coraggioso, di una tempra unica: forza amico mio, perdona loro, perché non sanno quello che fanno.
Amen.
La messa è finita. Non andiamo in pace.