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LEGGE ELETTORALE SUBITO ED ELECTION DAY

 

 Renzi

 

Renzi invia una lettera ai capipartito. Vuol dire che ci ascolta, noi l’avevamo chiesto da tempo

 

 

Gentilissimi,

 

nei giorni scorsi quasi tre milioni di italiani mi hanno affidato l’incarico di guidare il Partito Democratico attraverso le primarie. Si tratta di una responsabilità molto bella che cercherò di adempiere con il massimo della dedizione, del coraggio, della fantasia. Non credo di esagerare quando dico che il voto delle primarie è un messaggio per tutta la classe dirigente, non solo per noi. Il 2013 che si è appena chiuso è stato un anno terribile per la politica. Il passaggio elettorale non ha prodotto un vincitore certo, la coalizione di maggioranza si è assottigliata prima di procedere a riforme significative, forte è il clima di disgusto dei cittadini nei confronti dei loro rappresentanti.

 

Le primarie hanno impegnato il mio partito, il PD, primo partito nel voto del 2013 e in termini di rappresentanza parlamentare a prendere l’iniziativa, in modo rapido e chiaro. E credo giusto farlo senza tattiche e secondi fini. Da noi i cittadini oggi esigono rapidità d decisione e chiarezza delle posizioni. Oggi, primo giorno lavorativo del 2014, dobbiamo dimostrare di aver chiaro che non possiamo perdere neanche un secondo.

Il mio Partito chiede alle forze politiche che siedono in Parlamento, a tutte e ciascuna, di uscire dalla tattica e provare a chiudere un accordo serio, istituzionale, su tre punti.

 

1) Una legge elettorale che sia maggioritaria, che garantisca la stabilità e l’alternanza, che eviti il rischio di nuove larghe intese.

 

2) Una riforma del bicameralismo con la trasformazione del Senato in Camera delle Autonomie Locali e la cancellazione di ogni indennità per i senatori che non vengono più eletti ma diventano tali sulla base dei loro ruoli nei Comuni e nelle Regioni.

 

3) Una riforma del titolo V che semplifichi il quadro costituzionale e istituzionale, che restituisca allo Stato alcune competenze oggi in mano alle Regioni (per esempio l’energia) e che riduca il numero e le indennità dei consiglieri regionali al livello di quello che guadagna il sindaco della città capoluogo.

 

Per essere ancora più stringenti e rispettare la tempistica che ci viene dal Regolamento della Camera, dove la Commissione Affari Costituzionali sta esaminando la legge elettorale, il PD fa un ulteriore passo in avanti.

Pur consapevoli del ruolo di partito di maggioranza relativa, rinunciamo a formulare la nostra proposta ma offriamo diversi modelli alle forze politiche che siedono insieme a noi in Parlamento, convinti come siamo che ciascuna di queste tre proposte rispecchi il mandato assegnatoci dagli elettori delle primarie.

 

Pur essendo il primo partito non imponiamo le nostre idee, ma siamo pronti a chiudere su un modello tra quelli qui sommariamente esposti.

 

I. Riforma sul modello della legge elettorale spagnola. Divisione del territorio in 118 piccole circoscrizioni con attribuzione alla lista vincente di un premio di maggioranza del 15% (92 seggi). Ciascuna circoscrizione elegge un minimo di quattro e un massimo di cinque deputati. Soglia di sbarramento al 5%.

 

II. Riforma sul modello della legge Mattarella rivisitata. 475 collegi uninominali e assegnazione del 25% dei collegi restanti attraverso l’attribuzione di un premio di maggioranza del 15% e di un diritto di tribuna pari al 10% del totale dei collegi.

 

III. Riforma sul modello del doppio turno di coalizione dei sindaci. Chi vince prende il 60% dei seggi e i restanti sono divisi proporzionalmente tra i perdenti. Possibile sia un sistema con liste corte bloccate, con preferenze, o con collegi. Soglia di sbarramento al 5%.

Il PD è pronto a recepire suggerimenti, stimoli, critiche su ciascuna di queste tre proposte. Ma chiediamo certezza dei tempi e trasparenza nel percorso: la politica non può più fare passi falsi. Nella prossima settimana sarà nostra cura chiedere appuntamenti bilaterali a chi di voi sarà disponibile a incontrarsi.

 

L’obiettivo sarà capire in modo semplice e trasparente se esiste la possibilità di chiudere rapidamente un accordo istituzionale. Non servono molti giri di parole: volendo, in qualche ora si chiude tutto.

Volendo, però. E il PD dimostra di volerlo nel momento in cui non si attesta su una sola posizione secca, prendere o lasciare, che sarebbe irrispettosa delle altre forze politiche, ma apre a più possibilità chiedendo solo di non perdere neanche un minuto.

Vi auguro un 2014 migliore del 2013. Per voi, per le vostre famiglie, certo. Ma anche per il nostro Paese.

Nel rispetto dei diversi ruoli, abbiamo una straordinaria responsabilità: un accordo alla luce del sole, il più rapido e vasto possibile, sulla legge elettorale sarebbe un segnale semplice ma chiaro che iniziamo l’anno nel migliore dei modi.

Perché prima dei destini personali e dei rispettivi partiti, viene l’Italia e vengono gli Italiani. Il PD è pronto ad accettare la sfida.

 

Un saluto cordiale,

 

MATTEO RENZI 2 gennaio 2014

 

 

 Berlusconi

Berlusconi: “Bene il metodo Renzi, ma serve l’election day”

 

 

A proposito di legge elettorale, colgo con positività il metodo proposto dal segretario del Pd Matteo Renzi sia rispetto alla possibilità di incontri e consultazioni bilaterali, sia rispetto al fatto che abbia messo sul tavolo diverse ipotesi, tra le quali c’è certamente una soluzione ragionevole, utile a garantire governabilità piena, un limpido bipolarismo e chiarezza di scelta per gli elettori.

 

 

Colgo l’occasione, su un altro piano, per anticipare che, rispetto alle scadenze elettorali che già sono in agenda (e cioè le elezioni europee, e una consistente tornata amministrativa), la nostra posizione è chiara: serve un election day per garantire una alta partecipazione e un notevole risparmio di spese per lo Stato“.

 

 

SILVIO BERLUSCONI 2 gennaio 2014

 election day

 

 

LE REAZIONI DEI PARTITI:

 

 

L. ELETTORALE, ALFANO: PRONTI A LAVORO MODELLO SINDACI

 

“Siamo coerenti con quanto detto: noi siamo pronti al lavoro sulla legge elettorale sul modello dei sindaci. L’impianto di quella legge e’ chiaro e ha funzionato. Non c’e’ bisogno di molte altre parole. Se si vuole si puo’. Noi la legge elettorale la vogliamo cambiare e subito”.

 

SALVINI. RENZI: DEMOCRISTIANO CHE CONVINCE SEMPRE MENO

 

”Il democristiano Renzi mi convince sempre meno”: cosi’ il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, commenta le proposte di riforma del sindaco di Firenze, nuovo segretario del Pd, che a suo dire ”rompe” su questioni come la legge elettorale, le unioni gay e la modifica della Bossi-Fini. ”Taglio dei parlamentari e istituzione di un Senato Federale? E’ esattamente la stessa riforma che la Lega fece approvare nel 2006, riforma poi bocciata dalla sinistra al Referendum. Come voto’ il chiacchierone Renzi nel 2006???” ”E poi torna ancora a rompere con le sue ’emergenze’, la legge elettorale, il cambio della Bossi-Fini e le unioni gay. E sui vincoli folli dell’Europa e sull’Euro, che strangolano lavoro, imprese, stipendi e pensioni? Non una parola”. ”La Ruota della Fortuna l’hai girata una volta, non torna piu”’.

 

MIGLIORE. L. ELETTORALE: LEGGE MATTARELLA E’ VERA SOLUZIONE

 

“E’ bene iniziare subito una discussione aperta, come chiediamo da tempo, per approvare entro il mese di gennaio la legge elettorale”.

 

“E’ dal primo giorno della legislatura che, con la presentazione di una proposta di legge di abolizione del porcellum, chiediamo di ridare ai cittadini il diritto a scegliere candidati e coalizione. Per noi la migliore opzione in campo resta la legge Mattarella che consente agli elettori un rapporto diretto con gli eletti e costruisce coalizioni che possono governare”.

 

RENZI: DELLA VEDOVA , SC PRONTA A DISCUTERE TEMI SEGRETARIO PD

 

“Scelta Civica chiede da luglio un contratto di coalizione in cui si metta nero su bianco un programma di governo, con tempi certi e modalita’ di attuazione ben definite. Approviamo quindi l’accelerazione di Renzi e siamo pronti da subito a discutere, con le nostre proposte, i temi impostati dal segretario Pd”.

“Scelta Civica ha chiesto un segnale forte e concreto di svolta nei rapporti dentro la nuova maggioranza e nell’azione di governo per poter proseguire nel sostegno a Letta. Non avendo piu’ le ipoteche, diversissime tra loro ma comunque condizionanti, delle vicende giudiziarie di Berlusconi da una parte e di un importante congresso del Pd dall’altra, oggi Letta ha la possibilita’ di ripartire con una fase due di riforme coraggiose utili all’Italia e in grado di consentire alle forze di maggioranza di dare buona prova davanti agli elettori”.

 

M5S: PARLAMENTARI REPLICANO A RENZI, E’ LEADER TELECOMANDATO

 

“Matteo Renzi, il leader telecomandato, continua ripetere a pappagallo le storielle che gli suggeriscono i suoi ignoranti mentalisti che nulla sanno ne’ del PD ne’ (tantomeno) del MoVimento 5 Stelle”. E’ quanto scrivono i parlamentati del M5S sul loro sito web. E’ la replica all’intervista del segretario del Pd al ‘Fatto Quotidiano’, nella quale Renzi afferma che tra i ‘cinque stelle’ “ci sono quelli che credono alle scie chimiche e ai microchip nel cervello, e questi fanno ridere”.

“Da tempo il suo team cerca di inculcare negli italiani la convinzione che il M5S sarebbe una forza politica di cacciatori di farfalle, che crede alle favole e alle scie chimiche. Controlla, Matteo, i discorsi che ti scrivono: perche’ potrebbero ritorcertisi contro”.

“Ad esempio: sapete qual e’ il partito che ha portato all’attenzione del Parlamento il pressante problema delle scie chimiche, appunto? Proprio il PD. Con tanto di serissime interrogazioni parlamentari, in cui si sollecitava il governo a guardare all’insu’ e a porre rimedio. E mica una sola volta: le scie chimiche stanno talmente a cuore al partito di Renzi che di interrogazioni ne sono state fatte ben sei (6). La prima nel 2003, ad opera di tal Italo Sandi (il partitun si chiamava ancora DS) che evidentemente deluso dal risultato e’ passato poi armi e bagagli all’UDC; sempre nel 2003, Piero Ruzzante (oggi al Consiglio Regionale Veneto per il PD) e’ tornato alla carica con le scie nel cielo; nel 2006 e’ stata la volta di Gianni Nieddu, questore del Senato, che fu poi silurato dal suo stesso partito perche’ aveva cercato di tagliare i costi del Parlamento. Occuparsi di scie chimiche va bene, nel PD, ma guai a toccare i costi della politica”. “Il piu’ attivo, per finire, Sandro Brandolini, con due interrogazioni nel 2008 e una nel 2009. Deluso forse dal fatto che il governo ha prestato poca attenzione alle scie, si e’ ritirato alla fine dello scorso anno. Lasciando il posto al suo pupillo e degno erede, quel Lattuca che si distingue un giorno si’ e l’altro pure per aggressioni ed intemperanze. Saranno le scie chimiche che gli danno alla testa.

Cosi’ come danno alla testa ai mentalisti che scrivono i discorsi di Renzi. Ragazzi, che ne dite li’ al PD di preparare un’altra interrogazione parlamentare sulle scie nel cielo? In fin dei conti, siete diventati degli esperti. Il Paese conta su di voi… come sempre

 

POPOLARI, L.ELETTORALE: LETTERA RENZI PASSO INTERESSANTE

 

“Riteniamo la lettera inviataci dal segretario del Pd un passo interessante per il dibattito politico”. Lo affermano in una nota congiunta Lorenzo Dellai, Mario Mauro e Lucio Romano a nome dell’area popolare. “I popolari Italiani nel ringraziare il segretario del Pd per le proposte sulla legge elettorale, ribadiscono l’importanza di produrre coalizioni capaci di governare e non solo di vincere. E ancor piu’ la necessita’ che gli eletti siano frutto della preferenza degli elettori, per conservare una matrice popolare della rappresentanza politica, non tecnocratica e non calata dall’alto”.

 

PISICCHIO, L.ELETTORALE: BENE RENZI MA CONFRONTO SENZA GABBIE

 

“Apprezziamo la disponibilita’ del segretario del Pd a discutere senza pregiudiziali sulla legge elettorale. Accogliamo i principi che ispirano il suo sforzo, relativi alla chiarezza su chi vince e chi no e sulla garanzia dell’alternanza democratica. Per il resto lascerei spazio al confronto senza prefigurare modellistiche che rischiano di rivelarsi gabbie. Se il punto di incontro dovesse rivelarsi una “quarta” proposta, che rispetti quei principi, immagino che anche il Pd potrebbe considerarla agibile. Dunque va bene la spinta di Renzi ad agire sulle riforme. Ma consideriamola come un impulso politico positivo e non un catalogo di tecnicalita'”

 

 

 

I sistemi elettorali a confronto

 

Il sistema elettorale vigente fino al 2005: il MATTARELLUM

 

• Sistema misto a prevalenza maggioritaria, prevedeva l’assegnazione del 75% dei seggi in collegi uninominali e la restante parte in modo proporzionale con una soglia di sbarramento del 4%.

• Caratterizzato dall’elezione di 3/4 dei deputati e 3/4 dei senatori con sistema maggioritario a turno unico nell’ambito di collegi uninominali (475 collegi per la Camera, e 232 per il Senato): veniva eletto parlamentare il candidato che avesse riportato la maggioranza relativa dei suffragi nel collegio. Nessun candidato poteva presentarsi in più di un collegio.

• I rimanenti seggi erano invece assegnati con un metodo tendenzialmente proporzionale:

o alla Camera ripartendoli, nelle 26 circoscrizioni, tra le liste concorrenti che avessero superato la soglia del 4% dei voti in ambito nazionale;

o al Senato, ripartendoli tra gruppi di candidati in proporzione ai voti conseguiti nei collegi di ciascuna regione dai candidati non eletti.

• Prima di procedere alla ripartizione della quota proporzionale dei seggi, venivano sottratti i voti conseguiti a livello uninominale, totalmente al Senato e parzialmente alla Camera.

• Il sistema non comprende l’elezione dei deputati della circoscrizione Estero, introdotta dalla prescrizione di cui all’art. 56, comma 2, della Costituzione (così come modificato dalla legge costituzionale 23 gennaio 2001, n. 1).

Il sistema elettorale introdotto nel 2005: il “PORCELLUM”

• Sistema proporzionale. Dà la possibilità alle liste di aderire a coalizioni, indicando previamente il nome del leader della coalizione e prevede un articolato sistema di soglie di sbarramento calcolate sul totale dei voti validi a livello nazionale:

o 10 per cento per le coalizioni

o 2 per cento per le singole liste che aderiscono ad una coalizione,

o al 4 per cento per le liste non coalizzate e per quelle le cui coalizioni non hanno raggiunto il 10 per cento

o Per il Senato le percentuali di soglia sono più alte: rispettivamente il 20, il 3 e l’8 per cento e sono calcolate su base regionale, anziché a livello nazionale.

• Prevede l’attribuzione di un premio di maggioranza alla coalizione (o lista) vincente ma non prevede l’espressione del voto di preferenza, e l’ordine degli eletti è dato dalla successione dei candidati in ciascuna lista.

o Alla Camera il premio (numero di seggi necessario a raggiungere la quota di 340 deputati su 630) è assegnato alla coalizione di liste (o lista singola) più votata a livello nazionale.

o Al Senato il premio di maggioranza è attribuito a livello regionale.

 

IL SISTEMA ELETTORALE SPAGNOLO

 

• Il Congreso spagnolo è eletto a suffragio universale diretto sulla base di un sistema proporzionale a livello circoscrizionale; il sistema elettorale spagnolo ha quindi due pilastri: il meccanismo proporzionale dentro ogni circoscrizione (senza che esse comunichino tra di loro, mettendo in comune i resti) e un numero molto elevato di circoscrizioni ( 52, in corrispondenza circa del territorio delle province).

• Considerando che i deputati del Congreso (cioè della Camera che esprime la fiducia) sono 350, il numero di rappresentanti che si eleggono in ogni circoscrizione è molto basso: varia da 1 (solo a Melilla e Ceuta), fino agli oltre 30 di Madrid e Barcellona. In molte circoscrizioni i seggi sono, tre, quattro o cinque. La media è di sette seggi.

• Il ridotto numero di seggi assegnati da una circoscrizione fa sì che, per circa un terzo di queste, abbiano possibilità di conseguire una rappresentanza parlamentare soltanto le liste che ottengano intorno al 20-30 per cento dei voti espressi nella circoscrizione; per altri due quinti delle circoscrizioni, la soglia elettorale per l’accesso al Congreso di fatto oscilla fra il 10 ed il 20 per cento dei voti espressi nello stesso ambito territoriale.

• Agisce pertanto uno sbarramento implicito molto consistente che, insieme, alla regola matematica per la conversione dei voti in seggi costituita dal metodo del divisore d’Hondt, tende a meglio rappresentare le formazioni più grandi. La legge elettorale prevede anche una soglia di sbarramento formale del 3% a livello circoscrizionale. Tale soglia ha effetti limitati: molto più incisivo è l’effetto degli altri elementi prima citati.

• Questo sistema non penalizza però le formazioni regionali i cui consensi sono concentrati in specifiche circoscrizioni e consente alle formazioni nazionali capaci di superare la soglia del 3 per cento in sede circoscrizionale di conseguire una rappresentanza parlamentare, per cui esso permette di bilanciare la rappresentatività popolare con la rappresentatività territoriale espressione delle istanze autonomistiche.

• Le liste sono “bloccate”, senza voto di preferenza ma il numero molto basso di candidati che compongono le liste (come abbiamo visto, nella gran parte delle circoscrizioni solo tre, quattro o cinque) consente comunque un buon rapporto di conoscenza e di relazione tra elettori e candidati.

• Anche se il partito maggiore non ottiene la maggioranza assoluta dei seggi, sono possibili ed efficienti anche Governi di maggioranza relativa, con appoggi esterni dei partiti regionalisti.

 

IL SISTEMA ELETTORALE TEDESCO

 

 

• Il sistema elettorale tedesco è il meccanismo che determina l’assegnazione dei seggi del Bundestag, la Camera bassa. I componenti della Camera alta, il Bundesrat non sono eletti direttamente ma vengono designati dai singoli governi federati.

• Il sistema elettorale in vigore è un sistema elettorale proporzionale personalizzato con meccanismi di correzione:

– Proporzionale: la determinazione della forza politica del Bundestag è determinata secondo il sistema proporzionale a livello nazionale.

– Personalizzato: la possibilità del voto del candidato del collegio uninominale determina un rapporto diretto tra elettore ed eletto.

– Meccanismi di correzione: la clausola di sbarramento (5%) e il mandato in sovrannumero altera la rappresentatività proporzionale pura, escludendo i piccoli partiti e permettendo ai candidati vincitori nel collegio uninominale di essere eletti nonostante la forza politica abbia ottenuto un numero inferiore di voti a livello proporzionale privilegiando l’aspetto dell’elezione personale data dall’elettore.

• L’elettore tedesco ha a disposizione due voti (Erststimme e Zweitstimme).

– Con l’Erststimme l’elettore vota i candidati nei collegi uninominali. Il numero dei collegi uninominali è pari alla metà del totale dei deputati del Bundestag. Quindi per un totale di 598 abbiamo 299 collegi uninominali suddivisi nei vari Land. Il voto è finalizzato a determinare la rappresentanza personale.

– Con il Zweitstimme vota le liste dei partiti. Il voto più importante è il secondo, poiché grazie ad esso si viene a determinare sostanzialmente la forza politica nel Bundestag.

• Il sistema tedesco non penalizza le «terze forze» e riesce a produrre alta governabilità solo a due condizioni: A) che il partito principale della maggioranza di governo vada oltre il 45% dei voti (non succede da 30 anni); B) che i partiti ammessi alla distribuzione dei seggi siano pochi: dal 1961 al 1983 sono stati 4 (Spd, Fdp, Cdu/Csu) ed è andato tutto bene; sono stati 5 (si sono aggiunti i Verdi) dal 1983 al 1990 e le cose sono un po’ peggiorate; dal 1990 in poi sono stati 6 (si è aggiunta la sinistra radicale, Pds e poi Linke) e le cose, in termini di governabilità, sono molto peggiorate.

• Il modello tedesco non è di per se stesso adeguato a produrre istituzioni decidenti e un regime di piena alternanza. Nonostante l’elevata soglia di sbarramento (5%), il sistema tedesco, che è lo stesso a livello regionale e a livello federale, è poco compatibile con un bipolarismo alternativo e decidente perché è un proporzionale “troppo proporzionale”.

 

IL SINDACO D’ITALIA

 

Spesso viene evocata come una sorta di “formula magica”: si chiama il “Sindaco d’Italia”, e viene presentata come “toccasana” ai tanti guai che affliggono il sistema politico italiano. Il modello del sindaco d’Italia è quello utilizzato nei comuni, che prevede elezione diretta del sindaco e una coalizione di liste che lo supportano, garantendo una maggioranza in Consiglio comunale. La proposta “renziana” mira quindi ad estendere il sistema elettorale utilizzato per le grandi città al Parlamento, eleggendo il capo del governo come fosse il sindaco. Un mix tra presidenzialismo e semi-presidenzialismo, una assoluta novità in campo costituzionale.

È forse però il caso di togliere le suggestioni comunicative per toccare con mano che cosa può voler dire approvare un sistema elettorale così concepito.

Riformare la legge elettorale sul modello del sindaco d’Italia avrebbe infatti un limite importante: esso implicherebbe un intervento di modifica della Costituzione: l’elezione diretta del premier. Come ha avuto modo di argomentare anche il presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, “questa linea potrebbe essere perseguita, tenendo però conto del fatto che non è possibile l’elezione diretta del presidente del Consiglio, perché la Costituzione attribuisce questa nomina al presidente della Repubblica”. Dunque ”se si volesse con una norma stabilire l’elezione diretta del capo del governo, non si potrebbe fare senza modificare la Costituzione. Se invece lo si vuol fare partendo da una forte indicazione politica che orienta e vincola il Capo dello Stato, se c’è una maggioranza parlamentare, la legge potrebbe farlo” (come tra l’altro in parte è avvenuto nelle elezioni politiche del 2008, con la legge elettorale vigente, quando i partiti hanno chiaramente evidenziato il nome del proprio candidato premier all’interno del simbolo della coalizione, orientando fortemente la futura scelta del Capo dello Stato).

Nel Messaggero di martedì scorso, si legge che “la proposta che traduce nel modo più vicino al volere di Renzi l’indicazione del «sindaco d’Italia»,” è la proposta di legge già depositata e calendarizzata in Commissione Affari costituzionali alla Camera, a prima firma Michele Nicoletti (A.C. 1116). La proposta prevede un doppio turno di coalizione se nessuno al primo turno supera la soglia del 40 per cento; affronta il problema del Senato con l’attribuzione del premio sul piano nazionale ma ripartito su base regionale; contempla le preferenze ma con apposite e restrittive norme per le spese elettorali; e prevede il ridisegno di circoscrizioni più piccole su base provinciale, in modo che la legge assume aspetti più maggioritari.

 

 

Scippo e controscippo. Cronistoria di una legge elettorale che il Pd non può e non deve fare da solo

 

Ecco il diario dei tentativi messi in atto dalla scorsa estate per (non) cambiare la legge elettorale. Come si noterà, il protagonista negativo di questa corsa al rallentatore e con molte deviazioni, è stato il Partito democratico. Oggi cerca di forzare la mano e farsi da sé una legge a sua misura, per aggirare a comodo proprio la sentenza della Corte costituzionale. Chi ne esce come servo inutile ma fedele di Renzi e Letta è NCD.

 

31 luglio 2013 – In sede di Conferenza dei Capigruppo alla Camera si decide di dichiarare l’urgenza dell’esame dei provvedimenti in materia elettorale. La dichiarazione d’urgenza presuppone tempi dimezzati di esame nella Commissione di merito, e, quindi, una notevole accelerazione del procedimento legislativo.

 

8 agosto 2013 – La Commissione Affari costituzionali del Senato inizia l’esame di progetti di legge che riguardano la materia elettorale (S. 356 Anna Finocchiaro e Zanda e abb.).

 

24 ottobre 2013 – In Commissione al Senato i due relatori, il senatore Donato Bruno (PdL) e la senatrice Doris Lo Moro (Pd), tentano una sintesi delle diverse posizioni, senza però trovare un accordo su due aspetti fondamentali: assegnazione del premio di maggioranza e voto di preferenza.

 

7 novembre 2013 – Al Senato il Pd presenta un ordine del giorno in cui si propone di prevedere un secondo turno di votazioni per l’attribuzione del premio di maggioranza (340 seggi per la Camera e di 170 per il Senato), tra le due coalizioni con maggiori consensi, qualora nessuna di esse raggiunga, al primo turno, la maggioranza assoluta o almeno il 40 o 45 per cento dei voti o dei seggi. L’ordine del giorno è sottoscritto anche da SEL e Scelta Civica. Il Movimento 5 Stelle presenta un proprio ordine del giorno, proponendo un sistema con tanti piccoli collegi dove si eleggono 2 massimo 3 parlamentari con il sistema proporzionale, e con la possibilità di indicare una preferenza in positivo e anche una in negativo. La Lega presenta un ordine del giorno per tornare al Mattarellum.

 

12 novembre 2013 – a Commissione Affari costituzionali del Senato vota l’ordine Ldel giorno del PD, che prevedeva quindi l’introduzione del doppio turno, respingendolo con 15 voti (di cui 4 astensioni, che a Palazzo Madama valgono ‘no’). Per cui il meccanismo del doppio turno può considerarsi virtualmente “’bruciato”.

 

4 dicembre 2013 – Viene annunciata la sentenza della Corte costituzionale che dichiara l’illegittimità costituzionale del “Porcellum”, in particolare per la parte che assegna il premio di maggioranza.

 

5 dicembre 2013 – Il Presidente della Camera, Laura Boldrini, scrive una lettera al Presidente della Commissione Affari Costituzionali, Francesco Paolo Sisto, in cui comunica che la Conferenza dei presidenti di gruppo, nella riunione svoltasi in pari data, ha convenuto – sulla base della dichiarazione di urgenza deliberata all’unanimità il 31 luglio 2013 – di richiedere che la I Commissione iscriva al proprio ordine del giorno i progetti di legge in tema di modifica della legge elettorale. In tale modo, si evidenzia nella lettera, sarà possibile dare applicazione alla procedura prevista dall’articolo 78 del regolamento in base alla quale – essendo in corso l’esame presso il Senato di proposte di legge sulla medesima materia – vengono attivate le possibili intese con il Presidente di quel ramo del Parlamento al fine di stabilire la priorità dell’esame dei provvedimenti tra le due Camere.

 

10 dicembre 2013 – Il Presidente della Commissione Costituzionali della Camera, Francesco Paolo Sisto, incardina in Commissione l’esame delle proposte di legge in materia elettorale.

In serata, nel corso dell’assemblea plenaria dei parlamentari del Pd con il neo segretario Matteo Renzi, arriva l’indicazione per far proseguire l’esame delle proposte in materia elettorale alla Camera.

11 dicembre 2013 – Fonti del Pd confermano che il Capogruppo dei senatori Pd, Luigi Zanda, in giornata comunicherà al presidente Pietro Grasso che la posizione del Gruppo sulla legge elettorale è quella di far proseguire l’iter alla Camera. La senatrice Linda Lanzillotta (Sc) dichiara: “La richiesta di trasferire l’esame della legge elettorale dal Senato alla Camera avanzata al Presidente Grasso dal capogruppo del Pd Zanda, con una sorta di dichiarazione di impotenza e di auto delegittimazione, trova Scelta civica fermamente contraria”.

 

Nel corso della Capigruppo alla Camera, Roberto Speranza, presidente dei deputati del Pd, ribadisce la volontà che sulla legge elettorale si parta dalla Camera.

Dopo la Capigruppo, la Presidente della Camera, Laura Boldrini, scrive al Presidente del Senato, Pietro Grasso: “La Commissione Affari costituzionali ha avviato il 10 dicembre 2013 l’esame delle proposte di legge e delle petizioni che recano disposizioni in materia di elezione della Camera e del Senato, al fine di consentire che siano promosse le possibili intese volte a stabilire quale ramo del Parlamento debba definire in prima lettura il testo del provvedimento”. “I rappresenti dei gruppi – si legge ancora – Pd, M5S, Sel e Fratelli d’Italia si sono espressi perché venda data priorità alla Camera nell’esame dei progetti di legge in materia”. E conclude: “Sottopongo alla sua attenzione tale eventualità […] e resto in attesa di conoscere le se valutazioni in merito”.

 

12 dicembre 2013 – La Commissione Affari Costituzionali del Senato dà parere favorevole al passaggio della legge elettorale alla Camera. La presidente della Commissione, Anna Finocchiaro ha consultato i gruppi e si sono detti favorevoli Pd, Sel e M5S, contrari invece Lega, FI, Ncd, Sc, Autonimisti e Gal. La formalizzazione del passaggio della legge elettorale dal Senato alla Camera avviene nel tardo pomeriggio, a seguito dell’incontro tra i Presidenti Grasso e Boldrini, che spiegano in una nota congiunta che la legge elettorale passa a Montecitorio, mentre il Senato continuerà ad occuparsi delle riforme costituzionali.

E se sulla decisione del passaggio alla Camera il Pd si ricompatta al suo interno, è comunque la maggioranza di Governo a spaccarsi, con Nuovo Centro Destra e Scelta civica nettamente contrari a spostare l’esame della riforma a Montecitorio. Particolarmente “illuminanti” in tal senso le parole di Quagliariello: “I prossimi dieci, quindici giorni, ossia al massimo per la Befana, la maggioranza o trova un accordo sulla legge elettorale o va in crisi e allora ognuno si prenderà le sue responsabilità”.

 

2 gennaio 2014 – Matteo Renzi scrive una lettera ai leader dei principali partiti italiani per sollecitare l’approvazione di alcune riforme istituzionali e fa tre proposte sulla legge elettorale: doppio turno come i sindaci, modello spagnolo con premio di maggioranza e circoscrizioni piccole, rivisitazione della legge Mattarella con premio di maggioranza al posto del recupero proporzionale. La dei Commissione Affari costituzionali della Camera deputati è chiamata ad esaminare le proposte di legge in materia elettorale a partire dalla ripresa dei lavori dopo la pausa di Capodanno. Si partirà nuovamente dalle dei audizioni soggetti non sentiti nel corso dell’esame al , e segnalati dai Gruppi parlamentari a Senato fine dicembre.

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 03/01/2014”