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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Milano Finanza’): “Europa, eppur si muove. Questa deve essere la volta buona per fare. Altrimenti è finita per tutti”

 

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L’Europa, pian piano, si muove. Certamente ancora troppo lentamente, in maniera molto imperfetta ma ha iniziato a mettersi in moto. Come tutte le istituzioni democratiche, la lentezza e l’imperfezione dei meccanismi decisionali sono il prezzo da pagare. Ma, come sosteneva Whinston Churchill, “la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora”. Di passi in avanti, nelle ultime settimane, le istituzioni europee ne hanno fatti. La Banca Centrale Europea, dopo un primo tentennamento e qualche gaffe da parte della governatrice Christine Lagarde si è messa sulla giusta strada, dando il via al suo whatever it takes da 750 miliardi di euro, mettendo in campo molti strumenti presenti nel suo toolkit, dall’acquisto dei titoli di Stato alle aste di liquidità (cosiddette TLTRO), oltre che all’allentamento delle normative bancarie su prestiti e NPL, per fare in modo che la maggior liquidità immessa nel sistema si possa trasferire all’economia reale. Un enorme bazooka monetario che serve anche da garanzia nei confronti dei titoli di Stato dei paesi più in difficoltà.

Anche il Parlamento Europeo ha finalmente battuto un colpo, nella proposta avanzata congiuntamente dai gruppi popolare, socialista, liberale e dei verdi, di trasformare il MES, il famoso fondo “salva stati”, in un fondo “salva Europa”, ovvero non più indirizzato ai singoli stati in difficoltà ma all’intera Europa, utilizzando il suo potenziale bazooka da 410 miliardi di euro, dei quali 80 miliardi subito disponibili. Per farlo occorre superare le resistenze dei paesi del Nord Europa, che ancora si oppongono alla mutualizzazione del debito dei singoli stati e all’emissione di titoli di stato di livello europeo, i famosi eurobond, o di titoli alternativi pensati su misura per la crisi. E’ questa una negoziazione nella quale l’Italia dovrà assumere necessariamente un ruolo di leadership, convincendo gli altri paesi della necessità di accantonare definitivamente il paradigma della condizionalità nella concessione dei fondi. D’altronde, il toolkit del MES è già particolarmente fornito: dalla possibilità di acquistare titoli di stato sui mercati primari e secondari, alla possibilità di aprire linee di credito dedicate o di procedere alla ricapitalizzazione diretta di banche e aziende.

L’altro passo fondamentale compiuto è quello di procedere alla sospensione delle regole europee di finanza pubblica, come affermato anche dalla presidentessa della Commissione Europea Ursula von der Leyen. In una situazione d’emergenza, i trattati europei e i percorsi di convergenza verso l’obiettivo di medio periodo devono essere saggiamente sospesi, per dare agli Stati l’opportunità di attivare i loro bazooka nazionali, ovvero delle politiche fiscali espansive volte al sostenimento del reddito per le famiglie che hanno perso il lavoro e per le imprese che sono entrate in crisi di vendite e di liquidità. Come insegnano i libri di economia, la soluzione di una crisi economica non può essere solamente affidata alle politiche monetarie. Occorrono anche politiche fiscali espansive, in maniera che si crei un ottimo “policy mix” che permetta alla liquidità di tradursi in maggior crescita. La possibilità di utilizzare in maniera sincronizzata questi tre bazooka, ai quali bisognerebbe aggiungere anche quello dei fondi europei finora inutilizzati, e della Banca Europea degli Investimenti, anch’essa dotata di un toolkit molto ampio, fornisce all’Europa quella liquidità necessaria per poter superare la crisi. Senza dimenticare la possibilità di attivare un grande piano Marshall europeo, un programma da almeno 2.000 miliardi di euro su scala europea per la costruzioni di infrastrutture comunitarie e il finanziamento di grossi progetti di ricerca e sviluppo di matrice comunitaria. Sarebbe, infine, importante che le istituzioni di vigilanza sui mercati finanziari europei, sotto la regia dell’ESMA, aumentassero il loro livello di compartecipazione decisionale per evitare che si verifichino eccessi di speculazione sui mercati. L’esempio del divieto coordinato di vendite allo scoperto (naked short selling), avviato dalla Consob e seguito da altri paesi è calzante. Così come una maggior vigilanza occorrerebbe anche sulla questione della tutela delle “golden share” da parte dei governi, misure che diversi paesi stanno prendendo per evitare di vedere le proprie industrie strategiche essere conquistate solo grazie alla speculazione ribassista dai corporate raiders. Il coordinamento sempre maggiore tra gli stati membri nei vari passaggi del processo decisionale, dettato da questa situazione contingente, può quindi essere determinante per dare una accelerazione a quell’unità politica dell’Europa che finora è sempre mancata.