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R.BRUNETTA (Intervista a ‘La Stampa’): “Pronti alle riforme, ma questo Governo è troppo debole”

 

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Bisogna decidere insieme e limitare anche gli interventi sulle libertà individuali 

 

Renato Brunetta, ex ministro e parlamentare di Forza Italia, la riflessione di Giuseppe Sala ricorda il poeta Virgilio quando, nelle Egloghe, esorta: “Paulo maiora canamus”. Che potremmo tradurre: «Alziamo il livello della discussione».

E poi cos’altro? 

«Mi richiama pure alla mente il Machiavelli quando, esiliato da Firenze, si “ingaglioffava” giocando alle carte. In questi giorni siamo tutti un po’ ingaglioffati dalla necessità di sopravvivere, e il sindaco di Milano è più di tutti immerso nel dramma della quotidianità. Eppure lui riesce già a proiettarsi nel futuro, nel post-emergenza, nelle riforme necessarie per ammodernare l’Italia. Il che, lo affermo senza alcuna ironia, mi risolleva d’animo».

Le sembra l’atteggiamento giusto? 

«Sì, con un’avvertenza: il domani di cui parla si costruisce adesso. Altrimenti slegare i momenti del prima e del dopo rischia di diventare una fuga in avanti politicamente sbagliata».

Sbagliata in che senso? Ci faccia capire.

«Sala cita i padri costituenti, che dopo la guerra sommarono le forze per fondare la Repubblica. Ma io segnalo che loro non si limitarono a scrivere insieme la Costituzione: mentre progettavano il domani stavano bene attenti a governare il presente, e fino al 1948 lo fecero in uno spirito unitario».

Cioè la fase costituente avviata da subito?

«Esatto. La premessa per modernizzare il Paese è che questo momento venga condiviso immediatamente. Che pur nella distinzione dei ruoli tra governo e opposizione certe decisioni vengano adottate insieme. C’è bisogno della massima unità, e io l’avverto dentro di me: sono contro questa maggioranza, ma come tutto il centrodestra ho votato il primo scostamento di bilancio da 25 miliardi per fronteggiare l’emergenza. Con spirito costruttivo ho partecipato, da sherpa, agli incontri con i ministri Gualtieri e D’Incà. A nome di Forza Italia ho chiesto al premier di convocare i leader dell’opposizione perché serve una cabina di regia sulle urgenze di oggi».

Per fare cosa? 

«Primo: fissare un metodo di lavoro comune. Secondo: condividere tempi e modalità della manovra economica. Terzo: fissare un doppio relatore per tutti i provvedimenti. Quarto: delimitare insieme gli interventi sulle libertà individuali che rischiano di venire compresse in maniera insopportabile. Quinto: discutere a fondo la strategia europea, al di là delle battute pur condivisibili sul “sennò facciamo da soli”. Se tutto ciò avvenisse, già saremmo in modalità costituente. Ma il mio dubbio è un altro».

Quale? 

«Che questa maggioranza e questo governo non siano sufficientemente forti per poter dialogare con l’opposizione».

Lo teme o se lo augura? 

«Lo temo, perché in quel caso Conte sarebbe spinto dalla propria debolezza, e dalla paura di confrontarsi, a ignorare la nostra mano tesa. Il che vanificherebbe i buoni propositi indicati da Sala sulle riforme delle autonomie e della giustizia, sulla lotta alla cattiva burocrazia che io conducevo tanti anni fa da ministro quando la sinistra mi dava contro. E a questo riguardo mi permetto di correggere amichevolmente il sindaco: la nostra macchina amministrativa non è rimasta al secolo scorso, ma a due secoli fa, alla sua matrice ottocentesca e tardo-borbonica».

Ma ci sarebbe abbastanza tempo, di qui alle prossime elezioni, per metter mano alle riforme? 

«Perché no? Con lo spirito giusto, tre anni sarebbero sufficienti. Tra l’altro permetterebbero di evitare che il taglio, auto-lesionistico e umiliante per la democrazia, dei parlamentari rappresenti l’unica traccia che questa legislatura lascerà di sé».