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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Milano Finanza’): “Ecco come tornare gradualmente al lavoro: il tampone-patente”

 

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Una proposta al governo per creare un insieme di persone negative al virus in grado di uscire dalla quarantena e far ripartire il Paese

 

LEGGI L’EDITORIALE

 

LA PATENTE

Se si va per mare occorre la patente nautica; se si va per strada quella automobilistica; se si va a piedi serve la patente di cittadino o il permesso di soggiorno. In una situazione di emergenza come questa, dopo un mese di lockdown e per riavviare la normalità della vita sociale ed economica, dopo l’azzeramento della curva dei nuovi contagi e al fine di evitare nuovi focolai da una indistinta riapertura di tutte le attività economiche e sociali, occorrerebbe un riavvio “mirato ed intelligente” delle funzioni di mobilità, dotando i cittadini di una sorta di patente – e lo dico con un po’ di ironia – per riprendere la vita normale; una sorta di certificazione che attesti di aver fatto i 14 giorni di quarantena e di aver effettuato un tampone, risultato ovviamente negativo.

Per coloro che non abbiano potuto e non possono fare i 14 giorni di autoconfinamento (soprattutto gli addetti alla sanità ed altri), si dovrebbero fare tamponi periodici, in maniera tale da avere la certezza che siano esenti da virus. Per tutti gli altri: quarantena, tampone e poi mobilità.

Ma procediamo con ordine.

 

CENSIRE I “MONATTI” BUONI

Occorrerebbe un preciso, puntuale ed esaustivo censimento di tutti coloro i quali hanno avuto l’infezione da coronavirus, e cioè di tutti quelli che sono stati contagiati, hanno subito la malattia e sono, ovviamente, guariti. Nel presupposto (non ancora scientificamente del tutto confermato) che chi abbia avuto la malattia sia diventato poi immune da eventuali ricadute.

Su questo presupposto, si identifica un sottoinsieme fondamentale per la ripartenza: quello degli immuni (o auspicabilmente tali). Non sappiamo ancora quanti sono, ma certamente una fetta importante della popolazione, certamente alcune centinaia di migliaia, forse alcuni milioni. Una identificazione per campione che non sarebbe difficile fare, almeno per quelli che sono passati, direttamente o indirettamente, dal Servizio Sanitario Nazionale (curati in ospedale e/o a casa).

 

CERTIFICARE E PATENTARE CON ENCOMIO I NOSTRI EROI CIVILI

Una doppia patente dovrebbe essere innanzitutto obbligatoria per tutte le categorie di lavoratori impegnati attualmente a prestare le loro attività in servizi fondamentali per la vita del Paese (addetti al servizio sanitario e ai sistemi di sicurezza, alle Forze dell’Ordine, addetti alla distribuzione commerciale food e ai trasporti, tutti gli eletti nelle assemblee politiche), tutti coloro, cioè, che sono stati chiamati a svolgere le loro funzioni essenziali per la vita di tutti gli altri cittadini.

 

PATENTE PER TUTTI I BLOCCATI IN CASA

A tutti coloro che avessero ottemperato correttamente al confinamento in casa per 14 giorni continuativi con serietà, responsabilità e in maniera verificabile, senza avere avuto nessun sintomo, dovrebbe essere effettuato un tampone per conferire loro la patente di mobilità, ovviamente se il test è negativo. Avrebbero, cioè, una doppia patente, vale a dire la certificazione di 14 giorni di eventuale e potenziale incubazione senza aver contratto il virus e tampone (per la certezza di individuare anche gli asintomatici). Infine certificazione della non pericolosità rispetto al contagio.

Questa categoria sarebbe, come dire, due volte patentata e sicura per ricominciare la propria mobilità sociale, economica, professionale e culturale.

Questo insieme di individui avrebbe, in sostanza, la patente per poter nuovamente circolare in piena sicurezza, ovvero tutte le persone bloccate dal lockdown da un mese e più e che, pur non appartenendo alle categorie impegnate nei servizi fondamentali per la vita del Paese, vogliono cominciare, giustamente e legittimamente, a vivere, a produrre, ad avere relazioni sociali con il mondo esterno (secondo recenti stime, almeno 10 milioni di forze di lavoro e più dei 2/3 della popolazione, attiva e non attiva).

Tutte queste persone, oggi bloccate in casa, dovrebbero avere il diritto/dovere di produrre la loro patente, opportunamente assistiti dagli organi dello Stato e dal Servizio Sanitario Nazionale, e cioè, prima di essere autorizzati a superare il lockdown, a dimostrare i loro 14 giorni di autoconfinamento e di aver effettuato un tampone, risultato negativo.

Sarebbero a questo punto autorizzati alla mobilità. Il sistema si rimetterebbe, così, progressivamente in moto. Riaprirebbero le aziende, attualmente chiuse, dopo aver certificato la patente per i propri dipendenti. Riaprirebbero i centri commerciali. Riaprirebbero le scuole, le università, gli uffici pubblici, gli artigiani, i commercianti e tutto il mondo del lavoro autonomo. Il mondo dello sport e del tempo libero, magari con alcune cautele.

Riassumendo: partendo dall’individuazione di quel patrimonio di immuni (di centinaia di migliaia o milioni di immuni contagiati e guariti), per poi passare a coloro i quali per ragioni di lavoro hanno avuto la straordinaria incombenza di rimanere al servizio degli altri, per poi passare, infine, a tutto il resto della popolazione, attiva e non attiva, ci troveremo di fronte a quote crescenti di popolazione che farebbero ripartire intelligentemente e in totale sicurezza il Paese.

 

NON BUTTARE VIA LE PROSSIME DUE SETTIMANE DI LOCKDOWN

Se si usassero i prossimi 14 giorni di probabile ulteriore lockdown per fare tutte queste verifiche sui singoli sottoinsiemi di popolazione (come consiglia il presidente della Regione Veneto Luca Zaia con l’utilizzo di sistemi automatizzati per la certificazione rapida degli immuni attraverso l’effettuazione di migliaia di test sierologici al giorno e come pare che il Governo stia progettando con sistemi di monitoraggio dell’epidemia attraverso l’utilizzo della geolocalizzazione per controllare gli spostamenti delle persone, al fine di rallentare l’espansione del virus), molto probabilmente ragioneremmo con effettività e chiarezza sul ripristino della normalità economica, sociale, psicologica, culturale, affettiva e civile del nostro Paese, senza fughe in avanti, senza salti nel buio, senza pericoli di ricadute, ma con un sistema finalmente in grado di conoscere l’impatto del virus, anche dal punto di vista statistico ed epidemiologico, sulla nostra popolazione, nonché l’impatto delle misure di confinamento e blocco finora adottate. Una tale strategia andrebbe ovviamente affinata in progress e sarebbe utilizzabile anche per ulteriori ed eventuali (Dio ce ne scampi!) emergenze.