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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Milano Finanza’): “Liquidità alle imprese ai tempi del Covid-19: ecco quanto fatto in tutta Europa”

 

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DECRETO LIQUIDITÀ: SALVA IMPRESE O SALVA BANCHE?

 Vediamo di fare un po’ di chiarezza. In principio vi è l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, che disciplina gli aiuti di Stato degli Stati membri, all’interno delle norme relative alla concorrenza del mercato unico. Da questo nascono i regolamenti attuativi che la Commissione ha via via emanato nel corso degli anni. Il Temporary Framework, predisposto lo scorso 19 marzo, sempre dalla Commissione e poi successivamente emendato il 2 aprile, è una comunicazione con la quale l’Esecutivo comunitario ha dichiarato che le norme sugli aiuti di Stato contenuti nella legislazione comunitaria sono temporaneamente derogati.

Queste due comunicazioni sono la base del recente Decreto Credito approvato dal governo Conte. Il quadro di riferimento temporaneo riconosce che l’intera economia dell’UE sta subendo gravi perturbazioni e consente, quindi, agli Stati membri di utilizzare la piena flessibilità prevista dalle norme sugli aiuti di Stato per sostenere l’economia, limitando nel contempo le conseguenze negative alla parità di condizioni nel mercato unico.

L’obiettivo del framework è, dunque, consentire agli Stati membri di accelerare la ricerca, la sperimentazione e la produzione di prodotti rilevanti per contrastare il coronavirus, per proteggere i posti di lavoro e per sostenere ulteriormente l’economia nel contesto dell’epidemia. Il Quadro di Riferimento Temporaneo modificato integra, inoltre, le molte altre possibilità già disponibili agli Stati membri per mitigare l’impatto socio-economico dell’epidemia, in linea con le norme UE sugli aiuti di Stato.

L’emendamento di modifica estende il quadro di riferimento temporaneo prevedendo altri cinque tipi di misure di aiuto:

 

i) Sostegno alla ricerca e sviluppo (R&S) in materia di coronavirus.

ii) Sostegno per la costruzione e l’ampliamento degli impianti di sperimentazione.

iii) Sostegno alla produzione di prodotti rilevanti per affrontare l’epidemia di coronavirus.

iv) Sostegno mirato sotto forma di differimento del pagamento delle imposte e/o di sospensione dei contributi previdenziali.

v) Sostegno mirato sotto forma di sussidi salariali per i lavoratori dipendenti.

 

La modifica del Quadro di riferimento temporaneo amplia anche i tipi di sostegno esistenti che gli Stati membri possono fornire alle imprese che ne hanno bisogno. Ad esempio, consente di concedere, fino al valore nominale di 800.000 euro per impresa, prestiti a tasso zero, garanzie su prestiti che coprono il 100% del rischio o fornire capitale proprio. Ciò può essere combinato anche con i cosiddetti aiuti de minimis (per portare l’aiuto per impresa fino a 1 milione di euro) e con altri tipi di aiuti. È particolarmente utile per far fronte alle urgenti esigenze di liquidità delle piccole e medie imprese in un’ottica di rapidità di intervento.

È importante sottolineare che la Commissione Europea ha addossato il costo degli interventi ai soli bilanci nazionali, ricordando la limitata dimensione del bilancio comunitario. I singoli Paesi membri hanno quindi dovuto reperire risorse finanziarie nei loro bilanci statali per recepire il nuovo regime comunitario.

 

La Germania, attraverso il nuovo Fondo per la stabilizzazione economica (Wsf) e il Kfw (l’Istituto di credito per la ricostruzione, assimilabile alla nostra Cassa depositi e prestiti) ha aumentato lo stanziamento e l’estensione dell’accesso alle garanzie sui prestiti pubblici per le imprese, per un budget pari a circa 822 miliardi di euro (24% del Pil tedesco). Il Fondo stanzia 600 miliardi per sostenere le grandi aziende. Di questi, 400 miliardi sono garanzie per i debiti di imprese colpite dalla crisi; 100 miliardi sono prestiti o investimenti azionari nelle imprese e altri 100 miliardi per sostenere il Kfw. Oltre all’accesso al fondo, se necessario, le grandi aziende potranno essere nazionalizzate e parte delle somme stanziate saranno accantonate in un “fondo di disponibilità” generale.

 

La Francia ha modificato la legge finanziaria 2020, con la legge 2020-289 del 23 marzo, che prevede che lo Stato possa accordare delle garanzie sui crediti concessi dalle società finanziarie alle imprese non finanziarie, fino al termine dell’anno. La normativa consente alle banche di sostenere la liquidità delle imprese colpite dall’emergenza. La garanzia si esercita sul capitale, gli interessi e le spese accessorie fino a un ammontare totale di 300 miliardi di euro. La legge autorizza, inoltre, la Cassa centrale di riassicurazione a eseguire operazioni di assicurazione e riassicurazione, con la garanzia dello Stato dei rischi di assicurazione e di credito che gravano sulle piccole e medie imprese. La garanzia statale è concessa fino a un massimo di 10 miliardi di euro.

 

La Spagna ha aumentato fino a 100 miliardi di euro l’ammontare delle garanzie pubbliche sui prestiti alle imprese e ai lavoratori autonomi, approvando due schemi di garanzia pubblica per nuovi prestiti e operazioni di rifinanziamento diretti. Il primo alle Pmi e lavoratori autonomi, il secondo alle imprese di grandi dimensioni, del valore di circa 20 miliardi. Il Governo ha anche aumentato fino a 2 miliardi l’ammontare di garanzie pubbliche concesse agli esportatori dalla Società spagnola di assicurazione del credito all’esportazione. Sono state, infine, aumentate le garanzie per favorire l’estensione della durata dei prestiti agli agricoltori usando le linee di credito attivate in occasione della siccità del 2017. Queste misure potrebbero consentire di mobilitare fino a 83 miliardi di liquidità a supporto delle imprese attraverso il settore finanziario privato.

 

L’Italia ha recepito il nuovo regime di aiuti europeo attraverso il Decreto legge 8 aprile 2020 n. 23 recante “Misure urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché interventi in materia di salute e di lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali”.

Il decreto prevede una serie di misure per garantire liquidità alle imprese e l’operatività delle stesse, prorogare i versamenti erariali e contributivi e rafforzare la capacità di resilienza del tessuto produttivo, anche rispetto ad “acquisti predatori”. Più in dettaglio, il decreto ha 4 principali finalità:

 

A.       Il sostegno alla liquidità, mobilitando 400 miliardi di garanzie per il supporto delle imprese e dell’export, anche potenziando il Fondo di garanzia per le PMI. In particolare: i) viene rafforzato l’intervento del Fondo di garanzia a sostegno di PMI e mid cap. Considerate le risorse già stanziate, il Fondo potrebbe arrivare a garantire nel 2020 finanziamenti per circa 65 miliardi; ii) si prevede un nuovo intervento di garanzia di SACE a copertura dei finanziamenti bancari concessi alle grandi imprese e alle PMI che abbiano esaurito la propria capacità di accesso al Fondo. Sono previste garanzie per 200 miliardi di finanziamenti; iii) viene modificato il funzionamento dell’intervento di SACE per potenziare il sostegno pubblico all’esportazione delle imprese. L’intervento libererà, secondo le stime del Governo, fino a ulteriori 200 miliardi di risorse da destinare al potenziamento dell’export.

B.       Interventi di natura fiscale, sospendendo ulteriormente i versamenti tributari e contributivi. Questo capitolo affronta certamente alcuni tra i temi più urgenti, ma è carente delle misure, pur richieste, volte ad accelerare l’utilizzo o il recupero dei crediti di imposta, o di quelle necessarie a garantire ai dipendenti la disponibilità piena di premi o sussidi eccezionalmente erogati, ovvero ancora di misure di semplificazione che alleggeriscano l’operatività delle imprese da compiti e oneri insostenibili, specie in questa fase.

C.       La garanzia della continuità aziendale, attraverso un pacchetto di misure che impattano sul diritto societario e su quello concorsuale, nonché il rinvio di un anno dell’entrata in vigore del Codice della Crisi e dell’Insolvenza (rinvio calendarizzato al 1° settembre 2021).

D.      Il rafforzamento della disciplina dei poteri speciali nei settori di rilevanza strategica. In particolare, le misure in tema di poteri speciali puntano ad ampliare le prerogative del Governo, estendendo l’ambito applicativo dei Golden Power a tutti i settori ritenuti di rilevanza strategica dalla disciplina europea sullo screening degli investimenti esteri diretti e anche a investimenti effettuati da soggetti appartenenti all’Unione europea.

 

Dopo questa lunghissima ma necessaria premessa, di cui ci scusiamo, quali amare considerazioni trarre?

Innanzitutto, il Governo è riuscito a scrivere in pochi giorni un decreto che doveva servire per dare liquidità alle imprese, per pagare fornitori e dipendenti in un decreto che essenzialmente offre garanzie alle banche per ristrutturare le esposizioni già esistenti e non garantite, sostituendole con le nuove garantite e con un obbligo di finanza incrementale di appena il 10% su Fondo PMI e nemmeno quantificato sul versante SACE.

Se così fosse, sembra più un salvabanche che un salvaimprese.

Inoltre, la decantata potenza di fuoco nel decreto liquidità non c’è o se c’è è ben nascosta. Non ci sono risorse nuove o ulteriori. Nel testo pubblicato ci sono 984 milioni a copertura, presi dal Fondo di riserva per le garanzie rilasciate dallo Stato. Essendo garanzie a copertura delle operazioni Sace, al massimo si garantiranno 16-20 miliardi di crediti, non i 200 pure annunciati nell’articolato. Per il Fondo garanzia PMI non ci sono ulteriori coperture, quindi anche qui i 200 miliardi di garanzie alle piccole e medie imprese al momento non ci sono perché mancano nuove coperture finanziarie.

Ci si chiede poi perché la durata del finanziamento sia solo di 6 anni e non almeno 10, un periodo troppo breve a fronte della grave crisi di liquidità delle imprese.

Perché poi la garanzia non copre il 100 per cento del finanziamento? Cosa succede se l’impresa non riesce a coprire la percentuale restante del 10, 20 o 30 per cento? I tassi saranno agevolati? E se sì, chi pagherà la differenza con quelli di mercato, ancorché ridotti in ragione della garanzia dello Stato?

Sarebbe bene, su questo punto, essere chiari. Perché, poi, si sono lasciate fuori dall’intervento le imprese già in difficoltà economica, che non possono accedere ai finanziamenti? Molte imprese rimarranno fuori e saranno destinate al fallimento. L’intero impianto normativo è poi condizionato alla approvazione da parte della Commissione UE ai sensi dell’art 108 del Trattato UE (aiuti di Stato): ci chiediamo quindi se il Governo si è adoperato per avere una risposta tempestiva da Bruxelles. Altrimenti rimarrà tutto sulla carta. Ma soprattutto: quanto dureranno le istruttorie presso le banche per concedere i finanziamenti? Perché il Governo non ha chiuso preventivamente un accordo con l’ABI per garantirsi su base consensuale procedure semplificate e celeri per le pratiche di finanziamento? Se ci vorranno dai 20 ai 30 giorni per avere il credito, quante imprese chiederanno i battenti?

Confindustria segnala che non è stata sfruttata appieno l’opportunità fornita dal Temporary Framework sugli aiuti di prestare garanzie sui finanziamenti fino al 100% (pur con limitazioni). In particolare, sono state previste coperture da parte del Fondo di Garanzia per le PMI al 100%, ma solo per finanziamenti fino a 25mila euro. Si dovrà ora accertare con quali tempi le nuove misure, che introducono diverse tipologie di coperture e alcune complessità, saranno rese operative, anche considerata la necessità per le banche di rivedere le loro procedure.

Per quanto riguarda la garanzia SACE, andranno verificati i tempi effettivi di messa in funzione. L’intervento, per la cui attivazione servono comunque dei decreti di natura non regolamentare, richiede infatti tempo per mettere in piedi una procedura nuova e per l’apprendimento da parte di banche e intermediari finanziari, che dovranno attrezzarsi per applicare i nuovi processi.

È comunque essenziale che la misura sia disponibile per le imprese con la massima tempestività. Inoltre, va superata la previsione in base alla quale, per beneficiare della garanzia SACE, le imprese si debbano impegnare a gestire i livelli occupazionali attraverso accordi sindacali: si tratta di una materia già disciplinata da norma di legge ed è essenziale evitare di introdurre disposizioni che possano spiazzare l’efficacia dell’intervento ingessando l’attività d’imprese, come rilevato da Confindustria. Con l’amara sensazione che il temporary framework non sia stato utilizzato al meglio e appieno e che abbia prevalso ancora una volta, nel nostro Paese, la miopia burocratica e l’atavica diffidenza delle istituzioni ministeriali verso il mondo delle imprese. E qui ci fermiamo. Per il momento. In attesa dell’ok definitivo della UE, di vedere l’auspicato accordo con l’ABI con la relativa tempistica procedurale e di attuazione. In attesa delle nuove definitive moratorie fiscali e contributive per non veder vanificata già a maggio-giugno la liquidità che auspicabilmente sarà concessa. In attesa, in altri termini, che l’attuazione del decreto liquidità imiti Germania, Francia e Spagna (la Svizzera è pretendere troppo). I primi passi non lasciano ben sperare. In ogni caso, il passaggio parlamentare dovrà fare chiarezza, sui tanti, troppi punti oscuri. Ne va della sopravvivenza non solo del nostro tessuto economico e produttivo, ma della nostra stessa democrazia rappresentativa.