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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Milano Finanza’): “Cura antivirus: anticipo a giugno della Legge di Bilancio. E il Tesoro raddoppi le emissioni”

 

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Attraverso due comunicati, la Commissione Europea ha reso noto ieri di aver approvato lo schema di aiuti finanziari varato dal Governo italiano per fronteggiare la crisi economica che stanno attraversando le imprese e il mondo del lavoro autonomo (artigiani, commercianti, liberi professionisti). Come si legge nei testi della Commissione, il decreto Liquidità è stato approvato nel rispetto del Quadro Temporaneo sugli aiuti di Stato adottato dalla Commissione il 19 marzo ed emendato il 3 aprile, il Temporary Framework che deroga alla disciplina di base sugli aiuti di Stato contenuta nel Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e suoi successivi regolamenti.
In verità, il quadro europeo avrebbe consentito di ottenere l’autorizzazione con garanzie statali del 100% su finanziamenti fino a 800.000 euro, ma il Governo italiano ha scelto di non sfruttare per intero questa possibilità a favore delle PMI.
Subito dopo l’emanazione dei due comunicati, l’Abi (Associazione Bancaria Italiana), con lettera circolare diffusa a tutti gli associati, ha comunicato alle banche l’autorizzazione della Commissione, condizione necessaria per rendere operative le importanti misure a sostegno della liquidità delle imprese. Vista l’estrema necessità e urgenza di darne immediata applicazione da parte delle banche, sono stati forniti, in allegato alla lettera circolare, i documenti e i comunicati stampa della Commissione europea. L’ABI ha ricordato, tra le altre cose, che l’autorizzazione della Commissione rappresenta un importante passaggio propedeutico per la piena operatività delle misure previste, soprattutto relative all’art. 1 (garanzia SACE) e art. 13 (Fondo di Garanzia PMI) del Decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020.
Sarebbe interessante un confronto serio sul fatto che una settimana fa il Governo ha illustrato con grande enfasi garanzie in grado di movimentare 400 miliardi di liquidità, mentre, andando a leggere con attenzione l’articolato del Decreto, ne stava mettendo in campo molti di meno. L’art. 1 co. 14 del Decreto Liquidità stanzia 1 miliardo e, come precisato dalla norma stessa e dalla Relazione tecnica all’art. 2, tale Fondo riguarda sia l’attività “temporanea” fino a un massimo dei primi 200 miliardi, sia l’attività “a regime” fino a un massimo dei secondi 200 miliardi.
E’ esattamente questo il punto. Attualmente, infatti, lo ricordiamo, il Governo ha stanziato solamente 1 miliardo nel Fondo da cui SACE dovrebbe trarre garanzie fino a 400 miliardi che stanno solo nella lettera della norma, cui si aggiungono gli 1,7 miliardi aggiuntivi stanziati nel Fondo centrale di garanzia per le PMI.
Se queste sono le cifre, occorrerebbe evidentemente aumentare di almeno 10 volte le risorse già stanziate per arrivare all’obiettivo tanto sbandierato dall’Esecutivo. Mancano, quindi, ancora 25-30 miliardi, a titolo di indebitamento e di saldo netto da finanziare (per le garanzie SACE). Solo con queste risorse complessive e ipotizzando la stessa leva finanziaria, si arriverebbe per lo meno ai 400 miliardi obiettivo del Governo. Cifra questa che noi avevamo ipotizzato fin dal primo momento, venendo però contraddetti dal Governo col suo minimalismo di copertura nel Decreto Liquidità. Evidentemente l’operazione è stata pensata in due tempi: prima il decreto con annessi e connessi normativi, con un cip di copertura, poi il resto, dentro il nuovo discostamento.
Facciamo allora quattro conti sul retro di una busta. Se il Governo mettesse in campo tutte queste risorse per le garanzie e aggiungesse la non più procrastinabile moratoria fino a fine anno di Irpef, Irap e altre forme di prelievo fiscale, con ulteriori 25 miliardi a copertura, si arriverebbe a 50-55 miliardi di scostamento da votare. A questi andrebbero aggiunti altri 25-30 miliardi, che dovrebbero essere utilizzati per risarcire (i mancati profitti) l’intero lavoro autonomo che è stato costretto a chiudere a causa della crisi. Arriviamo così ai 75 miliardi necessari da votare come scostamento entro il mese di aprile, proprio per completare il finanziamento e la copertura della fase emergenziale. A questi miliardi messi in campo dall’Italia andrebbero sommati quelli garantiti dai 4 pilastri europei che sono in fase di definizione. Il SURE, con la sua dote (finora solo annunciata) di 100 miliardi; il MES (per l’Italia le risorse potenziali sono pari al 2% del Pil, ovvero 36-37 miliardi), la BEI, in grado di emettere garanzie per le imprese, per un totale di 200 miliardi e il fondo di ricostruzione con dote (anche in questo caso solo annunciata) di 500 miliardi. I 4 pilastri dovrebbero servire a rabboccare quanto già previsto dalla nostra decretazione di emergenza, la cassa integrazione e in generale gli ammortizzatori sociali (SURE), le spese straordinarie per la sanità (MES), ulteriori garanzie per le imprese (BEI) e i fondi per la ricostruzione (Recovery Fund).
Questo il quadro che un Esecutivo degno di questo nome dovrebbe rappresentare al Paese, attraverso decreti credibili, la pubblicazione entro aprile del Documento di Economia e Finanza e la prossima Legge di bilancio, da anticipare auspicabilmente a giugno. Riassumendo, 100 miliardi complessivi di scostamento per l’emergenza (75 da votare entro aprile, dopo i 25 già votati a marzo); il DEF da predisporre e votare sempre entro aprile; la Legge di bilancio per il 2021 anticipata a giugno. A garanzia di questa strategia, ricordiamo che ci sono i 750 miliardi di Quantitative Easing della BCE (con l’appendice “senza limiti”), fino a fine anno, in grado di tenere bassi gli spread e i rendimenti di emissione dei titoli di Stato.
Lo ripetiamo. Tra aprile, maggio e giugno occorre chiudere la partita. Il Documento di Economia e Finanza dovrà sincronizzarsi con le tre fasi di gestioni della crisi, in maniera da dare certezze a famiglie e imprese. In questo trimestre di primavera arriveranno inoltre i primi dati macro e di finanza pubblica, come quelli sul calo della produzione e del Pil, l’andamento del gettito fiscale e contributivo, il tiraggio della cassa integrazione, ovvero cominceremo ad avere i primi dati reali della crisi. Inizieremo a vedere se questi saranno in linea con le previsioni negative dei principali istituti di previsione, oppure se ci saranno delle sorprese in positivo, e cioè se si osserverà che il lockdown sarà stato soltanto parziale, così come la caduta della produzione. Se, inoltre, a maggio comincerà la fine del lockdown, cominceremo a vederne gli effetti già dal mese successivo, condizione per poter anticipare la Legge di Bilancio a giugno, come dicevamo, in maniera da concludere la fase di decretazione di emergenza e mettere in sicurezza il 2021. Tra maggio e giugno potremmo inoltre osservare il totale dispiegarsi dell’azione della UE con i suoi 4 pilastri bazooka, più il superbazooka del Quantitative Easing della BCE. Quattro pilastri che dovranno essere opportunamente resi complementari all’azione interna della decretazione emergenziale, con copertura, come abbiamo visto, assolutamente da definirsi a livello di 100 miliardi. Sempre tra aprile e giugno e nei mesi successivi, il Tesoro dovrà decidere poi la sua strategia per le prossime aste, per almeno raddoppiarne l’entità rispetto al normale rinnovo dei titoli, con l’ombrello della BCE, con lo spread sotto i 200 punti base e i rendimenti sotto controllo.
Quello che noi abbiamo chiamato “mettere al più presto il fieno in cascina”, per quanto riguarda la fase emergenziale (100 miliardi), in attesa dei pilastri europei complementari e strategici. Questo impianto politico, programmatico, economico e finanziario dovrebbe essere comunicato esplicitamente agli italiani, dopo esser stato dibattuto e approvato in Parlamento. Deve finire la logica dell’operare “giorno per giorno” e del navigare a vista. Abbiamo a disposizione un trimestre (aprile, maggio e giugno), la nostra primavera. Non dobbiamo sprecarlo in polemiche inutili o in guerre per bande. Ne va della salvezza delle nostre istituzioni democratiche e del nostro Paese.