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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Milano Finanza’): “Come è nato quel pasticciaccio brutto al Parlamento Ue sui Recovery bond”

 

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Perché la Commissione europea è stata invitata a proporre un massiccio pacchetto di investimenti per la ripresa e la ricostruzione a sostegno dell’economia europea dopo la crisi, ma che vadano oltre il Mes e le divisioni politiche

 

Facciamo un po’ di chiarezza su quanto avvenuto ieri al Parlamento Europeo, relativamente alla votazione sulla risoluzione in tema di risposta europea per superare le conseguenze economiche e sociali della crisi, risoluzione approvata ieri con 395 voti a favore e sostenuta dai principali gruppi che formano la maggioranza di Ursula Von der Leyen (popolari, socialista e liberali). In particolare, Pd, Forza Italia e Italia Viva hanno votato a favore della risoluzione. Lega e Fratelli d’Italia si sono espressi contro insieme a tre eurodeputati del Movimento 5 stelle, mentre la maggioranza degli eurodeputati pentastellati si è invece astenuta. A livello dei gruppi politici, la stragrande maggioranza del Ppe (tranne 27 astenuti), S&D (3 astenuti) e Renew Europe (16 astenuti e due contrari) hanno votato a favore. I verdi invece si sono spaccati: 43 si sono astenuti, 20 hanno votato contro e 4 a favore. Divisioni anche nella Gue con la maggioranza che si è astenuta mentre una decina hanno votato contro. Contrari tutto l’Ecr (tranne 3 a favore e 5 contrari) e Id tranne uno a favore ed uno astenuto.

Con la risoluzione, la Commissione europea è stata invitata a proporre un massiccio pacchetto di investimenti per la ripresa e la ricostruzione a sostegno dell’economia europea dopo la crisi, investimenti che vadano al di là di ciò che stanno già facendo il MES, la BEI, la BCE e che si inserisca nel nuovo quadro finanziario pluriennale (QFP) del bilancio europeo, ritenendo che gli investimenti necessari potrebbero essere finanziati proprio attraverso un bilancio europeo ampliato (si parla di un raddoppio), anche attraverso i fondi e gli strumenti finanziari dell’UE esistenti, con l’utilizzo di obbligazioni a sostegno della ripresa garantite sempre dal bilancio UE. Il finale della risoluzione prevede che tale pacchetto non dovrebbe comportare la mutualizzazione del debito esistente e dovrebbe essere, invece, orientato solo agli investimenti futuri.

Su questi temi economici si sono spaccate le forze politiche della maggioranza e dell’opposizione italiane, cosa molto grave in vista dell’importante Consiglio Europeo del prossimo 23 Aprile, Consiglio che dovrà completare e perfezionare le decisioni prese dai ministri delle finanze dell’area euro nell’ultima riunione dell’Eurogruppo del 10 Aprile.

Ma vediamo come sono andate esattamente le cose.

Iniziamo dal primo voto controverso, quello sull’emendamento “provocatorio” presentato dal gruppo dei Verdi sull’introduzione di un principio di mutualizzazione del debito, attraverso i famosi “eurobond”. L’emendamento non è passato, perché sia Forza Italia che la Lega hanno votato contro, a differenza del Partito Democratico e del Movimento Cinque Stelle che hanno sostenuto, invece, questo tipo di formulazione. Era chiaro l’intento eversivo dell’emendamento, che mirava a mettere in crisi la maggioranza che stava alla base del compromesso della risoluzione, evocando gli eurobond che mai e poi mai i paesi del Nord avrebbero potuto accettare.

C’è stato poi un secondo voto, sui cosiddetti “recovery bond”, quelli garantiti dal bilancio comunitario. In questo caso, sono cambiate le posizioni, con il PD, Forza Italia, Italia Viva e Fratelli d’Italia che hanno votato a favore, mentre il Movimento Cinque Stelle ha votato contro e la Lega si è astenuta. Il motivo del voto contrario dei Cinque Stelle è stato su un passaggio dove veniva citato il MES, al quale i grillini hanno sempre manifestato la loro totale contrarietà.

Il terzo voto è stato relativo al MES, che il Parlamento Europeo ha chiesto di attivare pienamente. In questo caso, le forze sovraniste (Lega, Fratelli d’Italia e Movimento Cinque Stelle) si sono compattate votando contro, mentre a favore hanno votato Forza Italia, PD e Italia Viva. Una frattura, quest’ultima, che crea un grosso problema nella maggioranza di Governo, perché nel prossimo Consiglio Europeo del 23 aprile il premier Giuseppe Conte dovrà andare senza avere una posizione univoca da parte delle componenti della sua maggioranza su recovery bond e MES. Fra l’altro, il Movimento Cinque Stelle si è spaccato a sua volta al suo interno, nella votazione finale, con tre europarlamentari che hanno votato in dissenso dal gruppo. In sintesi, MES no, Eurobond sì, che doveva essere il mandato di Conte, attualmente è una posizione assolutamente minoritaria, tanto in Parlamento europeo quanto nel Consiglio Europeo.

I ‘Recovery Bond’ non mutualizzano il debito pregresso, non chiedono ai contribuenti tedeschi o olandesi di pagare per i debiti italiani o francesi. I ‘Recovery Bond’, garantiti dal bilancio Ue, sono emissioni comuni volte a finanziare con nuove risorse un grande piano comune di investimenti economici e sociali, mobilitando come minimo 500 miliardi di euro di nuove risorse” da aggiungere a quelle già mobilitate dall’Ue per affrontare la crisi.

Dopo la votazione di ieri, dunque, adesso la questione è soprattutto politica. Forza Italia si è smarcata dagli altri partiti d’opposizione ed ha assunto un ruolo responsabile da protagonista, mentre la maggioranza che sostiene Giuseppe Conte è franata miseramente ieri: il Partito Democratico da una parte, il Movimento Cinque Stelle dall’altra. Ma i pentastellati si sono a loro volta spaccati in tre. Nel centrodestra le posizioni sono state diverse. Forza Italia e la Lega hanno affossato l’emendamento dei Verdi, mentre su questo punto Fratelli d’Italia ha espresso voto favorevole, come il Pd e i Cinque Stelle. Più in generale, però, come dicevamo, Forza Italia ha preso le distanze, sottolineandolo, sia dalla Lega di Matteo Salvini che da Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

In definitiva, il prossimo Consiglio Europeo dei capi di Stato e di Governo del prossimo 23 aprile dovrà perfezionare e decidere sull’intero pacchetto proposto dall’Eurogruppo, avendo il consenso della risoluzione votata ieri dal Parlamento Europeo. Ma avrà il compito, non semplice, di decidere in maniera univoca e tecnicamente inoppugnabile, cos’è il fondo SURE da 100 miliardi, come sarà finanziato e come potrà intervenire all’interno delle singole economie europee in coerenza con gli opportuni ammortizzatori sociali nazionali. Sempre il Consiglio Europeo dovrà decidere come dovrà intervenire la BEI, con i suoi oltre 200 miliardi di risorse, soprattutto a favore delle imprese, se finanziando investimenti o fornendo garanzie (o entrambe); come dovrà intervenire il MES, o meglio la linea di credito del MES già individuata dall’Eurogruppo, fino al 2% del Pil dello Stato richiedente, senza condizionalità macro, ma unicamente per finalità di ricostruzione nel settore sanitario (per spese dirette e indirette), individuando i costi delle relative emissioni e i tempi di restituzione.

Il Consiglio Europeo dovrà decidere, sempre una volta per tutte, l’entità delle risorse proprie attraverso il bilancio e altri strumenti comunitari da destinare ai recovery bond e la loro gestione, nel senso di investimenti destinati alla ricostruzione del continente europeo, attraverso piani decisi a livello comunitario. Questo sarà il pacchetto, che probabilmente non troverà una chiusura definitiva il prossimo 23 aprile (ci sarà probabilmente bisogno di un altro Consiglio Europeo) e questo, molto probabilmente, sarà un bene perché, nel frattempo, il Parlamento italiano, al pari di tutti gli altri parlamenti dell’Unione, sulla base di precise istruttorie fatte a livello europeo, dovrà decidere per tabulas il proprio atteggiamento da tenere, sui singoli fondi e sulla consistenza e coerenza dell’intero pacchetto.

Forza Italia l’ha già detto. Questa strategia, con tutte le precisazioni e rassicurazioni del caso, va bene, come va bene la potenza di fuoco messa in campo dalla BCE con il suo Quantitative Easing (750 miliardi quest’anno eventualmente da replicare l’anno prossimo), perché questa appare la risposta più adeguata, sia in senso monetario che in senso di politica economica intergovernativa e dell’Unione, alla crisi. Gli altri partiti di maggioranza e opposizione dicano come la pensano. Per favore senza propaganda, senza luoghi comuni, senza insulti all’intelligenza né degli italiani, né dei nostri partner europei. Qualche titubanza l’abbiamo vista nel PD e speriamo che riescano a fare chiarezza al loro interno. Abbiamo visto il caos mentale nel Movimento Cinque Stelle e non ci siamo meravigliati. Ci dispiace, invece, dell’atteggiamento difficilmente comprensibile della Lega, cioè il no (così almeno abbiamo capito) a qualsiasi strumento europeo (SURE, BEI, MES, Recovery bond) in quanto foriero di perdita di sovranità, ma solo la loro condivisione al ricorso ai nostri titoli di Stato e alla BCE. Ci permettiamo di esprimere, con tutto rispetto, un giudizio netto: la posizione è sbagliata, e dal punto di vista dei fondamentali della teoria economica, perché la politica monetaria da sola non basta, come ha sempre ammonito Mario Draghi, dato che in casi di crisi va messa sempre in parallelo alla politica economica; e, soprattutto, quella della Lega, è una posizione incomprensibile e insostenibile dal punto di vista dell’appartenenza a una comunità, l’Unione Europea. LA BCE è la banca dell’euro, incaricata dell’attuazione della politica monetaria per i diciannove paesi dell’Unione europea che hanno aderito alla moneta unica. Non si può dire no alla UE con tutti i suoi strumenti di intervento e dire di sì solo alla BCE (ma non era proprio la Lega che voleva uscire dall’Euro?). Troppo facile, troppo comodo ma anche, e soprattutto, troppo sbagliato.