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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Il Riformista’): “Oggi il Consiglio Europeo. Grillini, spread, rating, incertezza politica: Italia rischiatutto”

 

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I mercati finanziari sono estremamente nervosi in queste ore, e stanno vendendo titoli di Stato italiani, per via dell’enorme incertezza che caratterizza la nostra situazione politica, sia a livello interno che a livello dei nostri rapporti con l’Unione Europea.

Sul lato interno, le fibrillazioni provengono soprattutto dal Movimento Cinque Stelle, con la sua contrarietà al Meccanismo Europeo di Stabilità (MES), meccanismo che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte vorrebbe invece sostenere come parte del pacchetto complessivo da oltre 2.000 miliardi di euro, messo in campo dall’Unione Europea attraverso i 4 pilastri finanziari (SURE, MES, BEI e Recovery Fund), per sostenere e rilanciare l’economia del Continente. Lo scontro interno alla maggioranza ha portato molti analisti internazionali a mettere in conto una possibile crisi di Governo. In questa prospettiva, Forza Italia ribadisce la sua posizione di assoluta responsabilità, ritenendo che una crisi, in questo momento, possa provocare soltanto effetti devastanti per il nostro Paese, che sarebbe lasciato completamente in balia dei mercati, e senza alcun potere negoziale con l’Unione Europea.

Sul lato esterno, invece, i timori sono legati ad un possibile fallimento del Consiglio Europeo di oggi, dove i capi di Stato e di Governo dovranno tradurre in azioni concrete le proposte fatte dall’Eurogruppo nella sua riunione del 10 aprile, appunto sui 4 pilastri finanziari d’intervento. Come avevamo scritto ieri, i leader europei hanno trovato un accordo sugli obiettivi da raggiungere e hanno concordato sulla necessità di intervenire subito e a livello comunitario. Purtroppo, però, enormi questioni rimangono ancora aperte sull’ammontare complessivo dell’intervento; sulle tipologie di strumenti da mettere in campo (con il no agli Eurobond); sulle forme di erogazione degli aiuti (garanzie, prestiti o erogazioni a fondo perduto); sulle condizioni finanziarie dei prestiti (tassi di interesse, durata, etc.). Senza contare la necessità di definire una timetable degli interventi, ad oggi del tutto assente, e la necessità di definire chi metterà le risorse e le relative garanzie.

Quasi impossibile che nella riunione di oggi possa essere trovato un accordo su tutte queste questioni. Molto probabile, invece, che ci sarà bisogno di altri due Consigli Europei, uno interlocutorio a maggio, per poi formalizzare tutto il pacchetto e la relativa strategia nel Consiglio Europeo della seconda metà di giugno. Eppure, una risposta europea ci deve essere e noi siamo convinti che ci sarà ma occorre negoziare e interloquire (con argomenti fondanti e tecnicamente ineccepibili) per portare a casa il risultato.

A questa incertezza politico-istituzionale si aggiunge per l’Italia, poi, quella relativa alle pagelle delle agenzie di rating sul nostro debito pubblico, pagelle che verranno rese note già da venerdì sera con il giudizio di Standard and Poor’s. Molti investitori paventano un downgrade, che porterebbe il debito italiano a livello “junk” (spazzatura), con la conseguenza che né la Banca Centrale Europea, né i grandi investitori internazionali, in virtù dei limiti imposti dai loro statuti, potrebbero detenere i nostri titoli nei loro portafogli. Un downgrade è, tuttavia, ritenuto piuttosto improbabile dalla maggioranza degli analisti finanziari, in ragione del momento economico eccezionale (il bazooka del QE della BCE sta funzionando alla grande). Ma i grandi fund manager sanno di non poter rischiare il denaro dei loro clienti e quindi vendono BTP, per non correre il rischio di trovarseli in portafoglio nel momento della decisione di venerdì.

Per tutti questi motivi, lo spread è tornato a salire a 270 punti base e i CDS (strumenti di assicurazione contro il rischio Paese) sono saliti ai nuovi massimi di 250. Meno male, ripetiamo, che la Banca Centrale Europea sta intervenendo, acquistando i BTP che gli investitori stanno vendendo sul mercato secondario, evitando così un aumento pesante dei rendimenti sui nostri titoli. Ma non possiamo sempre e solo affidarci alla Banca Centrale. Il Governo deve metterci del suo, negoziando in Europa e impegnandosi, in ogni caso, ad approfittare del momento storico per effettuare quelle riforme strutturali da sempre richieste dalle grandi istituzioni internazionali e, finora, mai realizzate: meno burocrazia, più giustizia efficiente, più flessibilità del mercato del lavoro, più investimenti infrastrutturali, meno pressione fiscale, più mercato. L’esatto contrario della deriva in cui sembra precipitare il Governo delle quattro sinistre, approfittando della crisi. Speriamo di venire contraddetti, su quest’ultimo punto, dal prossimo Documento di Economia e Finanza e dal Piano Nazionale delle Riforme, che il Governo si è impegnato a presentare entro la fine del mese, assieme al nuovo discostamento di bilancio. Sarebbe una grande occasione. Temiamo però che il Governo la sprechi, come ha sprecato fin qui tutte le occasioni che gli si sono presentate per cambiare passo e rassicurare in un sol colpo famiglie, imprese, mercati e cancellerie europee. L’incertezza di questi giorni, l’aumento dello spread e dei rendimenti sono il prezzo che gli italiani sono condannati a pagare. Fino a quando?