Socialize

R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Il Riformista’): “Cosa c’è dietro la brutta idea del prestito di guerra”

 

rb-il-riformista

LEGGI IL MIO EDITORIALE

 

Come tutte le idee cattive, anche l’idea del “prestito di guerra” più viene ripetuta più comincia ad eccitare la politica. Negli ultimi tempi Matteo Salvini e Giulio Tremonti, con la sponda di Antonio Misiani nel Governo e l’autorevole viatico di Giovanni Bazoli, hanno dato forma ad una loro personale permutazione dell’idea del “facciamo da soli”, con la riserva mentale di mettere la BCE con le spalle al muro. La proposta è l’emissione di un bond perpetuo a fiscalità agevolata.

La proposta è ottima per i titoli dei giornali, smuove le acque del dibattito democratico. Ma è pessima nella sostanza ed anzi è l’esempio più limpido di cura che ammazza il cavallo.

Il bond perpetuo è dal punto di vista della struttura uno zero coupon bond con una maturità infinita. Nei fatti, lo strumento più rischioso in assoluto tanto per l’emittente che per l’investitore. Il bond perpetuo ha infatti la massima volatilità di prezzo e incorpora un rischio di tasso di interesse enorme. La formula di Macauly codifica che la volatilità di un bond è proporzionale alla duration. Nel caso dello zero coupon bond, la duration è pari alla vita residua. Nel caso del prestito di guerra è molto larga.

Di conseguenza, attraverso un investimento nel prestito di guerra, il portafoglio del risparmiatore si espone al rischio tasso d’interesse e al rischio spread senza incassare un premio per il rischio. Si tratta cioè di scommettere che il cittadino decida per motivi comportamentali di regalare soldi allo Stato. E’ evidente che questo non succederà. Per la sua struttura il bond perpetuo è una forma di finanziamento estremamente costosa.

Per lo Stato una tale emissione ha – nella migliore delle ipotesi – un effetto netto neutro sulle finanze pubbliche. Il costo del debito è uguale al tasso d’interesse più lo sconto fiscale.

Ma c’è di più. L’aumento del rischio di credito, conseguente all’assunzione di un debito perenne, va ad aumentare il costo del capitale di tutto il debito circolante, anche quello già emesso. Il che ne renderebbe altamente improbabile l’assorbimento sul bilancio della BCE, che né può prestarsi ad una monetizzazione perpetua del debito pubblico italiano né può agire da stabilizzatore fiscale.

Ovviamente, non va ignorato il Teorema Modigliani-Miller. L’operazione potrebbe anche avere un senso se il ricavato dal collocamento producesse valore nello stock di equity e un rendimento superiore al costo dell’investimento. Il Presidente Barack Obama nel 2009 salvò General Motors ricapitalizzandola con fondi pubblici e immise capitale di rischio nelle imprese innovative beneficiando dell’aumento di produttività conseguenti. Ma tali interventi andrebbero strutturati attraverso la sottoscrizione di azioni privilegiate senza diritto di voto e con dividendo. Si tratterebbe di fatto di rendere lo Stato il lender di last resort al settore produttivo.

Si tratta, come di tutta evidenza, dell’opposto ideologico dello scenario proposto, in base al quale l’operazione dovrebbe andare a sostegno dei consumi. L’emissione di uno zero coupon bond con finalità redistributive è un caso da manuale di finanza rovesciato. Ma il tutto potrebbe avere un obiettivo non dichiarato: contro l’impopolarità di una imposta patrimoniale, la durata perpetua del bond di guerra, e la sua relativa illiquidità sul mercato secondario, potrebbe essere il modo per far uscire la patrimoniale dalla porta e far rientrare un prestito forzoso dalla finestra.

L’oro alla patria può forse eccitare il nazionalismo dei contribuenti, ma sicuramente deprime il loro portafoglio.