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R.BRUNETTA (Intervento su ‘Milano Finanza’): “La sentenza di Karlsruhe può dare il via alla vendita di Btp”

 

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Nella sentenza del 5 maggio 2020, la Corte Costituzionale tedesca di Karlshrue ha stabilito che le operazioni poste in essere dalla BCE legate all’acquisto dei titoli di Stato, all’interno del programma denominato Public Sector Purchase Program (PSPP), in precedenza giudicato legittimo dalla Corte di Giustizia Europea, sono illegittime per l’ordinamento tedesco, per violazione degli articoli 20 (superiorità della legge sullo Stato) e 79 (obbligo di obbedienza alla costituzione tedesca) e per violazione dell’articolo 123 del Trattato Funzionamento Unione Europea (TFUE), che prevede, per la Banca centrale, il divieto di acquisto diretto dei titoli di Stato, interpretato come divieto di monetizzazione del debito pubblico. La decisione della Corte è quindi in netta antitesi con quella della Corte di Giustizia Europea, che riteneva appunto legittime le decisioni della BCE.

Secondo la Corte tedesca, la BCE, nelle sue decisioni sull’adozione e attuazione del PSPP, non avrebbe né valutato né dimostrato che le misure previste soddisfino il principio di proporzionalità degli acquisti stabilito dalle regole stesse del programma.

Per la Corte tedesca, la BCE avrebbe agito “Ultra Vires”, cioè molto al di fuori dei propri poteri e limiti. Con questa decisione, la Corte di Karlsruhe ha posto la questione sulla prevalenza del diritto nazionale su quello comunitario, espresso dall’Alta Corte di Giustizia. Secondo i giudici tedeschi, i giudici di Strasburgo avrebbero ignorato gli effetti reali del PSPP nel valutare la proporzionalità del programma e nell’astenersi dal condurre una valutazione generale a tale riguardo, non soddisfacendo i requisiti di una revisione comprensibile per stabilire se il sistema europeo delle banche centrali e la BCE osservano i limiti del loro mandato di politica monetaria.

Applicato in questo modo, il principio di proporzionalità (articolo 5, paragrafo 1, seconda frase e articolo 5, paragrafo 4, TUE) non può svolgere la sua funzione correttiva ai fini della salvaguardia delle competenze degli Stati membri, il che rende insignificante il principio di conferimento (articolo 5, paragrafo 1, prima frase e articolo 5, paragrafo 2, TUE). La Corte Costituzionale mette in evidenza come la sua sentenza non si estenda però al programma di acquisti di emergenza per il Coronavirus PEPP.

La Corte tedesca ha ravvisato una violazione del processo di integrazione e dei limiti rispetto alla costituzione tedesca. Per questo motivo, ha invitato il Bundestag ad intervenire per imporre alla BCE la fine del PSPP. Le conseguenze di questa decisione nel medio periodo sono molto ben delineate. Sulla base della loro responsabilità, per quanto riguarda l’integrazione europea, il governo federale e il Bundestag tedesco hanno ora il dovere di adottare misure attive contro il PSPP nella sua forma attuale. Questo significa che, dopo un periodo transitorio di non più di tre mesi, la Bundesbank non potrà più partecipare all’attuazione e all’esecuzione delle decisioni della BCE relative alle misure in questione, a meno che il Consiglio Direttivo della BCE non adotti una decisione che dimostri in modo comprensibile e comprovato che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti dal PSPP non siano sproporzionati rispetto agli effetti di politica economica e fiscale risultanti dal programma.

Alle stesse condizioni, la Bundesbank dovrà garantire che le obbligazioni già acquistate e detenute nel suo bilancio siano vendute, sulla base di una strategia a lungo termine coordinata con l’Eurosistema.

Cosa comporta tutto ciò? Che il mercato dei sovereign bond potrebbe essere, nel medio termine, presto inondato da un quantitativo di vendite di titoli di Stato, in prevalenza italiani (BTP), quelli acquistati nell’ambito del PSPP, che la BCE dovrà, appunto, per forza di cose vendere. La miglior riprova è il fatto che lo spread tra BTP e Bund sia salito sopra i 250 punti base subito dopo la decisione. Si tratterebbe, in pratica, di un’operazione di segno opposto a quella del Quantitative Easing, che si tradurrebbe in un maxi sell-off di BTP sul mercato secondario, che molto probabilmente non potrebbe essere assorbito dalla carenza di domanda da parte degli investitori istituzionali. Il che significherebbe dare anche un segnale ai mercati finanziari che la banca centrale non sarebbe più in grado nemmeno di venire incontro al Tesoro italiano, offrendogli la garanzia, finora fornita proprio grazie al bazooka del Quantitative Easing, di acquistare in massa i titoli che gli investitori non vogliono detenere, contribuendo così a mantenere i rendimenti d’emissione entro valori ragionevoli. Senza più questo bazooka, i titoli italiani saranno considerati più rischiosi dagli investitori e i rendimenti di emissione (sul mercato primario) e lo spread (sul mercato secondario) salirebbero, c’è da scommetterci, a livelli poco sostenibili dalle nostre finanze pubbliche entro pochi mesi.

Come ha scritto anche il Financial Times, la sentenza della Corte pone dubbi sulla credibilità della BCE, l’istituzione che ha dato prova di essere l’unica istituzione dell’UE in grado di agire in modo rapido e risoluto per proteggere l’unione monetaria. I governi nazionali, divisi tra loro e afflitti da lotte politiche interne, si sono allontanati dall’idea di creare una azione basata su un sistema fiscale collettivo di scala necessaria per sostenere la BCE nell’affrontare i problemi della zona euro”.

“Così facendo – conclude il Financial Times – i leader politici stanno facendo diventare la BCE ostaggio di una pressione legale implacabile e mal guidata dalla Germania, e potenzialmente anche da altre parti”.

Che fare quindi? Occorre che Commissione Europea e Consiglio Europeo dei capi di Stato e di Governo rispondano al più presto (a partire dell’Eurogruppo del prossimo 8 maggio) sull’intera questione aperta martedì dalla Corte costituzionale tedesca, ovvero chiarire una volta per tutte il principio di supremazia della legislazione comunitaria su quella dei singoli Stati e, in parallelo, di quella della Corte di Strasburgo su quella delle Corti costituzionali dei singoli Stati e, soprattutto, dare immediata attuazione al maxi piano europeo di ricostruzione e di rilancio basato sui quattro pilastri finanziari (MES, BEI, SURE e Recovery Fund). Il tempo, a questo punto, è una variabile decisiva. Se l’Europa non dovesse rispondere in termini di diritto (supremazia) e di politiche fiscali adeguate (quattro pilastri) a supporto della politica monetaria, ne deriverebbe l’apertura pericolosissima di un caos istituzionale in cui si infilerebbe la grande speculazione finanziaria internazionale, con gli inevitabili squilibri asimmetrici, economici e finanziari, che porterebbero al default dei debiti sovrani (dei Paesi più deboli e a rischio), ma anche a quello delle loro democrazie. Lo ripetiamo, un’assenza (o peggio un ipocrita ritardo) di risposte da parte delle istituzioni europee, comporterebbe un crollo di credibilità per la BCE davanti ai mercati, con tutte le conseguenze finanziarie facilmente immaginabili. Non c’è più tempo da perdere. O si costruisce la nuova Europa nei prossimi due mesi, o viene giù tutto.