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BERLUSCONI. Il metodo dei fatti. Renzi, il metodo delle chiacchiere. Il giovin fiorentino vende fumo e ha con se i poteri forti, ma il popolo è un’altra cosa. Smontiamo il giochino

 

Berlusconi

 

 

Questa nostra Italia ha bisogno della concretezza piena di desiderio di Silvio Berlusconi. La sua forza è stata ed è quella di far sì che sogno e realismo siano compagni di un’avventura positiva. La politica del fare che fa rima con l’amare l’Italia. 

 

Dall’altra parte c’è il metodo delle chiacchiere, delle formule ammiccanti di Renzi. I poteri forti sono con lui, cercano di spianargli la strada mettendogli a servizio i mass media. Esempio? Dopo le 21 di ieri mette in giro qualche paginetta sul Jobs Act (complimenti per la “s”, che fa americano al quadrato, infatti l’originale di Obama farebbe “American Jobs Act”). E che succede? Il “Corriere della Sera” gli dedica addirittura l’editoriale. Non è un fatto. Non è neanche una proposta di legge. Non è nemmeno un punto programmatico della prossima campagna elettorale. È un pre-programma, in attesa di essere definito in una prossima riunione… Un appunto. Mai vista una roba così: il “Corriere” pompa di aria calda la mongolfiera del Napoleone-Chicchirichì.

 

Cerchiamo di smontare il giochino, per ripristinare la lealtà del confronto.

 

C’è una strana moda di questi tempi. Una tecnica di manipolazione accanita. Essa consta di due momenti. 1) Si sostiene che il disastro attuale è causato dai “vent’anni di Silvio Berlusconi”, da cui la domanda avvelenata: come osate proporvi ancora? ; 2) ma per fortuna adesso c’è Renzi con le sue proposte dirompenti, soprattutto sgombre da responsabilità passate, perché è giovane e puro.

 

La trappola sembra perfetta. Somiglia allo “scacco del barbiere”, un paio di mosse e sei kappaò.

Qui proviamo a fornire gli elementi essenziali per demolire questa doppia falsificazione.

 

1)  Che i guai siano stati causati dai vent’anni di governo a guida di Silvio Berlusconi è una leggenda nera ripetuta ossessivamente, a scopo denigratorio. Come si dice: calunnia calunnia, qualcosa resterà. Bisogna finirla con questi refrain inquinanti.  Per approfondire punto per punto la questione, invitiamo a cliccare il “links”, come direbbe Renzi, alla fine dell’Editoriale. Qui limitiamoci all’essenziale. Berlusconi ha guidato il Paese per 9 anni. E in questi nove anni l’economia ha tenuto, sono state fatte riforme importantissime, il famoso contratto con gli italiani del 2001, nonostante fosse stato firmato in diretta tivù prima delle Torri Gemelle e della guerra al terrorismo che ha sconvolto i parametri non solo economici del mondo intero, è stato rispettato, superando il vaglio dell’Università di Siena che ha constatato come l’84 per cento dei punti abbia trovato riscontro in disegni di legge. Berlusconi è stato estromesso con un golpe consegnando l’Italia a Monti, poi a Letta e all’austerità della Merkel. A questo punto la situazione si è fatta drammatica, a causa di un golpe contro Berlusconi! Non per colpa di Berlusconi!

 Renzi

2)  Renzi il nuovo e il buono? Come scrisse Gioacchino Rossini a un compositore principiante e  acclamato:  «Nel suo lavoro (Job? Jobs?) c’è del nuovo e c’è del buono. Ma quel che è nuovo non è buono. E quel che è buono non è nuovo». Soprattutto non è nuovo né fresco lui. Vogliamo dire che la sua prima mossa politica di un certo peso fu l’essere il capo tra i giovani sostenitori di Prodi mentre costruiva la sua marcia verso il potere, con la forma servile della sua adesione all’euro in posizione subordinata, con una sopravvalutazione della lira che ci ha soprattutto fatto sopravvalutare i debiti di Stato e rese più difficili le esportazioni. È dunque l’erede legittimo di chi ha provocato il disastro. Nuovo lui? Prima della politica è stato studente e poi ha fatto il dirigente nell’azienda di famiglia giusto quindici giorni prima di candidarsi alle elezioni della Provincia, in modo da farsi garantire dall’ente pubblico i versamenti pensionistici. Giovane sì, ma molto molto previdente…

 

 

Provvederemo, mano a mano Renzi mostrerà le carte, a esaminarle. Condividendo il buono e mettendo in luce quel che non va. Abbiamo apprezzato il suo metodo per affrontare il nodo della legge elettorale. Lo ha riconosciuto Silvio Berlusconi immediatamente. Lo aspettiamo sul punto alla prova dei fatti. Sul Jobs Act ahimè ci è toccato sgonfiare il palloncino.

 

 

PER APPROFONDIMENTI, CONSULTA: “IL MATTINALE – 09 gennaio 2014”