Socialize

R. BRUNETTA (Editoriale su ‘Huffington Post’): “Stato, banche, imprese. L’Italia sotto un ‘triplo’ downgrade”

 

brunetta-huffington-post

 

LEGGI IL MIO EDITORIALE

 

 

Dopo il rating dello Stato, Fitch declassa anche banche e imprese italiane. Sui titoli di Stato si rischia un pericoloso circolo vizioso, che più vizioso non si può 

 

Dopo il declassamento del nostro debito sovrano, è arrivato oggi quello del sistema bancario italiano, preceduto da altri “downgrade” societari, qua e là. Non ci resta, quindi, che piangere, perché il bel Paese si trova nella situazione di avere imprese con rating più basso, banche con rating più basso, tutte sotto l’egida di uno Stato, anch’esso con rating più basso. Un triplo downgrade, potremmo dire.

L’agenzia di rating è sempre la stessa, l’americana Fitch, quella che alla fine di aprile aveva tagliato il rating sovrano, portandolo ad un solo gradino sopra il livello “non investment grade“, toccato il quale i titoli di Stato diventano “junk” (spazzatura) e, per questo, molti dei grandi fondi di investimento e fondi pensione internazionali non possono più, per statuto, detenerli in portafoglio. Livello “junk” che l’Italia ha rischiato di toccare lo scorso venerdì con l’agenzia di rating Moody’s, che ha invece deciso di rinviare il giudizio, con una mossa che la maggior parte degli analisti ha interpretato come un “downgrade implicito”, ovvero una palese non volontà di declassare un Paese considerato “too big to fail” come l’Italia. Detto in altri termini, l’Italia meritava il declassamento, ma questo avrebbe comportato conseguenze pesantissime su molti investitori e, quindi, si è “preferito” aspettare. Ma esplicito o implicito che sia, sempre di downgrade si tratta.

Ieri sera, sempre l’agenzia Fitch, ha poi declassato il sistema bancario italiano, allineando il rating a lungo termine di Unicredit a quello dell’Italia, da ‘BBB’ a ‘BBB-‘ e ha fatto lo stesso per quello di Banca Intesa sul lungo termine senior preferred (unsecured), portandolo, anche in questo caso, a “BBB-” dal precedente “BBB” e quello a breve termine a “F3” da “F2”.

Stessa cosa anche per il rating a lungo termine di Mediobanca. Anche il sistema bancario italiano, quindi, è stato considerato a livello “pre-spazzatura” da Fitch e la cosa non sorprende, dal momento che le nostre banche sono piene zeppe di quei titoli di Stato italiani che sono appena stati declassati con il downgrade del debito sovrano. Un grosso problema che si crea ora per le banche e per il Tesoro, dal momento che la detenzione di massa di BTP da parte dei nostri istituti di credito contribuisce alla riduzione della qualità dei loro attivi, rendendoli strettamente indipendenti. In teoria, le banche dovrebbero sbarazzarsi di questi titoli e ridurne gli acquisti, fatto salvo il problema che una mossa del genere contribuirebbe a ridurre il valore degli stessi. Insomma, un circolo vizioso, che più vizioso non si può.

Il downgrade del sistema bancario provocherà sicuramente una riduzione del valore dei BTP già emessi, e un aumento dei rendimenti alle prossime aste del Tesoro (la riprova l’abbiamo già avuta nelle aste dei BTP di questa mattina), con gli investitori che potrebbero scontare la necessità da parte delle banche italiane di ridurre la quantità di BTP detenuti. C’è poi anche il problema legato al fatto che, poste davanti alla necessità di migliorare i loro attivi, le banche potrebbero non dare il loro contributo nel fornire liquidità necessaria alle imprese, come previsto dal Governo nel Decreto Liquidità, con il quale l’Esecutivo intendeva fornire liquidità alle imprese per 400 miliardi di euro, per paura che queste, in molti casi anch’esse declassate, non siano in grado di restituire i prestiti, contribuendo ad aumentare la percentuale di non-performing loans (NPL). Bel guaio.

Se questo fosse il caso, molte imprese che sono rimaste senza liquidità per effetto della crisi, si troverebbero nella condizione di chiudere. Minore qualità degli attivi, minori profitti dovuti all’aumento del costo del funding per ottenere liquidità, minor margine d’intermediazione, maggior necessità di reperire nuovo capitale azionario e un mercato probabilmente non interessato a investire nelle banche italiane. Questi i problemi che il downgrade di oggi comporta al nostro sistema economico.

Lo Stato italiano non ha risorse per poter affrontare una carenza di liquidità di questa portata. Per poter dare garanzie al sistema bancario e alle imprese, uno Stato dovrebbe avere le finanze in ordine, non poco sopra il livello “spazzatura”. Il Governo promette di pagare le insolvenze quando è il primo a rischiare l’insolvenza. Una vera e propria presa in giro per i mercati. E i mercati non si lasciano prendere in giro. Quasi mai.

L’Europa, dal canto suo, ritarda a mettere in campo le proprie risorse finanziarie attraverso i quattro pilastri finanziari di pronto intervento, decisi dai leader europei (MES, BEI, SURE, Recovery Initiative) da oltre 2.000 miliardi. Risorse che, tra le altre cose, non sono ancora state dettagliate quanto a meccanismo di erogazione, costi e tempistiche. Se consideriamo che la Banca Centrale Europea non sembra poter fare più di quanto sta già facendo, anche perché quello che ha fatto nel passato ha comportato pesanti fratture tra paesi dell’Eurozona, è proprio vero non ci resta davvero che piangere.