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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Il Riformista’): “Un Governo equo e solidale: fantamiliardi per tutti, soldi in tasca a nessuno”

 

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L’helicopter money del Governo Conte si è nuovamente alzato in volo, per fare la felicità degli italiani. Purtroppo per noi, però, anziché lanciare la moneta vera che suggeriva il premio Nobel Milton Friedman, butta giù soltanto moneta virtuale, fantamiliardi stanziati sulla carta che agli italiani arriveranno solo come amara illusione. Ne deriva che il decreto Rilancio Italia (già Aprile, già Maggio) non produrrà nessun effetto che il Governo continua ad indicare per la nostra economia, per le nostre famiglie e per le nostre imprese. Nessun effetto se non di effimera illusione, con annessa propaganda che hanno prodotto i due decreti precedenti, il Cura Italia di marzo e il “Liquidità” di aprile. La verità, molto semplice, molto desolante, è una sola: l’Esecutivo non ha le risorse per farci ripartire e quindi, si inventa bubbole e artifici finanziari. A differenza di altri Stati, a partire da quelli più forti come Germania e Stati Uniti. Servirebbero soldi in contanti, cash flow, l’unica “money” della quale famiglie e imprese davvero hanno bisogno, anziché improbabili garanzie e crediti d’imposta a babbo morto. Per essere risarcite, le imprese, per aver dovuto chiudere le loro attività e per essere aiutate, le famiglie, per aver perso il posto di lavoro o aver dovuto subire la cassaintegrazione.

Con il decreto appena approvato dal Consiglio dei Ministri, salvo intese e in attesa di essere pubblicato, il Governo ha stanziato in definitiva fantamiliardi, non soldi veri. Nascondendosi dietro complicate e a volte impossibili procedure burocratiche, dietro 256 articoli, che alla fine della fiera diventeranno almeno 300, con coperture molto dubbie, la verità è che di risorse immediatamente fruibili non ce ne sono o ce ne sono molto poche. E tutto questo non a caso, né perché il destino è cinico e baro, ma per un preciso disegno. Il grande divario, infatti, tra il saldo netto da finanziare (100 miliardi) e l’indebitamento netto (55 miliardi) che caratterizza il Decreto Rilancio è la misura della volontà di nascondere le carte del Governo, dal momento che tale divario evidenzia due cose tanto indiscutibili quando raccapriccianti.

Per prima cosa, il Governo preferisce fare debito per gli anni a venire per finanziare, tramite Cassa Depositi e Prestiti, gli acquisti per 50 miliardi (ma la cifra non è ancora stata esplicitamente indicata) di imprese in temporanea difficoltà a causa del COVID, piuttosto che per finanziare aiuti una tantum, davvero robusti a favore di quelle stesse imprese affinché possano salvarsi da sole, subito. La concezione statalista che c’è dietro questo approccio fa venire i brividi, ma anche il dolore per il fatto che si sfrutta l’emergenza per entrare economicamente, politicamente e ideologicamente nel mondo delle imprese, con volontà di controllo e di dominanza.

In secondo luogo, stanziare 30 miliardi di garanzie, per coprire il Decreto Liquidità area SACE facendole rientrare nel saldo netto da finanziare e non nell’indebitamento netto, anche a costo di forzare in parte i chiarissimi principi contabili del SEC 2010 e di Eurostat (che infatti ci bacchetterà alla prima occasione), significa voler mettere la polvere sotto il tappeto e spostare ai futuri governi l’onere di bilancio che sarebbe meglio per il Paese affrontare invece in questo 2020, anno sabbatico in cui con un opportuno “front loading” sarebbe possibile caricare tutto il deficit necessario per mettere in sicurezza il 2021.

È evidente, infatti, che con una operazione contabile come quella fatta dal Governo, le garanzie che non sono state contabilizzate oggi nell’indebitamento netto, dovranno essere contabilizzate nei prossimi anni, quando verranno escusse. Due saldi, insomma, quello netto da finanziare e dell’indebitamento netto, che raccontano una storia precisa, quella di non rappresentare la verità attraverso meccanismi tanto fumosi quanto pericolosi.

I due decreti finora approvati (Cura Italia e Liquidità) hanno prodotto solo briciole, dal momento che le risorse realmente erogate sono state pari a meno di 10 miliardi. Altro che i 400 miliardi propagandati dal Governo. La dura realtà, invece, è che il Tesoro continua con i suoi piani di emissione standard dei titoli di Stato come se non fosse successo niente. Il calendario delle aste non è stato modificato più di tanto, a riprova del fatto che al Ministero dell’Economia non si attendono particolari flussi di uscita. Insomma, le nozze dell’helicopter money virtuale coi fichi secchi.

Quali misure hanno messo in campo, invece, gli altri Stati per fronteggiare la crisi economica e finanziaria? Uno studio comparato effettuato dalla think tank Bruegel ha dimostrato che l’Italia è il Paese che ha stanziato la maggior percentuale di risorse rispetto al Pil in garanzie, pari al 29,8%. La Germania ha stanziato il 27,2%, la Francia il 14,0%, il Regno Unito il 14,9% e gli Stati Uniti solo il 2,6%. Al contrario, quando si analizzano le risposte di stimolo fiscale immediate, ovvero maggiori trasferimenti diretti a famiglie e imprese e taglio di tasse (esclusi i rinvii), l’Italia è in terz’ultima posizione con uno stanziamento pari allo 0,9%, mentre al primo posto compare la Germania (10,1%), seguita dagli Stati Uniti (9,1%). Cosa significa questo? L’interpretazione è piuttosto semplice. Gli Stati “ricchi” (Germania e Stati Uniti) hanno agito tempestivamente fornendo sussidi e trasferimenti in contanti a famiglie e imprese, alle quali hanno contemporaneamente abbassato le tasse. L’Italia si è limitata, invece, a “promettere”, ovvero a garantire futuri pagamenti o futuri crediti d’imposta, lasciando l’onere dell’indebitamento e del debito ai governi futuri (o alle risorse che graziosamente l’Unione Europea metterà in campo nei prossimi mesi).

Il risultato sarà che le imprese e le famiglie tedesche e americane avranno subito a disposizione le risorse finanziarie per fronteggiare la crisi di liquidità e acquisire così nuove quote di mercato. Quelle italiane dovranno, invece, aspettare anni, nella speranza che le imprese, nel frattempo, non chiudano definitivamente i battenti. Pensiamo agli artigiani, ai commercianti, ai bar, ai parrucchieri, ai venditori ambulanti, agli agenti di commercio, agli agenti immobiliari, agli albergatori. Insomma a tutto il mondo dell’economia. Pensiamo a tutti quelli che non ce la fanno più e che ad oggi, dopo più di 100 giorni dalla dichiarazione dello stato di emergenza, hanno ricevuto poco o nulla. Solo prese in giro e sono alla disperazione. Altro che helicopter money virtuale. Ormai la misura è colma.