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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Huffington Post’): “I tre errori da matita blu dei teorici sovranisti monetari di casa nostra”

 

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I teorici del sovranismo monetario di casa nostra, gli stessi che, soltanto un anno fa, suggerivano all’Italia di abbandonare l’euro e ritornare alla lira (fortuna che non sono stati ascoltati), hanno elaborato di recente una singolare tesi, secondo la quale la politica monetaria ultra espansiva attuata dalla Banca Centrale Europea (BCE) attraverso il suo programma di acquisto di titoli di Stato (Quantitative Eeasing in generale e PEPP nello specifico), per un totale di 1.350 miliardi di euro, sarebbe sufficiente per permettere all’Italia di avere a disposizione tutte le risorse finanziarie necessarie per uscire dalla crisi economica e finanziaria nella quale è entrata a causa del lockdown da pandemia. Questa teoria, tanto semplice quanto seducente, è riassumibile nell’idea che il nostro Tesoro può permettersi di emettere tutti i titoli di Stato di cui ha bisogno per finanziare l’ingente aumento di deficit pubblico, tanto, alla fine, c’è sempre la BCE (con il suo braccio armato della Banca d’Italia) che acquisterà questi titoli sul mercato secondario. Questa “promessa” (il sostantivo è dell’amico professor Alberto Bagnai) contribuisce a tenere bassi i rendimenti dei titoli, e a mantenere sostenibile l’ingente debito pubblico italiano, che ormai, lo ricordiamo, si avvia verso la cifra monstre di 2.500 miliardi di euro, pari al 160,0% del nostro Pil. Evidentemente non preoccupati da questi record negativi toccati dal nostro debito pubblico, i sovranisti monetari nostrani propongono di indebitarci ancora di più, dal momento che la BCE finirà per monetizzare il debito pubblico italiano in via indiretta, attraverso il suo programma di acquisto di titoli. La “teoria monetaria sovranista” ha come importante corollario che, per i motivi esposti, inutile, o addirittura dannoso, è per il Governo italiano ricorrere alle risorse finanziarie messe in campo dalla Unione Europea, attraverso 4 pilastri finanziari (MES, BEI, SURE e Next Generation UE Fund), del valore complessivo, ad oggi, di 2.400 miliardi di euro, suddivisi in grants e loans. Il rapporto tra Governo italiano e BCE diventa, dunque, sempre secondo questa nuova teoria, diretto e non mediato da altre istituzioni europee, le quali, alla fin fine, diventano superflue, se non addirittura dannose, con le loro fastidiose richieste di condizionalità strategica (vi diamo i soldi in cambio di riforme per la crescita).

Teoria molto sexy, impressive, facile da spiegare e altrettanto facile da capire, molto popolare, quella del sovranismo monetarista. Peccato, che abbia la stessa attendibilità del mito del Re Mida. Lasciando perdere la mitologia, e tornando alla triste scienza, essa, teoria, appare tanto inattuabile, in una unione monetaria come l’eurozona, quanto dannosa, per la stessa idea dell’uso distorto e opportunista delle politiche monetarie che propone. La teoria del “sovranismo monetario”, come l’abbiamo definito noi, applicata al nostro Paese, presenta almeno tre errori sui fondamentali economici che la rendono, come dicevamo, inattuabile e pericolosa.

Primo errore: credere, come fanno Bagnai e compagni, che la moneta non sia un bene qualsiasi, e che quindi se ne possa godere in quantità illimitata, attraverso l’aumento dell’offerta da parte della BCE, credere ciò, dicevamo, mina alle fondamenta la teoria che fu di Ludwig von Mises, Friederich August von Hayek, due mostri sacri della teoria economica, e, del più a noi vicino, Arthur Laffer, tanto per fare un po’ di citazioni colte. Tale assunto porta al risultato, tipico di tutti i beni offerti in quantità illimitata (“beni pubblici”, nella teoria economica), di far assumere a quel bene un valore di mercato pari a zero. Nel caso di specie, il nostro povero €uro. Ludwig von Mises nella sua teoria della moneta, scriveva che “l’espansione e la contrazione della quantità di banconote in circolazione non sono mai la causa, ma sempre e solo l’effetto, delle fluttuazioni della vita economica. La moneta è solo una misura di valore accettata e, anche in assenza di una banca centrale, continuerebbe ad esistere, per il solo fatto che è utile”. La produzione rappresenta la domanda di moneta, come ricordava inoltre uno dei padri fondatori della “supply side economics”, Arthur Laffer, secondo il quale l’offerta di moneta è “determinata dalla domanda”. Quello che i teorici nostrani del sovranismo monetario sostengono, invece, è l’esatto contrario. L’offerta di moneta dovrebbe infatti essere, secondo il loro ragionamento, “determinata dall’offerta”, ovvero aumentata dalla banca centrale senza che vi sia un corrispondente aumento di domanda che, anzi, in una crisi come quella attuale, è fortemente diminuita, dal momento che a diminuire enormemente sono state le transazioni commerciali che la giustificano. Questo mismatch che si viene a creare tra domanda e offerta di moneta per scopi transazionali, come noto, è alla base della perdita di reputazione di una valuta, nella fattispecie sempre il nostro povero euro, che, stampato in quantità ingiustificate, si troverebbe, di fatto, ad essere considerato carta straccia se le teorie dei sovranisti fossero prese sul serio. Come è successo storicamente in molti paesi dell’America Latina con la loro storia di default multipli e di inflazione alle stelle, con relativa povertà ciclica. Da qui la pericolosità storicamente certificata della teoria.

Secondo errore: credere che gli Eurobond, lo strumento scelto dalla Unione Europea per finanziare il programma comunitario a 4 pilastri, non abbiano un mercato, come sostengono sempre i nostri sovranisti monetari, è del tutto falso. Gli Eurobond, infatti, un mercato ce l’hanno eccome e l’interesse da parte degli investitori internazionale c’è. Fare un po’ di telefonate in giro per credere. È anche ridicolo soltanto pensare che prima di proporli ufficialmente, Bruxelles non abbia sondato il terreno tra i grandi investitori internazionali per verificarne l’interesse. Che, infatti, c’è. Purtroppo per l’Italia, però, gli Eurobond rischiano di produrre effetti negativi sui nostri BTP, dal momento che la domanda degli investitori potrebbe incanalarsi su questi titoli, piuttosto che sui nostri, e questo non perché l’Europa è cattiva, ma perché i mercati tendono a punire gli Stati che non attuano politiche di riduzione del debito e non effettuano le riforme strutturali necessarie. È proprio il caso italiano. Se, infatti, per i sovranisti monetari di casa nostra il debito pubblico a crescita illimitata non è affatto un problema, per gli investitori internazionali lo è, eccome!

Terzo errore: continuare a non capire che i pilastri finanziari europei non sono una questione di politica monetaria, ma un primo passo per la costruzione di una politica di bilancio comunitaria, indispensabile per completare il progetto dell’euro, è il tipico fraintendimento di chi non ha capito che senza una politica economica e di bilancio, che è poi la principale espressione della democrazia rappresentativa, non può esistere una unione monetaria compiuta. Ripetiamo ancora una volta quello che usava ripetere Mario Draghi ad ogni riunione della BCE: senza delle politiche di bilancio efficaci a livello nazionale ed europeo, le politiche monetarie espansive possono far ben poco per riportare l’eurozona sul terreno della crescita. Politica monetaria e politica di bilancio sono, infatti, due facce della stessa medaglia, complementari e non concorrenti, entrambe necessarie ma singolarmente non sufficienti. Non può esistere l’euro senza l’Unione Europea, come non può esistere l’Unione Europea senza l’euro. E, soprattutto, senza regole. L’idea di stare nel club europeo avendo come referente esclusivo Francoforte, ovvero una banca centrale tanto mitizzata quanto non rispondente alla realtà, senza rapporti con le istituzioni di Bruxelles o Strasburgo, che della volontà popolare sono l’espressione, è una pura contraddizione in termini. Nessun altro paese membro accetterà mai un simile impianto teorico-politico, esso non potrà mai essere accettato dalle istituzioni europee, né potrebbe accettarlo la BCE, che ha infatti esortato l’Unione Europea a rafforzare, in tempi brevi, l’intera strategia di politica economica comunitaria. Della serie: noi, BCE, stiamo facendo la nostra parte, con la moneta; fate presto voi, Unione e Stati, a fare la vostra.