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R.BRUNETTA (Intervista ad ‘Avvenire’): “È una maggioranza senza sintesi”

 

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Questi cosiddetti Stati generali lasciano l’amaro in bocca di un’occasione mancata», dice Renato Brunetta. «Mentre in Parlamento il governo evita il voto, per non far emergere che c’è una maggioranza antieuropea». L’ex ministro dell’Innovazione parla di «opposizione a più voci», e quella di Forza Italia «guarda con favore, nel Ppe, alla Commissione guidata da Ursula von der Leyen. È il M5s che va in tutt’altra direzione, pur avendola votata».

Non andare non è stato un errore?

Non andare dove? Stiamo parlando del futuro dell’Italia e dell’Europa. Un presidente del Consiglio un dibattito del genere lo fa in Parlamento. Dieci giorni gestiti così non hanno senso dal punto di vista democratico, economico e nemmeno della comunicazione. Abbiamo assistito a veline di uffici stampa e comunicati da settimana Incom. Non ha senso un dibattito a porte chiuse. Venga in Parlamento, dove stiamo lavorando con tutte le regole di sicurezza. E non rifugga dal voto, come invece ha fatto la scorsa settimana, prima del vertice europeo. Sono stati 10 giorni persi.

Che spiegazione si dà?

Quella di un governo talmente debole che scappa dal confronto.

Voi di Forza Italia però avete scelto la scorsa settimana di restare in aula fino alla fine.

Il centrodestra è plurale, e questa è una ricchezza fin quando si è all’opposizione. È la maggioranza che ha il dovere di trovare una sintesi e non la trova. Perché il partito di maggioranza, nel governo, è contro l’Europa, contro il Mes, in contrapposizione peraltro con il ministro dell’Economia. Ed è un problema.

Conte ha sbattuto la testa sulla burocrazia.

Ma è da dilettanti allo sbaraglio pensare di erogare cassa integrazione, o promettere garanzie bancarie, in quantità mai viste prima, con le vecchie regole, senza fare la riforma delle riforme. Il “decreto semplificazioni” è in ritardo di 4 mesi, e in una situazione del genere lo trovo criminale. Dicono che arriverà a inizio luglio: spero che non sia un decreto di 300 articoli e 3mila commi, sarebbe un suicidio.

Ora nel centrodestra prevale una timida apertura: Lega e Fdi hanno detto che un invito a discutere nelle sedi opportune potrebbero valutarlo.

Non è una gentile concessione, è un obbligo. C’è un piano nazionale di riforme da approvare prima del prossimo, decisivo Consiglio Europeo di metà luglio. Giustizia, appalti, burocrazia, fisco e le altre cose che ci chiede l’Europa: o queste riforme si condividono in Parlamento o il governo si scordi che votiamo il terzo scostamento di bilancio. Ne abbiamo votati già due, per complessivi 80 miliardi, per senso di responsabilità e carità di Patria. La seconda volta al Senato, senza di noi non c’era neanche la maggioranza qualificata richiesta.

Se Conte ha bisogno dei voti dell’opposizione, lei dice, non potrà fare da solo…

Dico di più: anche avendo i voti, il governo in Europa è più forte o più debole se ha il consenso di tutto il Parlamento? Ma – mi chiedo ancora – ha la forza di aprire questa discussione? Non ci preoccupa il governo Conte, ci preoccupa l’Italia. Sono in grado di aprire una discussione su “decreto Dignità”, reddito di cittadinanza, Quota 100, fiat tax, riforma della giustizia, Csm?

Ma Forza Italia è in maggioranza in Europa, con il Ppe, a differenza di Lega e Fdi. Questo che cosa comporta?

Noi siamo all’opposizione, ma sulle scelte europee ci siamo: in questo momento il problema non è il governo, ma l’Italia, come chiarito da Berlusconi. Se il governo presenterà un “pacchetto Europa”, Fi da forza europeista, lo voterà. Il problema è un altro: lo voterà il M5s?

Che cosa proponete?

Come Fi chiediamo che si tenga in Parlamento una sessione europea, la prima settimana di luglio. Non bastano due ore di dibattito con una risoluzione finale. Vogliamo vedere le carte, i singoli dossier nei dettagli. Sentire che cosa pensano Bankitalia, la Corte dei Conti, Confindustria, i sindacati, l’Ufficio parlamentare di bilancio. Vogliamo votare a favore, ma in piena consapevolezza.

Gli alleati come la pensano?

Siamo uniti nel chiedere chiarezza sui dossier, a viso aperto. Il contrario di Villa Pamphili. Poi ciascuno prenderà la sua decisione.

Non si salva niente? Neppure l’ipotesi di tagliare l’Iva?

Dal governo mi aspetto proposte serie. Una limatura dal 22 al 20% dell’Iva comporta minor gettito per circa 10 miliardi. Mi sembra una stupidaggine. Ci sono settori nel baratro: turismo, edilizia, automotive. Questi 10 miliardi li userei per salvarli.