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R.BRUNETTA (Editoriale su ‘Il Riformista’): “La sconfitta all’Eurogruppo? Una chance…”

 

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La nomina di Pascal Donohe alla presidenza dell’Eurogruppo potrebbe essere considerata come una sonora sconfitta per l’Italia e per il governo Conte. Al nostro premier non è bastato il sostegno dell’asse del Sud, verso il quale si era speso in prima persona, recandosi nelle ore precedenti in visita in Spagna e Portogallo, per eleggere la spagnola Nadia Calviño. Non è servito neanche l’appoggio dell’asse franco-tedesco, che pure sosteneva la ex funzionaria della Commissione Europea. Forse una prima sconfitta per Angela Merkel, appena insediatasi alla guida del semestre europeo, dal quale semestre vuole uscire come grande riformatrice dell’Europa.

 

Perdono all’apparenza i governi del Club Med, che vedono sparire una poltrona-chiave, giusto in vista del prossimo Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo del 17-18 luglio, con in agenda non solo l’importantissima definizione dell’accordo sulle dimensioni e le modalità di utilizzo del Next Generation UE Fund, ma anche dell’approvazione del Quadro Finanziario Pluriennale comunitario. Perdono, sempre a prima vista, anche i socialisti europei, mentre vincono, sempre all’apparenza, i Paesi “frugali”, che potranno contare sull’appoggio di un alleato, il nuovo presidente Donohe, nel tentativo di imporre le loro condizioni al “Club Med”, in nome di quel principio di condizionalità pesante che, secondo loro, dovrebbe essere la base sulla quale concedere qualsiasi tipo di risorsa finanziaria ai Paesi usciti peggio dalla crisi economica e finanziaria che ha investito il Vecchio Continente. Vittoria, ancora e sempre bilanciata, per i Paesi dal Fisco generoso e opportunista, il ristretto club del quale fanno parte Irlanda e Olanda, che trae vantaggio, quest’ultima, dalla tassazione light sulle multinazionali e che, per questo motivo, si oppone da sempre alla Web Tax, che dovrebbe essere una delle risorse proprie necessarie per finanziare il nuovo bilancio europeo, di cui appunto si discuterà la prossima settimana al Consiglio Europeo.

 

La vittoria, dicevamo apparente, dei paesi della Lega Anseatica, e di quelli a loro vicini, sulla nomina di Donohe alla guida dell’Eurogruppo non deve invece considerarsi una cattiva notizia per l’Italia avendo riguardo al 2021, quando ci sarà un ritorno pieno alle regole del Patto di Stabilità e Crescita e di tutti i relativi trattati fiscali (Two Pack, Six Pack, Fiscal Compact), sospesi quest’anno per effetto della crisi. Il perché dell’inversione di questo giudizio è legato proprio al fatto che il ritorno dell’obbligo di convergenza del sentiero virtuoso del deficit e del debito, per i Paesi con i conti più in disordine, tra i quali l’Italia, può diventare una grande occasione per fare finalmente le riforme, rilanciare gli investimenti, aumentare la produttività e, per questa via, ridurre la spesa pubblica, ridurre il deficit e tagliare il debito.

 

Per l’Italia, quindi, il 2020 e il 2021 e seguenti potrebbero essere gli anni in cui, anziché effettuare sfrenate politiche economiche espansive e in deficit, come vorrebbero i sovranisti irresponsabili di destra e di sinistra, inutilmente contrastati dall’attuale ministro dell’economia Roberto Gualtieri. L’Italia sarà invece costretta, da subito, a costruire un serrato percorso di riforme, per rientrare nei parametri delle regole comunitarie attraverso la crescita. Lo ripetiamo. O riforme strutturali subito, a partire da quelle raccomandate dalla Commissione Europea (mercato del lavoro, pubblica amministrazione, giustizia, liberalizzazioni, privatizzazioni, digitalizzazione, green economy e molte altre) che, ricordiamolo, l’Italia si è sempre rifiutata di fare, oppure isolamento e crisi. Il fatto che i paesi cosiddetti frugali stiano vincendo nell’attuale dibattito pre Consiglio Europeo nel mettere come condizione necessaria e non negoziabile per aver accesso a risorse europee di qualsiasi tipo, siano esse grants o loans, le riforme, è da leggersi come una grande occasione, forse l’unica che ci è data di percorrere, con una ineludibile “condizionalità virtuosa”, non solo da accettare, ma da cavalcare per chi sarà al governo del Paese nei prossimi mesi.

 

Lo ripetiamo. Questa crisi, il grande piano europeo a 4 pilastri formulato dalla Commissione Europea per uscirne, e le riforme che ci vengono richieste, potrebbero essere l’ultima grande nostra occasione. Come dunque trasformare una apparente sconfitta in un sentiero di vittoria. Un percorso di rinascita su cui coalizzare tutte le risorse migliori del Paese. Nel Consiglio Europeo dei capi di Stato e di governo del 17-18 luglio l’accordo si farà. Non sappiamo ancora se con la configurazione ipotizzata da Ursula Von der Leyen di 750 miliardi di euro (500 miliardi di grants e 250 miliardi di loans) o con quella caldeggiata dall’asse franco-tedesco (500 miliardi di grants, nessun loan, dal momento che i prestiti saranno garantiti dagli altri 3 pilastri finanziari). La cosa, a questo punto, non appare più così rilevante. Quello che invece a noi appare determinante sarà, nel metodo e nel merito, la condizionalità virtuosa con i relativi meccanismi di controllo. Detto in altri termini, noi ci fidiamo molto di più delle regole europee che dell’italica inefficienza, del lassismo, e dell’opportunismo che ci hanno portato all’attuale disastro. Insomma, l’egoismo dei frugali potrebbe diventare il miglior alleato di chi in Italia vuole la giustizia giusta e tempestiva, vuole un mercato del lavoro efficiente e trasparente, vuole fare emergere il sommerso, vuole eliminare l’evasione fiscale, vuol far funzionare la burocrazia dalla parte dei cittadini, vuole finalmente un territorio rispettato e tutelato dagli abusivismi, vuole più giustizia sociale, più ascensori sociali, più merito, più meritocrazia, una scuola all’altezza della competizione globale, una università che non faccia scappare i migliori, insomma i tanti sogni di tante generazioni, come la mia, che ad oggi risultano amaramente sconfitte. Ecco, l’egoismo anseatico potrebbe fare questo miracolo, in stretta alleanza con il “momento Merkel”. Per questo pensiamo che la sconfitta all’Eurogruppo possa essere per noi una grande occasione.